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Marirò

~ "L'esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque"

Marirò

Archivi tag: scuola

Il nuovo che verrà.

15 lunedì Ago 2022

Posted by ili6 in Articoli

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blog, estate, ferragosto, il nuovo che verrà, pensione, scuola

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Foto web presa qui

Buon Ferragosto, amici di WP. Come state? Spero bene. Ogni tanto ritorno 🙂

No, non ho intenzione di chiudere, privatizzare o abbandonare il blog, ho avuto periodi intensi che mi hanno distratta dallo scrivere e dal leggere nella blogsfera e la voglia di riprendere sta tornando. Avrò adesso più tempo libero perché ho deciso di anticipare di un paio di anni il pensionamento. Decisione presa non con facilità o entusiasmo eccessivo; l’idea di iniziare rapporti affettivi con nuovi alunni e poi doverli lasciare a metà percorso mi turbava. Non amo lasciare, preferisco non iniziare. Mi sento comunque inquieta anche se ancora non riesco a percepire appieno la portata della mia scelta di anticipo. Ho amato il mio lavoro, mi mancherà tanto e questo è un dato di fatto ma saprò trovare nuovi equilibri.

Pensavo proprio ieri a quanto il nostro inconscio a volte ci possa aiutare nell’affrontare il nuovo che sarà.

Cercavo qualcosa da indossare per la cena della sera e mi sono improvvisamente resa conto di non aver acquistato nulla di nuovo in questa estate che sta per finire. Di acquisti ne ho fatti ma sono stati tutti acquisti invernali! A giugno, a Madrid, 36 gradi costanti, ho comprato una felpa molto pesante. Le mie amiche hanno storto il naso, io l’ho acquistata in un baleno, senza riflettere. A luglio, a Torino, un caldo asfissiante, ho fatto un unico acquisto nell’elegante Via Roma: un pullover di lana pregiata. Ok, comprato con uno sconto speciale, con una commessa che sa fare il suo lavoro, insomma…al momento attende insieme alla felpa in un cassetto. I primi di agosto, a Palermo, ho comprato una bella borsa, anch’essa super scontata e super firmata: c’erano tanti modelli leggeri e sportivi, tanti colori luminosi e solari e io che ho scelto? Pelle nera! Una classica borsa di pelle nera, eterna e tanto invernale.

Roba da psicologo!

Per la cena di Ferragosto ho rimediato con un vecchio abito che ancora mi sta bene e ho realizzato che non avrò il tempo di far fare un giro a ogni vestito sino alla fine dell’estate: l’armadio è strapieno di roba leggera. Dei nuovi acquisti invernali non sono affatto pentita, mi piacciono e a pensarci bene forse inconsapevolmente in quei negozi questa estate è iniziata la mia “lotta”, il mio adattamento verso il nuovo che mi attende. Sarà dura? Non so, forse. So che saranno necessarie delle coccole, almeno nel primo periodo, e ho iniziato a farmele.

Buon proseguo d’estate, carissimi. Non spingo il tempo, vorrei anzi in qualche modo trattenerlo. Domani forse andrò a comprare un nuovo costume. Qui fino a ottobre inoltrato si possono fare caldi bagni e adesso potrò farli anche io.

🙂

Per favore, un like…

16 mercoledì Giu 2021

Posted by ili6 in Articoli, Senza categoria, un pò di me

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beach soccer, blog, cuore di mamma, emozioni, estate, facebook, pandemia, ritorno alla normalità, scuola

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Una settimana fa, prima pizza in pizzeria dopo un lungo intero anno: ero emozionata. Il contesto, inoltre, era perfetto: sul lungomare, noi due soli, sotto le stelle.

