Dubai: alcune impressioni di viaggio.

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Recentemente sono stata negli Emirati Arabi e sono partita titubante e prevenuta, ma la compagnia era buona e viaggiare non ha eguali.

-A Dubai sono stata 11 volte, anche solo per dei weekend- mi disse la titolare dell’agenzia di viaggio mentre preparava la partenza.

– Caspita! E ha affrontato 12 ore di volo A/R per tre giorni?! Che ci sarà di tanto bello? Qualche ora in più e sarei tornata volentieri a New York.

-A Dubai ti senti come a New York ma al sicuro.

-Sarà.

Arrivati, all’aeroporto ci sottopongono allo scanner dell’iride. La guida spiegherà dopo che serve alla sicurezza e all’ordine e ci informa che a Dubai ci sono telecamere visibili e nascoste ogni tre metri, chi sgarra viene preso entro 15 minuti e le multe sono salatissime. Aggiunge che non ci sono solo multe ma anche altre gravi punizioni, senza specificare oltre. Ok, siamo avvertiti. Mi infastidisce comunque che il mio iride sia stato scannerizzato non per velocizzare le procedure di viaggio quanto per, eventualmente, multarmi o mandarmi in galera.

Entriamo in città e la prima cosa che colpisce è la pulizia e l’ordine di ogni angolo. In Italia ciò ce lo sogniamo, qui nessuno si azzarda a infastidire o a buttare un triangolino di carta a terra: c’è l’occhio scannerizzato! Restiamo colpiti anche dalle strade e dal traffico automobilistico. Autostrade anche a 12 corsie e automobili extralusso che sfrecciano come pazzi. Poi i palazzi e i grattacieli. Questi sono tutti uguali: vetro e acciaio ammassati nei quartieri uno sull’altro, a zone, a mappe. Per avere chiara la nuova architettura di Dubai basta salire sul grattacielo più alto del mondo, il Burj Khalifa, e ti accorgi del caos edilizio. In ogni dove spuntano gruppi di grattacieli senza un’armonia o uno stile percepibile. L’unica cosa che percepisci chiaramente è la scelta della vista mare. Dubai è una città interamente sul mare e il deserto è lasciato alla sua bellezza. Sono state costruite molte isole artificiali e altre se ne stanno costruendo e sopra queste isole c’è il ben di Dio: ville elegantissime, negozi e alberghi di lusso, grattacieli spettacolari e strutture di ogni tipo. Tutto vista mare, ovunque spiagge bianchissime.

-E l’ecosistema marino?

-Signora, il mare è immenso!

La guida spiega che ville e appartamenti sono per gli stranieri e gli uomini d’affari. L’acquisto edilizio viene agevolato fiscalmente, il proprietario ha solo l’obbligo di recarsi due volte all’anno nella città e può liberamente affittare. Pochissimo è destinato alla popolazione d’origine che non è stata baciata dal petrolio e che pian piano si è ritirata nel deserto. Tutto è per i ricchi magnati e per chi ruota attorno all’oro nero. La città, carissima, dà tanto lavoro a una moltitudine di gente proveniente dall’Africa e dall’Asia, lavoro semplice e umile; che ben venga ma se è vero ciò che mi ha detto un autista egiziano che tra affitto e vita familiare gli avanzano di stipendio 8 euro al mese…beh, perdi le parole.

Ogni grattacielo ha tutto il necessario per non uscire da casa. Da aprile a ottobre si esce solo per lavoro e poi si sta chiusi nel proprio palazzo, dotato ognuno di scuole, piscine, ospedali, biblioteche, cinema, ristoranti, negozi e strutture di ogni genere. Ogni ambiente, naturalmente, ha aria condizionata sparata a mille: questioni di sopravvivenza. A tal proposito a Dubai proseguono gli esperimenti di cloud seeding cioè di inseminazione artificiale delle nuvole per la pioggia. E così l’ultima sera, mentre passeggiamo a piedi a Dubai Marina, si scatena un putiferio di pioggia, fulmini e grandine che allaga la città e noi, ignari degli avvisi e coi nostri abitini primaverili, ci inzuppiamo all’inverosimile. Il risultato è stato bronchite per i dieci giorni successivi, li mortacci loro!

