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Marirò

~ "L'esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque"

Marirò

Archivi tag: uomini

Quando lui non può entrare perchè potenzialmente guardone.

07 venerdì Gen 2022

Posted by ili6 in Articoli, Senza categoria

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Tag

discriminazioni, divieto, donne, femminismo, maschilismo, Michela Murgia, sessismo, uomini

Uomini_divieto

Alcuni giorni fa mi trovavo in un centro commerciale e, mentre passeggiavo con mio marito per le vie della grande struttura, ho notato nella vetrina di un famoso negozio di lingerie, dei pigiami maschili e femminili carini e a buon prezzo.

Pensando anche a canotte, calze e boxer per lui e ad altro per me, decido di mettermi in fila all’ingresso perché nel piccolo negozio si entra max tre alla volta. Mio marito mi segue riluttante dopo qualche minuto. Finalmente arriva il mio turno e inizio a guardare e chiedere modelli, taglie, colori a una delle due commesse. Scelgo alcuni capi e attendo che il marito entri per decidere su ciò che lo riguarda. Ma lui è ancora in fila. La commessa fa entrare due signore dietro e entrambi pensiamo a un atto di galanteria finchè lui non chiede esplicitamente di entrare. La commessa prontamente gli spiega che in quel negozio è vietato l’ingresso agli uomini.

<<Ma vendete articoli maschili>>, replica basito.

<< Sono le signore che comprano qualche articolo per i loro uomini>>, risponde un pochino imbarazzata la commessa. << E’ per via dei camerini, sono protetti da semplici tende e gli specchi grandi sono fuori>>.

<< Quindi pensate che noi uomini siamo tutti dei guardoni? E se fossi solo e avessi bisogno di una canotta?>> aggiunge lui stizzito.

<<Può indicarmi l’articolo e glielo faccio scegliere in strada o attende che nel negozio non ci siano donne in prova>>.

Io non so che fare, resto ferma con qualche indumento in mano per entrambi. Mio marito mi guarda con lampi e fumi dagli occhi:<<Non prendere nulla per me, questo negozio non è degno!>> E si allontana.

La commessa nota il mio smarrimento e aggiunge:<< Sapesse, cara signora, quanti ne vediamo!>>

Di solito sono dalla parte delle donne, mai dalla parte della discriminazione sessista tout court. Ripongo gli articoli che ho in mano e esco. Prima di allontanarmi cerco invano nelle vetrine un cartello che indichi il divieto agli uomini – tutti potenziali guardoni. Se riesco in parte a comprendere il discorso camerini, non comprenderò mai la vendita di articoli in strada per qualsiasi uomo.  

Quando lo raggiungo è adirato, gli dico di lasciar perdere, risponde che ci vuole coerenza, che non dovrebbero vendere articoli per uomini se poi di tutti gli uomini fanno un fascio. Io, che nell’animo ho una discreta dose femminista, stavolta gli do ragione. E ripenso a una frase di Michela Murgia che lessi anni fa in un suo post sul maschilismo e sui mafiosi “ …come nel maschilismo, si nasce già immischiati. Nessuno è innocente se crede di dover rispondere solo di sé”, chiamando in causa tutto il genere maschile per violenza, maschismo, patriarcato, mafia, ecc… Beh, cara Michela, no. Gli uomini devono tutti sicuramente impegnarsi contro i mali dei secoli, tu però vai oltre e ritieni che gli uomini debbano criticare il loro genere, il loro essere uomini, chiedere scusa di essere tali per poter essere considerati non immischiati nelle brutture di alcuni. Lo stesso sarebbe per noi donne per versanti simili. No, signora Murgia, non ci sto, almeno non con le sue totalitarie certezze. Nessuno deve rinnegare il suo essere maschio o femmina, nessuno ha “difetti di fabbricazione”, nessuno deve battersi il petto a priori. Ognuno, ogni singolo essere, uomo o donna, è la sua essenza individuale, frutto della somma e anche della selezione ragionata dell’educazione ricevuta, ognuno è la distanza che sa mettere verso le malvagità, è le scelte che fa (di non sbirciare dal buco della tenda, ad esempio), è la responsabilità che sa assumersi, è il contributo che sa dare alla collettività, è la capacità e la cultura che possiede. Un insieme utile a evitare la facile via della discriminazione gratuita.