Eravamo in pochi nel piccolo spazio all’aperto della pizzeria, quasi timorosi l’un l’altro. Distanziamento tra i tavoli discreto, zona tavoli max 2 e zona tavoli max 4. Tendo a confondermi con le regole che cambiano in continuazione e coi colori che vanno e vengono, quindi mascherina fpp2 rigorosamente indossata e tolta solo all’arrivo delle patatine: non riesco ancora ad abbassare la guardia nonostante sia vaccinata con doppia dose e continuo a guardare storto chi non si comporta secondo le regole. Ci vorrà tempo per abbassare le difese, la pandemia mi ha turbata.

Mentre consumiamo la pizza, buona, anzi ottima per quel gusto in più chiamato “ritorno alla normalità”, notiamo una giovane signora che si ferma a discutere tra i vari tavoli con il cellulare in bella vista. Non ha fiori in mano da vendere, né oggettini vari. Parla coi clienti che iniziano a smanettare coi cellulari. Penso a una intervista, a un sondaggio, non so. Lo scopro quando arriva al nostro tavolo.

-Scusate, avete Facebook?

-Io no, mio marito.

Si rivolge, così, a mio marito:

-Per favore, mi serve un like. E’ per mio figlio, per un suo disegno sul beach soccer, il liceo deve scegliere il logo, vince il disegno che prende più like entro le 21.00 di stasera. Ho chiesto a tutti i miei amici e parenti, a tutti i gruppi Wapp che conosco, non so più a chi chiedere e l’altro disegno è in vantaggio. Mio figlio ci tiene tantissimo così non sono riuscita a stare ferma e sto girando tutti i locali, ho altri dieci minuti di tempo per aiutarlo.

Ha la voce tremula e concitata, chiaro che ha fretta di andare nelle altre due pizzerie vicine: -Per favore…la concorrenza è agguerrita…non ho più tempo…

Mio marito prende il cellulare, si fa guidare dalla signora e mette il like al disegno. Lei ringrazia e corre verso l’altra pizzeria.

Alcuni giorni dopo ho cercato sul web il sito del liceo che frequenta il ragazzo e ho scoperto che il suo disegno ha vinto il concorso per una manciata di likes in più rispetto al disegno rivale. Con la vittoria lo studente si aggiudica la partecipazione gratuita alle gare, pubblicazioni, interviste, notorietà paesana. E felicità.

-Cuore tecnologico di mamma- ha commentato mio marito.

Beh, il disegno che ha vinto è carino, l’iniziativa pure, il cuore tecnologico di mamma è pur sempre un vero cuore di mamma, ci sarà un ragazzino felice, la scuola è finita, si torna al mare e in pizzeria, riprendo il blog.

L’estate è arrivata! 🙂

All’autunno si penserà poi.

“Non mi guarda nessuno!”

06 sabato Feb 2021

Posted by ili6 in Articoli, Senza categoria

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10 anni, educazione, Fretta di crescere, in cerca di sguardi e di sè, pantaloni strappati, Preadolescenza, psicologia, scuola, società, vita di maestra

Federica, non ancora dieci anni, è una bella bambina, bassina, paffutella, curata nell’abbigliamento. Fatica un po’ nell’apprendimento perché è una gran pigrona ma nelle conversazioni sa spesso essere geniale e deduttiva. E’ in una fase di passaggio tra infanzia e fanciullezza, come è giusto che sia; l’adoro quando indossa i cerchietti con le orecchie da coniglio o si pettina coi codini e i fiocchetti rosa. E’ in combutta con se stessa perché, pur bimba, manifesta fretta di crescere in vari modi, dallo smaltino alle unghie alla maglietta con gli strass, dagli stivaletti di vernice agli orecchini a cerchi colorati.

Giorni fa, mentre usava le forbici per realizzare un graffito, mi accorsi che si stava tagliando i pantaloni della divisa di scuola.

<<Federica, che stai combinando?!>>

<<Niente, niente>>.

Mi avvicino: <<Niente? Hai bucato i pantaloni. Perché?>> Federica non risponde, si gira indispettita dall’altra parte cercando di ignorarmi. Inizio a dirle che ha rovinato dei bei pantaloni, che la sua mamma avrebbe dovuto spendere dei soldi per acquistarne di nuovi, che ha rischiato di farsi male, che queste cose non si fanno, ecc…e torno alla cattedra impensierita per quel suo gesto. Lei mi segue:

<<Non ti devi preoccupare, maestra. Io lo faccio perché mi piacciono i pantaloni strappati>>.