Alla partenza, all’aeroporto notiamo un giovane con scopa e paletta che pulisce il pavimento, già brillante, della sala d’attesa. Passa e ripassa con dedizione ma non c’è un granello di polvere. Impietositi, decidiamo di gettare a terra un pezzetto di carta. Il giovane arriva in un baleno, raccoglie la carta e ci sorride, ringraziando: il suo lavoro per quella notte ha finalmente avuto un senso!

Clientelismo da farmacia

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Foto presa qui

Va di moda dalle mie parti la raccolta punti in farmacia. Con l’età che avanza e i conseguenti medicinali da assumere bazzico su tre-quattro farmacie vicine (di solito vince la farmacia dove trovo posto auto) e ho accettato le tessere raccogli punti: 1 punto per ogni scontrino = 10 punti e un omaggio della farmacista (al femminile, qua son tutte donne).Sono raccolte punti cartacee, un bollino su un pezzo di carta, le fidelity card le ho allontanate da tempo perché non mi piace il trattamento dei dati personali, la cessione di questi ultimi ad altri brand, lo spam martellante e chissà che altro.

La raccolta punti dei vari esercenti è qualcosa di intrigante per il cliente perché induce a pensare che stai facendo un affare; in realtà si sta creando una sudditanza mentale e sei pronta a fare follie.  Loro, i negozianti, mirano al clientelismo, alla fidelizzazione, noi clienti pensiamo che tanto il regalo è gratuito e, nel caso delle farmacie, i farmaci li devi acquistare lo stesso e quindi tanto vale avere in omaggio un buon prodotto. Siamo infatti convinti che i prodotti da banco che si vendono in farmacia siano di ottima qualità. Spesso è così e io cliente con carta raccogli-bollino metto in moto i neuroni per accaparrarmi l’omaggio prima possibile; mi è capitato di acquistare consapevolmente qualcosa di più caro rispetto al supermercato perché mi mancava un punto o sono entrata in farmacia facendo finta di aver dimenticato un acquisto per avere il secondo scontrino e l’ulteriore punto nella tessera. Oh, certo, doppia fila, ma la saponetta, lo shampoo omaggio …val la pena, dai.

Finchè non scopri il misfatto.

Partiamo dall’assunto che un omaggino, un campioncino regalato ad esempio in profumeria serve a farti conoscere e apprezzare un prodotto che magari poi acquisterai, cosa a me accaduta ogni tanto. Quindi il commerciante DEVE omaggiarti di un qualcosa che VENDE nel suo negozio. E’ logico. Ebbene, per alcuni farmacisti NON sempre lo è. Qualche mese fa, a tessera completata, la farmacista mi consegna tutta radiosa un bagnoschiuma da 1000 ml dicendomi: “Vede che bell’omaggio che ha ricevuto con i punti? Un bel bottiglione!” Resto un attimo perplessa perché mi pare di conoscere quella marca e di non averla mai vista in farmacia. Salgo in auto e mi dirigo dritta in un supermercato perché mi pare, mi pare…eccolo! Il bottiglione è un prodotto venduto nel supermercato più economico della mia zona e costa euro 2.20. Magari sarà profumato, magari lava bene ma mi sento ingannata. Torno in farmacia, restituisco l’omaggio e spiego il perché. La farmacista è perplessa, confusa, mezza vergognata. Insisto: “Mi aspettavo un qualsiasi prodotto da farmacia, che senso ha promuovere qualcosa che lei non vende?”. La farmacista dice che è comunque un buon prodotto e mi propone ben cinque bollini omaggio nella nuova scheda. Rispondo che comprerò quel bagnoschiuma nel supermercato che lo vende e che per me fiducia e serietà valgono ancora parecchio. Saluto e vado via.

Lo so, lo so, ho un brutto carattere, io.