“Gli sdraiati”di Michele Serra e il circolo beach dei lettori

11 domenica Set 2016

Posted by ili6 in Articoli, Libri, Senza categoria

≈ 30 commenti

Tag

al maschile, amici, confronto, estate, futuro, Gli sdraiati, invito alla lettura, lettura, Luigi Zoja, Michele Serra, nativi digitali, opinioni diverse, padri, rapporto padre-figlio, scambio di libri, scontro di generazioni, uomini

Anche in questa estate, con gli amici del mare (che non sono solo del mare) abbiamo continuato a scambiarci dei libri. Complice il tempo libero, nei mesi estivi si legge di più e così, nel ristretto “circolo beach dei lettori”, come lo chiamo io, quando capita un testo interessante , lo si passa a chi ama leggere e poi il libro va in discussione. A volte queste sono accanite, accolgono pareri diversi e perdurano per settimane, tra un tuffo e una spalmata di solare. E’ una cosa carina e anche positiva per gli sviluppi che la conversazione-recensione può prendere, per la difesa a oltranza di questo o quello scrittore, per le riflessioni, anche argute, che si originano.

E’ importante che il  libro sia cartaceo, un e-book non puoi prestarlo, solo citarlo e i libri kindle che ho letto negli scorsi mesi li ho potuti solo consigliare o meno. Limiti del virtuale.

sdraiati

Il libro che in questa stagione ha scatenato una specie di putiferio nel mio gruppo è stato “Gli sdraiati”, di Michele Serra. Sono costretta a  fare spoiler e inizio dicendo che gli sdraiati sono i nostri adolescenti, nativi digitali. Nel racconto-saggio-monologo interiore di Serra sta l’amarezza di un padre che cerca disperatamente un contatto con il figlio diciannovenne e non riesce ad averlo. Questo nel primo impatto di lettura perché se scavi  può uscir fuori che gli sdraiati sono i padri, generazione anni cinquanta-sessanta senza un punto di partenza e di arrivo sicuro. Padri rimasti a metà strada tra il vecchio mondo e il nuovo in cui non sono ancora giunti e forse non giungeranno mai. La nostra generazione, afferma lo psicoanalista Luigi Zoja , soffre ancora nell’individuare la giusta figura paterna, dopo aver odiato e rifiutato quella autoritaria e patriarcale del passato e aver dileggiato quella amorfa e  senza spina dorsale, del tipo sempre  muto davanti a un televisore. I padri di oggi si sono trovati, così,  a essere padri senza un addestramento culturale. Zoja afferma che gli uomini, da almeno tre decenni, hanno rifiutato questo addestramento e si è proceduto nel deserto della figura paterna.

Tralascio  le discussioni nel gruppo di lettura quando ho timidamente portato avanti questa tesi: gli uomini stavano per sbranarmi! Il padre di Michele Serra è indifeso, confuso, con sensi di colpa,  anaffettivo. Dice peste e corna del figlio, lo cerca coi suoi non so – non capisco e il ragazzo si sottrae. Il padre è un tappeto, come il kilim che sta all’ingresso della casa; il figlio lo calpesta con le sue scarpe dure, lo stropiccia, lo ignora, gli sta lontano. Teme il padre, ma non vuole la lotta: non accetta il passaggio del testimone.  Il padre, peraltro,  non sa cosa ha da passargli, forse dei vasi da innaffiare. Persino il tatuatore del figlio gli suggerisce di stare vicino al ragazzo e di parlargli. Così questo padre lancia un invito al ragazzo: scalare una montagna. E’ anche disposto a pagarlo  per quella impresa insieme. Alla fine il ragazzo, mosso dalla pietà o dallo sfinimento, accetta e i due partono per il Colle; il padre non è certo di farcela, gli anni passano e le sue forze diminuiscono, e dubita fortemente del figlio, impreparato fisicamente e con un abbigliamento sbagliato per l’alta montagna.  Si arriva al finale del libro. Il padre, nella faticosa salita, si distrae e perde di vista il figlio, pensa sia rimasto indietro, si sia perso, e lo chiama disperatamente. Il figlio, invece, è avanti, lo ha superato, è in cima. Ora il padre può invecchiare.