<<Non capisco, spiegami>>.

<<Vedo che tutti hanno i pantaloni con gli strappi>>.

<<Tutti chi? A scuola non sono permessi i pantaloni strappati>>.

<<Li portano le maestre giovani e le ragazze e anche molte mamme>>.

Comincio a capire e mi sento sollevata: niente autolesionismo, niente sindrome borderline, solo voglia di diventare grande. E’ vero che alcune maestre giovani vengono a scuola coi jeans strappati sulle cosce, idem qualche bambina e nei dintorni ci sono mamme vestite tutte attillate, leopardate, strappate e con oblò sparsi.

<<I pantaloni strappati sono brutti! E poi gli strappi si fanno sui jeans, non sulle tute>>.

<< A me piacciono. Mia mamma non me li compra e io mi taglio le tute!>>

Guardo i suoi pantaloni. I tagli sono anche fatti bene, seppur senza l’effetto da lei sperato perché sotto Federica indossa un collant di lana blu che fortunatamente le forbici non hanno raggiunto. Non so se ridere o restare seria.

<<Perché ti piacciono? Cos’hanno di bello? Potresti anche sentire freddo alle gambe. A me sanno di vecchio, di stracci>>.

<<Mi piacciono, sono di moda>>.

<<Ma no, sono già passati di moda. Hai rovinato un paio di pantaloni caldi e comodi e questo non si fa. Ne hai tagliati altri?>>.

<<Un altro. Sai maestra, io non so più cosa voglio fare da grande>>.

<<La veterinaria. Lo hai sempre detto: tu ami gli animali>>.

<<Non lo so più, non so se voglio fare la modella o la veterinaria>>.

<<Potrai fare entrambe le cose>>.

<<Si, ma…>>

<<Ma cosa?>>

<<Sai perché mi piacciono i pantaloni con gli strappi? Per essere guardata>>.

<<Guardata? Da chi?>>

<<Da tutti. Tutti guardano quelle che hanno i pantaloni strappati, a me non mi guarda nessuno!>>

<<Ma che dici?>>

<<E’ così. Se farò la modella mi guarderanno tutti>>.

<<Ma anche se farai la veterinaria potranno guardarti tutti. E coi pantaloni senza strappi!>>

Federica è perplessa e la campanella del cambio dell’ora mi salva. Le dico di non tagliuzzare più nulla e che ne avremmo riparlato.

 Dovrò farlo? Non so, sono discorsi seri, difficili, forse inutili perché andranno a cozzare con la naturale precocità insita in ogni adolescente, con la sfacciata realtà in cui viviamo, con la nevrosi e l’omologazione che ci circonda, con il bombardamento mediatico che ci condiziona, con il senso di inadeguatezza che ognuno di noi avverte in molte occasioni e a ogni età.

“Per essere guardata…” Federica è nella fase preadolescenziale, una fase incerta, sospesa tra i cerchietti con le orecchie da coniglio e gli ambiti jeans attillati e strappati, in bilico tra un “mamma/maestra abbracciami” e un “faccio quello che voglio ai miei vestiti perché voglio essere guardata ora e subito”. E’ nella fase in cui lo sguardo degli altri, coetanei e non, inizia a giocare un ruolo importante nella costruzione dell’immagine di sé.

Non so se riprenderò il discorso con lei e con tutta la classe. Una parte di me sa che sarebbe giusto e importante farlo, l’altra parte mi suggerisce di rispettare questa loro fase di vita. Però dovrò stare anche dalla parte di molte mamme giudiziose e cercare di aiutarle a non ritrovarsi a dover spendere quattrini per sostituire pantaloni ridotti a brandelli. Devo pensarci ma so già che non potrò dire ai miei alunni che la loro maestra a dodici anni di nascosto si arrotolava più volte in vita la cintura della gonna nel disperato tentativo di renderla più corta!