-vedi me-

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A chi passa da qui,

a chi sa di essere sempre e comunque il benvenuto,

a chi pensa di tornare presto più attivo-vedi me-, perché non dimentica questi spazi che nel tempo hanno saputo dare sorrisi e spensieratezza,

a chi non ha abbandonato continuando a scrivere nel blog nonostante i pochi visitatori –vedi me– ,

a chi sa scusarsi per la prolungata assenza-vedi me-,

a chi pensa di non saper più cosa e come scrivere-vedi me-,

a chi ci pensa ogni tanto nonostante l’assenza-vedi me-,

a chi si è iscritto in questi mesi nonostante le lucine spente-vedi le mie-,

a chi ha saputo aspettare,

a chi non ha chiuso le porte e a chi le riaprirà-vedi me-,

a chi non tornerà più in questa piattaforma ma ha saputo esserci con affetto e eleganza,

a chi, negli anni, ho letto, commentato, discusso, confrontato, ascoltato,

a chi, negli anni, ha letto, commentato, sorretto, ascoltato, consigliato,

a TUTTI VOI e ai vostri cari

auguro serene festività,

di salute e gioia, di pace e armonia.

Marirò

Natalina e l’elisir di lunga vita

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Liquore di sambuco

Liquore di sambuco – Foto presa qui

La mia dirimpettaia a marzo compirà centouno (101) anni! E’ una signora abbastanza arzilla, lucidissima, divertente e romantica e nostalgica nei ricordi del marito scomparso da tempo. Ama l’uncinetto e fino a due anni fa regalava a tutti centrini e sottobicchieri. Con lei è piacevole chiacchierare. Da un anno si muove con la sedia a rotelle, ha superato due volte il Covid e cerca di minimizzare sui suoi malanni, che pur ci sono. Senza figli, ha dei pronipoti che, a volte sbraitando, non le fanno mancare il necessario e vive di giorno con due badanti che si alternano tra mattina e pomeriggio. Le signore la alzano al mattino verso le 9.00, la accudiscono e la sera la mettono a letto alle 19.00. La notte Natalina è sola ma è abbastanza abile col cellulare che tiene addosso e che sa usare in caso di problemi. Le piace tanto chiacchierare al telefono e ricevere visite e in tal caso si mette tutta elegante con abiti lunghi, collane, bracciali o con vaporose vestaglie. Il filo di rossetto e il fard non mancano mai.

Per i 100 anni noi del quartiere abbiamo organizzato una festicciola con tanto di dolcetti e regalo: una smart tv corredata da un lungo cavo televisivo. Penserete che siamo stati tanto buoni…beh, un po’, Natalina merita. In realtà siamo stati un tantinello egoisti perché la nostra centenaria ha un’abitudine che in estate un pochino ci tormenta, ma solo un pizzichino. Alle 19.00 la badante prima di andar via ha l’ordine di accendere il televisore perché Nalalina vuole compagnia vocale. L’apparecchio resta acceso tutta la notte e a buon volume poichè sta nella stanza adiacente la camera da letto e lei ha bisogno di sentire finchè non prende sonno e, se durante la notte si sveglia, dice di sentirsi confortata dal suono della tv. Il televisore verrà spento l’indomani. Ora capirete che d’estate con le porte aperte noi vicini dormiamo col sottofondo della tv di Natalina. Ci siamo abituati, nessuno ha mai protestato ma… le abbiamo regalato il nuovo schermo per poterlo vedere comodamente in camera da letto e magari spegnerlo a un certo punto della notte…Tutto risolto? Niente affatto perché Natalina ha dato ordine di cambiare la smart tv con un decoder per poter sentire/vedere le nuove frequenze col suo vecchio televisore e, poiché il nuovo era stato preso in un ipermercato, con la rimanenza ha acquistato alimenti, piante, abbigliamento, collane e…non so quante casse di liquore di sambuco!

A Natale ci ha offerto il panettone e ci ha spiegato tutto:

-Volete sapere il segreto della mia lunga vita?

Eravamo tutti sull’attenti.

-Il liquore di sambuco! Lo bevo da una vita e ora ve ne offro un goccetto.

Abbiamo prontamente accettato, anche io che sono quasi del tutto astemia, e ascoltato con tanta attenzione:

– 3 gocce di liquore di sambuco al mattino nel latte, poi un dito di liquore dopo pranzo e due dita dopo cena. Vi ho già detto che voglio vivere fino a 114 anni e ora vi svelo il perché: a 14 anni feci la “fuitina” con mio marito e gli dissi che il nostro matrimonio sarebbe durato 100 anni. Brindammo col liquore di sambuco preparato da mia nonna e da allora non l’ho più lasciato. Michele è andato via prima con l’infarto, io sono rimasta per mantenere la promessa: sono sempre sposata con lui.