Ho volutamente, e brutalmente, sintetizzato,  Michele Serra mi perdonerà,  e tralasciato le parti più belle del libro per invitarvi alla lettura e torno repentinamente al gruppo beach di amici: tutti abbiamo concordato sulla buona scrittura di Serra, sulla tematica non banale del libro, seppur vecchia di secoli, sulle riflessioni del monologo, spesso ermetiche, complesse, tristi, ironiche, divertenti,  che fanno pensare. Il gruppo di lettura  si è, invece, spaccato  nel finale del libro. In verità sono rimasta quasi sola a dire che il finale era quello giusto e mi era piaciuto che il ragazzo ce l’avesse fatta a superare il padre, che si era “alzato”. Deve essere così: le generazioni future devono essere sempre migliori delle precedenti, altrimenti non c’è crescita, altrimenti è la fine. I miei amici sostenevano che  è così, che siamo alla frutta e che  lo scrittore aveva scelto un finale consolatorio, che avrebbe, invece, dovuto far morire uno dei due protagonisti per lanciare un forte segnale a questa generazione di sdraiati nullafacenti che sono i giovani di oggi. No, mi spiace, non concordo, non posso concordare: sono un’insegnante, vivo col futuro  e mai sosterrò che questi ragazzi, che faticosamente stanno diventando grandi, con traballanti figure paterne e istituzionali, siano dei falliti in partenza. Se lo fossero, i veri  e unici falliti saremmo tutti noi che li abbiamo accompagnati sin qui.

Capitani…

12 sabato Mar 2016

Posted by ili6 in Articoli, Musica, Senza categoria

≈ 46 commenti

Tag

capitani coraggiosi, Claudio Baglioni, concerti, emozioni, fatica, Gianni Morandi, marito e moglie, musica, uomini, vita

Gli uomini: sempre faticosi e complicati! Spesso sudiamo  sette camicette per portarvi dove  noi donne desideriamo. Vi dobbiamo prendere per il verso giusto, montare scenette, programmare tempi e modi, … ma che fatica! Se dovete dire un sì, perché capita che è un sì, fatelo subito, senza tergiversare, senza costringerci a manfrine e tarantelle, senza farci scontare per giorni quel sì che poi vi potrà anche piacere. Echecavolo! Alla lunga  potremmo  stufarci, eh! Dite che le ingarbugliate siamo noi, eccertochesì, ci ammatassiamo  se per ottenere una quisquilia dobbiamo progettare per mesi! Una lotta, siete una lotta continua e costante!

Due mesi fa, ad esempio,  ho dovuto progettare minuziosamente  un’idea  per  “incastrare” il mio coniuge e se non ci fosse stata anche la fortuna di mezzo….

Conosco  i suoi momenti “giusti” e così, in uno di questi ho buttato la richiesta: -Mi piacerebbe vedere quel concerto, mi accompagni?

-Eh, uh, oh, ok.