Durissimo lavorare con un negazionista a fianco in tempo di pandemia.

12 lunedì Ott 2020

Posted by ili6 in Articoli, Senza categoria

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colleghi, confusione, consigli, Coronavirus, covid-19, discussioni, educazione, fai ciò che vuoi ma solo a casa tua, incoscienza, la legge è uguale per tutti, litigio, mascherine, negazionisti, pandemia, prima o poi la uccido, regole, scuola, sopportazione

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I tempi che stiamo vivendo col coronavirus che ha ripreso vigore li conosciamo tutti, la paura e la tensione per molti di noi sono alle stelle, specie per chi come me è costretto ogni giorno a recarsi al lavoro.

La mia scuola l’ho trovata così come l’ho lasciata a marzo: stesso numero di alunni, stessa aula, stessi banchi. Di diverso e in più ora c’è il sapone in bagno, ci sono disinfettanti mani in tutti gli angoli, segnalatori di percorso e di distanziamento e mascherine date dal Governo per gli alunni e per noi insegnanti.

Ci sono anche regole nuove legate al distanziamento e all’igiene e devo dire che non stiamo facendo fatica coi bambini per il rispetto di queste regole: sono attenti, disciplinati più di prima, corretti nell’uso della mascherina. Hanno compreso, sono stati ben preparati dalle famiglie e continuano a esserlo da noi docenti che non ci stanchiamo di ripetere e di mettere in guardia. Persino negli ingressi e nelle uscite, ora differenziati, si crea poco assembramento. Tutto questo fa un po’ sperare di farla franca e di riuscire a mantenere la scuola aperta, evitando così la odiata DAD. Naturalmente non siamo sicuri e tranquilli, il COVID nelle scuole entra da fuori e trova il luogo ideale per diffondersi rapidamente. Diverrà tutto più pericoloso quando partirà il servizio di trasporto alunni coi bus comunali. Ma affrontiamo un problema alla volta.

Il problema adesso è la mia collega di classe che è una negazionista.

Premesso che ognuno può essere libero di pensarla in modo diverso finchè non nuoce gli altri, non sto riuscendo più a sopportare questa situazione perché lei sta agendo a scuola da negazionista.

No! A casa sua può fare ciò che vuole, A SCUOLA NO! Deve rispettare le regole, come tutti.

 Invece …non indossa la mascherina, la porta sempre appesa all’orecchio come fosse un lungo orecchino, forse per paura di multe e rimproveri, mostrando così una certa dose di vigliaccheria. Deride noi colleghi che la indossiamo e, cosa gravissima, inizia a deridere anche gli alunni che mettono la mascherina quando si alzano dal banco per andare alla lavagna o alla cattedra e pretende che gli stessi la tolgano quando stanno spiegando la lezione perché altrimenti la voce è alterata. Inoltre passa tra i banchi per correggere senza nessuna protezione e se i bambini alzano la mascherina, lei gliela abbassa tra il fare scherzoso e l’imperioso.

Li sta confondendo.

Ho cercato di parlarle con le buone, anzi le buonissime, poi con determinazione e l’altro giorno sono stata alquanto dura. Lei lo è stata più di me, ha usato l’ironia e poi il sarcasmo e siamo quasi arrivate alle minacce reciproche.

I bambini a casa raccontano tutto e i genitori mi telefonano ogni due giorni per il suo comportamento. Sono riuscita per due volte a evitare che andassero dalla preside, ora non riesco più a difenderla e sto cominciando a pensare di andare io a parlare con la preside che conosce bene il Coronavirus per averlo preso in primavera e essere stata due mesi ricoverata in ospedale.

Davvero non so che fare. Datemi un consiglio, per favore.