Forse fu il liquore, non so, mi lacrimarono gli occhi e pensai che altri 13 anni di sottofondo televisivo notturno ci possono stare tutti.

E ora la UE viene a dirci che vino e alcolici sono cancerogeni…maddai…: Natalina docet! 🙂

La pallina rosa

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Ehi, c’è nessuno? Da giorni urlo per uscire da questo scatolone! Per favore, per piacere ,…AiUtOoO…, voglio uscire! No, eh! Bianco, bianco, quest’anno tutto bianco! E io sono rosa. Sono bella, pulita, elegante, perfetta nel mio drappeggio delicato che mi rende tanto barocca e con gli arabeschi di perline, perline bianche, piccole, lucenti. Daiii, almeno per le perline che sono bianche, mettimi sull’albero di Natale, uffa! Appendimi anche sui rami di dietro, seminascosta: saprò essere all’altezza.

Questo è il mio momento: mi hai scelta tanti anni fa quando decidesti che l’albero natalizio avrebbe avuto tanti bei colori. Insieme ad altre sorelle abbiamo fatto bella mostra nel tuo salotto per molto tempo e ora ci condanni dentro questo scatolone perché hai deciso che quest’anno il tuo albero sarà solo con decori bianchi! Noi, e dico noi perché qui dentro sono in compagnia di altre palle rifiutate, rosse, blu, verdi, dorate, noi siamo tanto arrabbiate; attendiamo buone buone oltre dieci mesi chiuse nel sottotetto, caldissimo d’estate e freddissimo di inverno, solo per vivere questo mese natalizio per brillare, respirare, sentire le vostre voci, i profumi della cucina, il calore di una casa e ora ci tratti così per il capriccio di un colore: non è giusto!

Quanto tristemente tremenda sa essere la selezione.

E poi…bianco…: un non colore! Il colore della neve che non c’è mai, il colore della pelle malata, del cielo triste e freddo, dello zucchero e del sale che fanno male…ok, ok, dico stupidate perché il bianco sa essere anche bello ma ha bisogno di un altro colore accanto per emanare forza e splendore.  In questi giorni alcune volte sei venuta a rovistare dentro la scatola, chissà cosa cercavi e tutte le volte in noi si riaccendeva la speranza di essere scelte: ci mostravamo, cercavamo di brillare e di sorriderti ma tu niente: chiudevi il coperchio e noi ripiombavamo nel buio.

Fammi uscire da qui, prendimi e posami dove vuoi, su un tavolinetto, dentro una tazza, appendimi a un chiodo della lavanderia ma fammi vivere questo momento! Natale è arrivato e chiusi dentro questo scatolone stiamo soffrendo: c’è candela Babbo Natale col berretto mezzo squagliato, angelo verde con l’ala spezzata, la campanella blu e rossa scrostata, ci sono gli elfi coi vestitini sfilacciati, fiocchi ammosciati, stelle con le punte rotte: tutti malaticci e meritano cure, non abbandono. Noi palline stiamo bene, siamo sempre belle, solo il nostro colore non ti va più e non è giusto! Il colore è solo una patina, un esterno, un rivestimento, l’essenza è ciò che conta e noi siamo pronte a far festa, a dare luce, a fare compagnia ancora una volta.

Stasera, notte di Natale, notte di magia, dentro questa scatola ci faremo forza tutti insieme: tintinneremo, ci scuoteremo e creeremo un suono assordante o forse dolcissimo, chissà. Poi ci sfregheremo e ci muoveremo così tanto da riuscire a lacerare il cartone di questa gabbia. Usciremo fuori e rotoleremo da ogni parte sino a raggiungere il nostro albero di Natale e ci posizioneremo sotto i suoi rami. Qualcuna di noi si scorticherà, qualche altra si ferirà malamente e sarà il prezzo da pagare per provare a vivere la nostra vita in ogni maniera. Ce la faremo? Non lo so. So che ci stiamo caricando di energia per superare capricci non voluti e non meritati. Solo così sarà Natale.

TANTI AUGURI, AMICI DI BLOG, SERENE FESTIVITA’ E FELICE ANNO NUOVO, RICCO DI PACE E SALUTE.

Marirò

Il nuovo che verrà.