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 Okkey!!!  Non  ne parlo più, prendo l’ok e lo lavoro per bene,” ‘nzamai” rimuginasse  e cambiasse idea.  In realtà l’idea lui la cambia, ma in modo “soft”. Al momento di acquistare i biglietti gli chiedo se preferisce andare il venerdì o il sabato. Un grande errore, il mio, e lui, ironico, risponde che andremo  giovedì. Ma il concerto di giovedì non c’è !!!  Incasso il colpo, me ne dico di cotte e di crude, faccio l’ offesa per  due giorni,  sono  arrabbiata e delusa. Ma gli sto chiedendo la luna?!?  Poi dimentico, restando sempre all’erta.  Non trovo amiche disponibili per andare, ma quel concerto IO voglio vederlo!

Improvvisamente il web mi informa che per l’enorme richiesta di fans, il duo Morandi-Baglioni aggiunge un’ulteriore  data in Sicilia e sarà di giovedì. In un nanosecondo acquisto i biglietti via Internet e quando glieli presento, lui mi dice: -Allora non hai capito.

-Sì, tesoro, ho capito perfettamente. Andremo di giovedì, come hai detto tu, giusto?

-Ma…

-Faranno tre serate, hanno aggiunto il giovedi  per farti contento!

Si azzittisce e io pure. So che non devo  gridare vittoria e soprattutto so che andrò al concerto di  Baglioni, l’uomo che con le sue canzoni ha accompagnato la mia vita e tutti i momenti belli e meno belli trascorsi con mio marito.  Claudio…l’uomo con cui volentieri sarei fuggita,…vabbè, vaneggio… Ci sarà anche Morandi, mi sta bene,  lo considero il bravo ragazzo, il buon vicino di casa, il cantante di alcuni bei pezzi.  Claudio è un altro discorso…tutto e solo mio, ovviamente. Ho visto già altri suoi concerti, in uno sono persino riuscita a sfiorargli una mano…ok, ok, datemi della scema, accetto tutto: lo adoro!

Arriva il gran giorno. Ci penso da tre e non sto nella pelle, ma mi contengo alla grande. Lui pare l’abbia scordato e  glielo ricordo al mattino, di sfuggita.  Forse si lamenta, forse no, boh, poco importa…si va al concerto! Nel pomeriggio non riesco più a contenermi, mi faccio bella, mi sento agitata come una ragazzina. In fondo i concerti servono a toglierti di colpo decenni di dosso: canterò e ballerò, ne sono certa. E sognerò. E lui? Dormirà? Sbufferà?  Pare calmo e rassegnato, magari gli piacerà, chissà.

Verso le 18.00 gli dico che i nostri posti  non sono numerati e sarebbe opportuno andare per sistemarci al meglio. Io sono pronta da un pezzo, ma lui deve vedere il telegiornale, leggere il televideo, fare due telefonate…Non resisto, gli  faccio  fretta,  mi metto in macchina e ascolto un CD, ovviamente di Baglioni. Arriva con comodo, sto  zitta, temo sempre che cambi idea e giri l’auto sul più bello. Se lo farà, divorzierò, senza se e senza ma.

Partiamo e troviamo la tangenziale bloccata: era prevedibile. Facciamo un giro pazzesco, entriamo in città, semiparalizzata forse dai tremila automobilisti che stanno andando al concerto come noi. Capisce che siamo in ritardo, inizia a volare, a  fare strade paurose e decido di chiudere gli occhi e ascoltare Claudio in cuffia. Finalmente arriviamo. Posteggiamo molto distante e inizio a correre verso il Palasport. Mi viene dietro dandomi della pazza e forse un po’ lo sono, una pazza felice! Felice per il concerto e per essere riuscita a trascinarlo. Non troviamo posti a sedere, siamo tra gli ultimi e alla fine ci sediamo sulla  scalinata, dove non si potrebbe. La sorveglianza ci rimprovera, ma siamo davvero tanti, hanno venduto più biglietti del dovuto, che si stiano zitti che il bello sta per iniziare e so io che fatica ho dovuto fare!