 Detesto chi fa la spia. Sto però iniziando a detestare la mia collega. Il nostro rapporto ventennale è sempre stato sereno, mai amichevole perché lei non è disposta all’amicizia verso nessuno e io di lei ho rispettato anche questo.

Ora sto vacillando.

“Eh, maestra, così è la vita. Che vuoi farci?”

14 lunedì Gen 2019

Posted by ili6 in scuola, Senza categoria

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correzioni da sfinimento, parole, raffreddori, saggezza dei piccoli, scuola, vita di maestra, voglia di far niente, voglio andare in pensione!

7 anni appena: me ne restano cinque, sono in fila alla cattedra e aspettano con pazienza che io corregga un esercizio di grammatica che hanno or ora completato. Sto cercando di fare velocemente, ma gli occhi mi bruciano e devo interrompere per soffiarmi il naso o tossire col fazzoletto davanti alla bocca per tentare di non contagiarli. Mannaggia ai super raffreddori invernali! E poi, diciamolo sinceramente, sono stanca e stufa di questo lavoro lungo e antipatico; “cu, qu, cqu e capricciose” mi ballano attorno da più di una settimana e adesso peggio per me che gli ho dato 20 parole da completare. Ne potevano bastare meno e ora mi tocca fare la correzione di tutte le 400 parole!!! Fortuna che ci sono tre assenti stamattina…

Cerco di stare concentrata e di volare, chissà quanti errori mi stanno scappando…. e i 15 già corretti si stanno anche agitando. “Ok, avanti un altro” dico, mentre ho voglia di poggiare la testa sulla cattedra, di bere una spremuta di arancia e stare al calduccio di casa. Non devo avere una buona cera perché quando arriva Matteo, il penultimo, mi dice: “Eh, maestra, così è la vita. Che vuoi farci?” Lo guardo stranita, e lui: “Si deve lavorare anche se si sta male”. E mi sorride.

7 anni, 7 anni appena e ha già capito tanto della vita: merita una lode a prescindere!

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Piccole, grandi, preziose storie.

28 venerdì Set 2018

Posted by ili6 in Articoli, scuola, Senza categoria

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amicizia, bambini, crescere insieme, disabilità, donne, educazione, figli, Giacomo Bertoni, Ludovico Einaudi, maestre, mamme, scuola, vita

Un bellissimo scritto di Giacomo Bertoni, suggerito da Lucetta, mi ha riportata alla storia di una Mamma e di suo Figlio e anche alla storia di una Scuola, di una classe di Alunni e dei loro Insegnanti. Una storia bella e importante, pur nella sua drammaticità, una delle tante piccole e preziose storie che esistono in questo mondo e che passano troppo in silenzio. Conoscere queste storie, viverle in qualche maniera, dà sempre i brividi e lascia attoniti per la forza e l’amore che le permeano.

Lei, la Signora Matilde. puoi incontrarla ogni giorno a Scuola. Accompagna Davide sin dentro l’aula poco dopo il suono della campanella, si ferma nella classe qualche minuto e viene a riprenderlo all’uscita prima delle altre mamme. A volte le fa compagnia la figlia maggiore, rarissimo quando ad accompagnare Davide è il papà per via degli orari di lavoro. Davide frequenta la quinta classe della Scuola Primaria, ha 12 anni ed è un ragazzino con gravissimi problemi psicomotori: non riesce a tenere eretto il corpo, si esprime con sguardi, suoni gutturali, urla e smorfie, soffre di ansie e di diabete. Non può fare a meno della sua speciale carrozzina e si alimenta assistito.