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Foto web presa qui

Buon Ferragosto, amici di WP. Come state? Spero bene. Ogni tanto ritorno 🙂

No, non ho intenzione di chiudere, privatizzare o abbandonare il blog, ho avuto periodi intensi che mi hanno distratta dallo scrivere e dal leggere nella blogsfera e la voglia di riprendere sta tornando. Avrò adesso più tempo libero perché ho deciso di anticipare di un paio di anni il pensionamento. Decisione presa non con facilità o entusiasmo eccessivo; l’idea di iniziare rapporti affettivi con nuovi alunni e poi doverli lasciare a metà percorso mi turbava. Non amo lasciare, preferisco non iniziare. Mi sento comunque inquieta anche se ancora non riesco a percepire appieno la portata della mia scelta di anticipo. Ho amato il mio lavoro, mi mancherà tanto e questo è un dato di fatto ma saprò trovare nuovi equilibri.

Pensavo proprio ieri a quanto il nostro inconscio a volte ci possa aiutare nell’affrontare il nuovo che sarà.

Cercavo qualcosa da indossare per la cena della sera e mi sono improvvisamente resa conto di non aver acquistato nulla di nuovo in questa estate che sta per finire. Di acquisti ne ho fatti ma sono stati tutti acquisti invernali! A giugno, a Madrid, 36 gradi costanti, ho comprato una felpa molto pesante. Le mie amiche hanno storto il naso, io l’ho acquistata in un baleno, senza riflettere. A luglio, a Torino, un caldo asfissiante, ho fatto un unico acquisto nell’elegante Via Roma: un pullover di lana pregiata. Ok, comprato con uno sconto speciale, con una commessa che sa fare il suo lavoro, insomma…al momento attende insieme alla felpa in un cassetto. I primi di agosto, a Palermo, ho comprato una bella borsa, anch’essa super scontata e super firmata: c’erano tanti modelli leggeri e sportivi, tanti colori luminosi e solari e io che ho scelto? Pelle nera! Una classica borsa di pelle nera, eterna e tanto invernale.

Roba da psicologo!

Per la cena di Ferragosto ho rimediato con un vecchio abito che ancora mi sta bene e ho realizzato che non avrò il tempo di far fare un giro a ogni vestito sino alla fine dell’estate: l’armadio è strapieno di roba leggera. Dei nuovi acquisti invernali non sono affatto pentita, mi piacciono e a pensarci bene forse inconsapevolmente in quei negozi questa estate è iniziata la mia “lotta”, il mio adattamento verso il nuovo che mi attende. Sarà dura? Non so, forse. So che saranno necessarie delle coccole, almeno nel primo periodo, e ho iniziato a farmele.

Buon proseguo d’estate, carissimi. Non spingo il tempo, vorrei anzi in qualche modo trattenerlo. Domani forse andrò a comprare un nuovo costume. Qui fino a ottobre inoltrato si possono fare caldi bagni e adesso potrò farli anche io.

🙂

Quando lui non può entrare perchè potenzialmente guardone.

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Alcuni giorni fa mi trovavo in un centro commerciale e, mentre passeggiavo con mio marito per le vie della grande struttura, ho notato nella vetrina di un famoso negozio di lingerie, dei pigiami maschili e femminili carini e a buon prezzo.

Pensando anche a canotte, calze e boxer per lui e ad altro per me, decido di mettermi in fila all’ingresso perché nel piccolo negozio si entra max tre alla volta. Mio marito mi segue riluttante dopo qualche minuto. Finalmente arriva il mio turno e inizio a guardare e chiedere modelli, taglie, colori a una delle due commesse. Scelgo alcuni capi e attendo che il marito entri per decidere su ciò che lo riguarda. Ma lui è ancora in fila. La commessa fa entrare due signore dietro e entrambi pensiamo a un atto di galanteria finchè lui non chiede esplicitamente di entrare. La commessa prontamente gli spiega che in quel negozio è vietato l’ingresso agli uomini.

<<Ma vendete articoli maschili>>, replica basito.

<< Sono le signore che comprano qualche articolo per i loro uomini>>, risponde un pochino imbarazzata la commessa. << E’ per via dei camerini, sono protetti da semplici tende e gli specchi grandi sono fuori>>.