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Si accendono le luci, i musicisti prendono posto, partono le prime note, entrano Claudio e Gianni: il Palasport esplode e io pure! Si balla e si canta a squarciagola, siamo forse cinquemila persone, non so,  quasi tutti in piedi. Lo spettacolo è di alto livello, per orchestra, scenografia e naturalmente per le performance dei due “Capitani Coraggiosi” che trascinano all’inverosimile. Accanto a me c’è un altro Capitano, quello della mia vita, che osservo di sottecchi in continuazione: inizialmente impassibile, comincia a ciondolare la testa e battere il piede a suon di musica. Poi canta! Canta con me e coi cinquemila. A metà concerto si alza, ancheggia, mi prende sottobraccio, mi cinge le spalle, segue il mio ritmo, sorride, applaude. E io mi spello le mani, per Baglioni, per Morandi, per  il mio faticoso, ma sempre bel, Capitano e per Me.

 

Mimose striate di sangue

09 domenica Mar 2014

Posted by ili6 in Articoli, costume e società, emozioni, Il decennio delle donne, Notizie e politica, Orrore, racconti, Senza categoria

≈ 39 commenti

Tag

8 marzo. mimose, donna, femminicidio, Ferite a morte, No More, racconti, Serena Dandini, teatro, uomini

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Mimose striate di sangue: troppo sangue, inutile, crudele, stupido sangue. Che tristezza, che bassezze, che vergogna, uomo!Sì, uomo, perchè il  femminicidio è soprattutto un problema di uomini, di una fetta di uomini sempre più consistente, purtroppo. Uomini  malati, fragili, deboli,  terrorizzati dal confronto con gli altri uomini, incapaci di sopportare un dolore, un lutto, una perdita, impossibilitati a controllare i loro peggiori istinti, uomini che dovrebbero riunirsi in piccoli gruppi,  tematizzare la loro angoscia, descrivere la perdita di potere nel privato, che subiscono senza parlarne da decenni. Sono loro che devono commentare e approfondire il fenomeno del femminicidio, loro che devono accettare l’idea di essere malati e farsi curare. La violenza contro le donne, non è un problema nostro. È un problema loro. Loro e di alcune donne-madri che allevano il “cucciolo” di casa nel concetto di superiorità  di “masculo“.  Noi siamo le vittime di certi uomini e certe donne e ancora oggi ci sorprendiamo, ci incantiamo, ci meravigliamo per come i nostri uomini ci stiano massacrando: 177 donne ammazzate in Italia nel 2013 dai loro uomini, 16 le donne uccise in questi primi mesi del 2014.

Per favore, poeti e scrittori, non pronunciate mai la parola amore in queste storie, che l’Amore non c’entra proprio nulla!

femminicidio-2

Serena Dandini ha  raccolto delle storie di mogli, fidanzate ed ex-fidanzate, compagne vittime di femminicidio, le ha riscritte con leggerezza, a volte ironia, facendo parlare le donne morte, facendo raccontare la storia a loro stesse e le ha messe in scena nello spettacolo teatrale “Ferite a morte” che sta girando per l’Italia e l’Europa con grande impatto emotivo tra gli spettatori. Ho letto alcune di queste storie e colpiscono, tra l’altro, per la delicatezza e il disincanto perchè, così come nella chiusa di uno dei monologhi,  “Noi donne non ci possiamo credere che gli uomini ci uccidano”.  Eccone una:

MAZZO DI CHIAVI 

Allora questa è del cancello, questa del portoncino blindato, no questa è del garage….. Se cambio la serratura ha detto che m’ammazza, dice che è anche casa sua, solo perché ci ha abitato , ma io ci stavo in affitto da prima che arrivasse lui, ma se cambio la serratura ora m’ammazza. La cambio?, non la cambio???… 
E io non l’ho cambiata, così è entrato di notte tranquillo con le sue chiavi e mi ha strangolata mentre dormivo. Il ragazzino non si è accorto di nulla, ha continuato a dormire. 
Era bravo con il ragazzino, lo portava ai campi sportivi a vedere le partitelle, è stato quello che mi ha ingannato, se uno è buono con il ragazzino è buono pure con me, pensavo… 
Mi sentivo tanto sola, la fabbrica , il ragazzino, mi piaceva vedere un uomo dentro casa la mattina, son belli i maschi in bagno mentre si fanno la barba con quel buon profumo di pulito….. per essere pulito era pulito , si cambiava due camice tutti i giorni, io non ero una grande stiratrice ,lo so, ma lui era un po’ fissato, è colpa delle madri che abituano questi maschi come al Grand Hotel, e poi quando escono nel mondo vero non ci si ritrovano più… 
Se avessi avuto i soldi c’andavo io al Grand Hotel insieme al ragazzino e lasciavo quella maledetta casa, me l’avevano detto al centro anti-violenza, cambia la serratura , ma io c’avevo paura che m’ammazzava , l’aveva urlato ai quattroventi :”se cambia la serratura l’ammazzo”. E io non l’ho cambiata….e infatti è entrato e m’ammazzato…non c’è una logica…. Chi ci capisce qualcosa è bravo…
Allora questa è della porta principale, no del portoncino…

Entrava e usciva a tutte le ore come gli pareva, accendeva la televisione a tutto volume di notte, mi svegliava il ragazzino, svuotava il frigorifero, si mangiava la spesa di due giorni, era abituato a servirsi a piacimento …poi veniva in camera da letto, lì non c’erano proprio le serrature, apriva e anche lì si serviva a piacimento, solo del bagno non aveva le chiavi, lì potevo chiudermi a piangere in santa pace.

Eppure dopo l’ultima discussione sembrava quietato, vedrai che ha capito, ho pensato, non mi ha neanche detto: “se cambi la serratura t’ammazzo”, allora mi son detta, quasi quasi domani la cambio…ma mi ha ucciso prima… 
Io non lo volevo offendere, volevo solo lasciarlo o meglio volevo che lui ci lasciasse in pace a me e al ragazzino… 
Ma lui dalla madre non ci voleva tornare, eppure la madre stirava meglio di me, me lo diceva sempre, dovresti imparare da mia madre, non ho fatto in tempo…

Scusate glielo dite voi alle ragazze del centro anti-violenza che c’avevano ragione, io non le ho più trovate, dice che hanno dovuto chiudere per via dei tagli , ora al posto loro c’è una banca, ma il mutuo non me l’hanno dato, peccato volevo tanto cambiare casa… ora mi son rimaste solo queste chiavi e non mi ricordo neanche cosa aprono… questa è del cancello… e questa??

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Rosina

22 sabato Feb 2014

Posted by ili6 in Articoli, costume e società, I miei racconti, Intrattenimento, racconti, Senza categoria

≈ 56 commenti

Tag

donne, donne d'altri tempi, jeans, moda, uomini, vanità

Rosina va in giro con i suoi 60 e passa anni ben portati. Pratica e senza mezze misure, sa esaltarsi e donarsi se prende a cuore una situazione, dire la sua e  mostrare disappunto se non condivide. Svolge con serenità il lavoro di insegnante e nel frattempo fa altre mille cose e solo lei sa come: dalle conserve di cibo di ogni tipo al ricamo di interi corredini per i nipotini, dal bricolage alla tinteggiatura delle pareti di casa. Creativa e passionale, entrando nella mia aula e notando delle semplicissime tendine bianche alle finestre, non ha esitato a definirle ospedaliere, a staccarle senza darmi il tempo di fiatare e a restituirle due giorni dopo con un’allegra balza con margherite e coccinelle. Una mattina, senza giri di parole, vedendo una giovane collega in t-shirt e pantacollant semitrasparente, le ha detto di andare a rivestirsi che eravamo in una scuola.

E’ fatta così Rosina: prendere o lasciare. Di solito prendiamo avendo, nel tempo, apprezzato la disponibilità, la schiettezza e quel sottile fascino ormai dimenticato di essere una donna quasi d’altri tempi. Se per qualsiasi motivo vai a casa sua di certo te ne torni con un barattolo di olive in salamoia, un sacchetto di scorzette d’arancia candite o con una presina all’uncinetto, tutto rigorosamente fatto da lei.