Mamma Matilde ogni giorno, col sole o con la pioggia, entra con l’auto nel cortile della scuola, prende dal bagagliaio la carrozzina, poi prende in braccio il figlio e lo sistema sulla sedia a rotelle, lo imbraca per bene e lo accompagna verso il portoncino, seguendo un lungo scivolo. Non sempre usa la sua carrozzina da quando l’Amministrazione Comunale ha provveduto a darne una simile a Scuola e così Matilde, Donna magra e minuta, molte mattine prende in braccio Davide e salgono insieme cinque gradini di scale. Arrivati nel corridoio, sistema Davide nella sedia speciale della Scuola e lo accompagna in classe. Aiuta le Maestre a togliere cappotti e giacchette, attende che Davide si stabilizzi e poi va via. Lo stesso si ripete al contrario all’uscita di scuola. In tutto questo Matilde viene a volte aiutata da qualche bidello, dall’insegnante di sostegno o da qualsiasi docente, genitore, personale di segreteria che in quel momento casualmente si trovi a passare da quell’angolo di corridoio. Tante altre volte fa tutto da sola.

La Signora Matilde è sempre affabile e curata, mai un lamento. Capita, però, di incrociarla disordinata, preoccupata, scura in viso quando viene chiamata dalle maestre per improvvisi problemi di Davide.

Lo scorso anno ho supplito per alcuni giorni la Maestra di Davide. Pur sapendo del bambino e della sua situazione, non nego che il mio primo impatto in quella classe fu terrorizzante, anche perché l’insegnante di sostegno sarebbe arrivata un paio d’ore dopo e idem l’assistente sanitaria. Furono i bambini della classe a dirmi di stare serena perchè mi avrebbero aiutata loro. Mi accorsi ben presto che tutti gli alunni avevano un ruolo preciso: due pensavano a far bere il compagno, sorreggendo la bottiglietta dell’acqua con la cannuccia. Davide sa indicare con un braccio quando ha sete. Due bambine erano incaricate a sorvegliare la testa del compagno, che riesce a stare eretta per una decina di minuti, poi si affloscia: “Bisogna metterla dritta altrimenti Davide respira male e può soffocare con la saliva”. C’erano i compagnetti che si preoccupavano di raccogliere eventuali oggetti che Davide poteva gettare a terra coi suoi movimenti incontrollati, c’era chi si incaricava di spostare la carrozzina perché: “ Davide così può guardare tutto e tutti e soprattutto il sole dalle finestre. Lui ama il sole, ma troppo gli fa male e dobbiamo proteggerlo”.  In un angolo della classe c’era un banco speciale perché Davide potesse lavorare con fogli, colori e materiale speciale.

Tutta la classe agiva e ruotava attorno alle esigenze del compagno in grande difficoltà. Un bambino mi disse: “ Maestra, parla a bassa voce, lui ha paura dei rumori e dei suoni forti”. Meno timorosa, iniziai la lezione senza perdere di vista quel ragazzino, ma non sapevo come rapportarmi con lui. Più volte mi avvicinai e dissi qualcosa di carino sugli adesivi spiritosi che c’erano sulla sedia a rotelle, ma Davide non entrava in contatto con me, non era abituato al suono della mia voce, preferiva guardare alcuni compagni. Poco dopo sentii dei suoni stridenti e i compagni mi avvertirono che Davide si stava innervosendo e occorreva accendere la radio. Li lasciai fare e subito dopo la voce di Laura Pausini si diffuse nell’aula. Una bambina mi spiegò che il compagno ama la Pausini, che si calma quando la ascolta perché sono le canzoni che gli canta la sua mamma: “ Noi siamo abituati a lavorare con questo sottofondo musicale”. Ed era vero; la classe mi seguì e lavorò serenamente.  Quando fu il momento della ricreazione alcuni bambini si misero attorno al compagno per non farlo sentire solo. Parlavano, scherzavano tra loro mentre Davide pareva seguirli con gli occhi e faceva smorfie. Era il suo modo di partecipare. Ricordo che mi avvicinai alla finestra e guardai il sole. Scesero delle lacrime mentre mi chiedevo tanti perché, mentre riflettevo sull’enorme lavoro svolto dalle mie Colleghe sulla classe e su Davide, mentre pensavo a mamma Matilde. Il calore del sole somigliava a Lei, a tutti quei Bambini che mi circondavano e alla loro Maestra.“Sei commossa?”, mi chiese una bimba. “Il sole mi ha abbagliata”, risposi. Poi la bambina mi invitò ad avvicinarmi a Davide: “Vuoi vederlo sorridere?”. Davide stava facendo una smorfia delicata e i suoi occhi erano vigili mentre ascoltava tre compagnetti che cantavano una canzoncina. Anche il suo braccio si muoveva al ritmo di quelle voci. Sì, stava sorridendo e tutto ebbe un significato ampio e prezioso.