<< Quindi pensate che noi uomini siamo tutti dei guardoni? E se fossi solo e avessi bisogno di una canotta?>> aggiunge lui stizzito.

<<Può indicarmi l’articolo e glielo faccio scegliere in strada o attende che nel negozio non ci siano donne in prova>>.

Io non so che fare, resto ferma con qualche indumento in mano per entrambi. Mio marito mi guarda con lampi e fumi dagli occhi:<<Non prendere nulla per me, questo negozio non è degno!>> E si allontana.

La commessa nota il mio smarrimento e aggiunge:<< Sapesse, cara signora, quanti ne vediamo!>>

Di solito sono dalla parte delle donne, mai dalla parte della discriminazione sessista tout court. Ripongo gli articoli che ho in mano e esco. Prima di allontanarmi cerco invano nelle vetrine un cartello che indichi il divieto agli uomini – tutti potenziali guardoni. Se riesco in parte a comprendere il discorso camerini, non comprenderò mai la vendita di articoli in strada per qualsiasi uomo.  

Quando lo raggiungo è adirato, gli dico di lasciar perdere, risponde che ci vuole coerenza, che non dovrebbero vendere articoli per uomini se poi di tutti gli uomini fanno un fascio. Io, che nell’animo ho una discreta dose femminista, stavolta gli do ragione. E ripenso a una frase di Michela Murgia che lessi anni fa in un suo post sul maschilismo e sui mafiosi “ …come nel maschilismo, si nasce già immischiati. Nessuno è innocente se crede di dover rispondere solo di sé”, chiamando in causa tutto il genere maschile per violenza, maschismo, patriarcato, mafia, ecc… Beh, cara Michela, no. Gli uomini devono tutti sicuramente impegnarsi contro i mali dei secoli, tu però vai oltre e ritieni che gli uomini debbano criticare il loro genere, il loro essere uomini, chiedere scusa di essere tali per poter essere considerati non immischiati nelle brutture di alcuni. Lo stesso sarebbe per noi donne per versanti simili. No, signora Murgia, non ci sto, almeno non con le sue totalitarie certezze. Nessuno deve rinnegare il suo essere maschio o femmina, nessuno ha “difetti di fabbricazione”, nessuno deve battersi il petto a priori. Ognuno, ogni singolo essere, uomo o donna, è la sua essenza individuale, frutto della somma e anche della selezione ragionata dell’educazione ricevuta, ognuno è la distanza che sa mettere verso le malvagità, è le scelte che fa (di non sbirciare dal buco della tenda, ad esempio), è la responsabilità che sa assumersi, è il contributo che sa dare alla collettività, è la capacità e la cultura che possiede. Un insieme utile a evitare la facile via della discriminazione gratuita.

Buon Natale

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Mi riaffaccio timidamente su WP dopo mesi di assenza. Lo faccio in occasione del Natale e anche perché ho iniziato a sentire la mancanza di questo luogo fatto soprattutto di belle persone, di gradevoli parole, di pensieri profondi, di storie garbate, di riflessioni importanti, di consigli utili.  In questo lungo, incerto e preoccupante periodo che stiamo vivendo abbiamo bisogno, più di altro, di cordiale condivisione e di amicizia, pur tra le opinioni diverse.

E’ stato un autunno pesante, carico di tensione a scuola, con numerosissimi contagi tra i bambini, quarantene, Dad, rientri, tamponi, chiusure, ecc… Ieri sera la mia terza dose, fatta stavolta con riluttanza, con fatica perché dai vaccini mi aspettavo di meglio. E invece sarà il terzo Natale punto e a capo. Ma sono qui e i due “famigerati” vaccini Astrazeneca che avevo in corpo, le pp2 incollate al viso per sei ore e le prudenze hanno fatto sì che, nonostante fossi stata attorniata da ben 14 bambini con la Beta che ha circolato liberamente per una decina di giorni prima di capire cosa stesse accadendo, io non ne restassi contagiata.

Ora si profila Omicron: non l’avrà vinta! Questo è l’augurio che faccio a tutti noi. Si va avanti con determinazione e coraggio.

E a voi tutti che leggerete auguro, inoltre, di trascorrere un sereno Natale, tra gli affetti veri.