L’altro pomeriggio siamo andate insieme in un ufficio per risolvere alcune situazioni e ci ha accolte un sindacalista che ci ha pregate di aspettare poichè impegnato con una persona. L’ufficio era un’unica stanza con scaffali, cassettiere, una grande scrivania con alcune sedie attorno e un divanetto con tavolinetto per chi deve attendere il turno. Tutto a vista, tutti insieme, tutto senza l’ombra di privacy. Vabbè. Mentre il sindacalista pensava all’altro signore, noi sfogliavamo distrattamente qualche rivista e Rosina mi raccontava della nipotina.

Il sindacalista si muoveva sulla poltrona girevole per prendere moduli, si alzava per cercare e stampare fogli. Rosina ad un tratto si ammutolì e poi iniziò a borbottare:-Hai visto? Che scostumato!

Io che non avevo ancora notato nulla, seguii le indicazioni che lei faceva con gli occhi e capii:-Non farci caso, è la moda dei giovani. Rispose che quel tizio i quaranta li aveva superati di sicuro e che era sconveniente accogliere così delle signore in un ufficio. Sorrisi e cambiai discorso.

Il sindacalista indossava un maglione e dei jeans con gli strappi. Nulla di strano, ragazzi e ragazze li indossano con disinvoltura. Stavolta però gli strappi non erano sulle cosce, sul sedere o sul ginocchio, ma proprio “lì”. Sì, lì, esattamente sull’inguine. Due strappi orizzontali ai lati della cerniera e anche belli grossi. Meglio dire due buchi!

Da quel momento, quando il sindacalista si alzava, si muoveva, girava per scaffali, Rosina seguiva “gli strappi”, farfugliando rimproveri sottovoce. Conoscendola, iniziai a temere una reazione.

Venne finalmente il nostro turno e ci accomodammo alla scrivania. Discutemmo con il sindacalista, uscimmo fogli e certificati, guardammo schermate al pc. Lui valutò, dette consigli, chiarì varie cose, sistemò schede e si alzò per stampare dei moduli. Quando tornò rimase in piedi davanti a noi sedute e gli “strappi” erano lì, sotto il nostro naso, davanti ai nostri occhi, a un metro di distanza.

Sappiamo che chi indossa uno spacco profondo, una scollatura vertiginosa, uno strappo, una mini, una trasparenza, lo fa perché vuole che siano notati. E noi notammo.

Gli strappi non erano a pelle, almeno non sembravano; sotto traspariva una tela nera, una fodera o forse era il cotone dei boxer, non so. Ma erano lì, esattamente lì e tanto bastava. Ok, diciamola tutta: in un altro punto nessuno li avrebbe notati più di tanto, invece lì…strategico!

Il tipo era vanesio, questo era indubbio, si stava mostrando, magari divertendosi, e cercai, seppur a fatica, altre attenzioni, tenendo sott’occhio Rosina che, invece, si agitava sulla sedia. “Ora sbotta”, pensai e mi alzai per accelerare l’uscita. Rosina rimase seduta, fece un sospiro e poi chiese al sindacalista :

-Li vuole due punti?

-Prego??

-Caro giovanotto- disse, cercando qualcosa nella sua borsa- o lei è uno scostumato o non c’è nessuno che pensa alle sue cose. Vada in bagno, levi questi jeans e me li porga che due punti glieli do io!

Detto questo, poggiò sulla scrivania un piccolo kit per cucito e io sprofondai sulla sedia, rossa come un pomodoro!

johnnydeppsexy

Johnny Deep 

^^^^^^^^^^

Un GRAZIE di cuore a NIVES  per aver  voluto insignire questo blog del Liebster Award.

Questi fiori sono per te, cara Nives 🙂

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