Questo sarà l’ultimo anno di Davide nella mia Scuola. Giorni fa sono passata nella sua Classe per augurare a tutti buon anno scolastico. In sottofondo “Le onde” di Ludovico Einaudi:- “E la Pausini?”, ho chiesto. La Maestra ha risposto: “ Stanno diventando più grandi, pure Davide, ed è giusto che apprezzino anche altro”.

Lo smalto

24 domenica Set 2017

Posted by ili6 in Articoli, scuola, Senza categoria

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analfabetismo, femme fatale, genitori e insegnanti, istruzione obbligatoria, roba da non credere, scuola, scuole serali per adulti, senza parole, smalto per unghie

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Non ha ancora trenta anni, è una bella donna, quasi una femme fatale per come si veste e si trucca. La tradisce il profumo spruzzato in abbondanza: di pessima qualità, è violento, aggressivo, disturbante. La signora ha gli occhi piccoli e guardinghi e scuote nervosamente la folta e lunga chioma nera. E’ sulla difensiva. Parla poco di sé e del figlio, dice solo che è separata, che vive a casa dei genitori e che il bimbo ha frequentato l’asilo poco e male  per colpa delle maestre. Preferisco non indagare e, poiché il piccolo piange e sta aggrappato a lei, la invito a restare in classe finchè non si tranquillizzerà.

Questo si ripete nei successivi due giorni di scuola. La signora resta in classe per circa un’ora, in silenzio, osserva tutto con sguardo nervoso e tiene il cellulare sempre ben in vista. Il bambino, intanto,  si incuriosisce un po’, inizia a interagire con noi maestre e si interessa a qualche compagnetto. Il problema si sta risolvendo e il quarto giorno la signora resta in aula solo dieci minuti  perché il bimbo è più sereno. Noto che è sempre vestita sgargiante e che ha cambiato lo smalto alle unghie, prima nero, poi verde e ora multicolore e con saette gialle su ogni dito. Prima di andar via la signora lascia un paio di quaderni e mi accorgo che non c’è il nome dell’alunno. Sono alle prese con un piccolo litigio da sedare tra due bimbette e prego la signora di scrivere il nome del figlio sulle copertine per non confondere i quaderni. Quando torno alla cattedra la signora è immobile con la mia penna in mano. Mi guarda dritta negli occhi e mi dice che non può scrivere il nome e cognome del figlio perché è analfabeta.

Resto di sasso e lei continua a guardarmi con un senso di sfida misto a naturalezza. Naturale? Normale che dopo quasi 100 anni di istruzione elementare obbligatoria, ci siano ancora persone, giovani e meno giovani,  analfabete?!? Analfabete tali da non saper scrivere a stampatello il nome e cognome del proprio figlio??? Non posso crederci!

So che devo stare zitta, che devo farmi i fatti miei, forse compatire e pensare “poveretta”, che devo stare calma e far finta di non aver sentito o capito. So tutte queste cose; situazioni del genere me ne saranno capitate al massimo quattro in tutta la mia carriera scolastica e sono stati sempre casi di genitori avanti negli anni, umili, semplici, ma questa mamma, questo suo sguardo baldanzoso, questa mise esterna tutta fatta di modernità e sfacciataggine, questa età così giovane, questa bellezza, …tutto l’insieme finisce con l’imbufalirmi.