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Ringrazio chi mi ha scritto in privato, preoccupato per la mia lunga assenza e chi ha continuato a lasciare un messaggio, un saluto, una traccia, tra le pagine di questo blog. Mi dispiace trovare blog ancora chiusi tra i miei contatti e mi ha davvero addolorato apprendere della dipartita di Marghian, persona bella in ogni senso. Anche Marghian, come altri amici blogger che non ci sono più, resterà nel mio blogroll. Idem chi ha chiuso definitivamente o non passa da qui da anni, andando altrove. Non ho mai cancellato nessuno dalla lista perché ognuno ha dato nel tempo un importante e piacevole contributo affinchè Marirò andasse avanti. Anche qui.

E’ successo anche a voi, vero?

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Si dice che la lettura sia un’emozione e un vero piacere. Si dice anche che sia una sana e buona abitudine, specie se realizzata nella tua comfort zone. Non si dice quasi mai che può diventare una priorità. Perché a volte lo diventa, soprattutto se hai un buon libro tra le mani e consideri un peccato non continuare a leggerlo per dover, ad esempio, preparare la cena. Così esci dalla comoda e rassicurante comfort zone, cerchi soluzioni e assumi qualche rischio. Se qualche pagina sarà macchiata di verde, di giallo, di rosso, poco importerà: i libri, le emozioni, devono essere vissuti (anche in cucina).

Per favore, un like…

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Una settimana fa, prima pizza in pizzeria dopo un lungo intero anno: ero emozionata. Il contesto, inoltre, era perfetto: sul lungomare, noi due soli, sotto le stelle.

Eravamo in pochi nel piccolo spazio all’aperto della pizzeria, quasi timorosi l’un l’altro. Distanziamento tra i tavoli discreto, zona tavoli max 2 e zona tavoli max 4. Tendo a confondermi con le regole che cambiano in continuazione e coi colori che vanno e vengono, quindi mascherina fpp2 rigorosamente indossata e tolta solo all’arrivo delle patatine: non riesco ancora ad abbassare la guardia nonostante sia vaccinata con doppia dose e continuo a guardare storto chi non si comporta secondo le regole. Ci vorrà tempo per abbassare le difese, la pandemia mi ha turbata.

Mentre consumiamo la pizza, buona, anzi ottima per quel gusto in più chiamato “ritorno alla normalità”, notiamo una giovane signora che si ferma a discutere tra i vari tavoli con il cellulare in bella vista. Non ha fiori in mano da vendere, né oggettini vari. Parla coi clienti che iniziano a smanettare coi cellulari. Penso a una intervista, a un sondaggio, non so. Lo scopro quando arriva al nostro tavolo.

-Scusate, avete Facebook?

-Io no, mio marito.

Si rivolge, così, a mio marito:

-Per favore, mi serve un like. E’ per mio figlio, per un suo disegno sul beach soccer, il liceo deve scegliere il logo, vince il disegno che prende più like entro le 21.00 di stasera. Ho chiesto a tutti i miei amici e parenti, a tutti i gruppi Wapp che conosco, non so più a chi chiedere e l’altro disegno è in vantaggio. Mio figlio ci tiene tantissimo così non sono riuscita a stare ferma e sto girando tutti i locali, ho altri dieci minuti di tempo per aiutarlo.

Ha la voce tremula e concitata, chiaro che ha fretta di andare nelle altre due pizzerie vicine: -Per favore…la concorrenza è agguerrita…non ho più tempo…

Mio marito prende il cellulare, si fa guidare dalla signora e mette il like al disegno. Lei ringrazia e corre verso l’altra pizzeria.

Alcuni giorni dopo ho cercato sul web il sito del liceo che frequenta il ragazzo e ho scoperto che il suo disegno ha vinto il concorso per una manciata di likes in più rispetto al disegno rivale. Con la vittoria lo studente si aggiudica la partecipazione gratuita alle gare, pubblicazioni, interviste, notorietà paesana. E felicità.

-Cuore tecnologico di mamma- ha commentato mio marito.

Beh, il disegno che ha vinto è carino, l’iniziativa pure, il cuore tecnologico di mamma è pur sempre un vero cuore di mamma, ci sarà un ragazzino felice, la scuola è finita, si torna al mare e in pizzeria, riprendo il blog.

L’estate è arrivata! 🙂

All’autunno si penserà poi.