Le chiedo di seguirmi nella stanza docenti e la guardo con sicurezza:“ Che sta aspettando ad andare a una scuola per adulti? Le pare normale essere un’analfabeta? Come farà ad aiutare suo figlio negli studi? Come farà a leggere un documento importante o anche un bel libro??? Come farà a guidare un’auto??? Che se ne fa di quel telefonino in mano se non sa scrivere o leggere un semplice messaggio?!?”

Sono un fiume in piena!

Sorpresa da questa mia reazione a muso duro, la giovane mamma non sa che dire. Forse è abituata al compatimento o al lassismo. Prendo un pezzo di carta e scrivo il numero di telefono della scuola secondaria dove insegna mia sorella:” Chiami in questa scuola, stanno per iniziare i corsi serali per adulti e sono gratuiti. Telefoni e si iscriva. Se avrà problemi sarò a sua disposizione. Telefoni subito, oggi stesso, ha capito?!?”

Mi guarda, non sa se affrontarmi come nemica o decidere di fidarsi, di prendere consapevolezza che è ora di agire, di svegliarsi, di darsi una mossa, di migliorarsi. Per sé e anche per suo figlio. Abbassa lo sguardo sul foglietto, lo prende e va via senza dire nulla.

Non la vedo per parecchi giorni, l’alunno viene accompagnato dalla nonna. Due giorni fa la  signora si presenta in classe.  Ancora più bella con i capelli raccolti in una coda ordinata e con un delicato smalto rosa alle unghie con i pois bianchi solo sui mignoli, mi chiede di aiutarla a compilare il modulo per i corsi serali: “ Le affido mio figlio, maestra, e molto di me. E’ arrivato il tempo di cambiare, migliorare, crescere.” La guardo seria e poi le dico: “L’aiuterò se lei aiuterà me. Con lo smalto sono un disastro e mi piace molto questo suo rosa tenue con i pallini sui mignoli. Mi insegnerà a stenderlo?”

 

Da “IO DONNA”, supplemento del Corriere della Sera, che leggo spesso con piacere. Ma attenzione: in certi momenti potrei anche mordere!

10 lunedì Lug 2017

Posted by ili6 in Articoli, scuola, Senza categoria

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40 gradi all'ombra, Chiara Saraceno, ferie insegnanti, follie filosofiche, IO DONNA, La buona scuola, morsi, scuola, scuola aperta d'estate, scuole estive, sociologia, sociologia all'incontrario, vacanze estive, Valeria Fedeli

Chiara Saraceno: «La buona scuola è aperta anche d’estate»

questo è il breve articolo

…    …   …

e questo è il mio commento al pensiero della Signora Chiara Saraceno, filosofa e sociologa. Chissà se lo pubblicheranno…al momento è in moderazione…

….   ….   ….   ….   ….   ….

“Scuole aperte, va bene: ma con quali docenti?
Con quelli che ci sono. Saranno anche pagati poco, ma sono pure l’unico settore professionale con due mesi di ferie….”

Ahahahah, brutta cosa è l’invidia!
Comunque, poi mi spiegherà, Signora sociologa, dove sono i DUE mesi di ferie. Le ferie dei docenti sono 32+4 giorni e stop. Nelle scuole secondarie i prof sono impegnati sino a metà Luglio per gli esami, nelle Primarie idem per varie commissioni di insegnanti e l’ultima settimana di Agosto si sta a disposizione dei dirigenti per formazione delle classi e organizzazioni orarie. Stamattina ero a scuola, scuola statale del sud, e c’erano 39 gradi. Munirete le aule di condizionatori o dovremo dire alle famiglie di portare i ventilatori e le borse thermos con l’acqua fredda? Già portano la carta igienica da casa e tra poco anche i gessetti…. Dovranno pagare anche gli straordinari dei bidelli? O dovranno pensarci le Amministrazioni comunali? Perchè la Buona(?) Scuola ormai si è capito come funziona…

Che le scuole possano diventare dei grest o centri estivi gratuiti (o no?) per i ragazzi non è fondamentalmente sbagliato, ma teniamo netta la distinzione tra attività scolastiche e attività estive (ripeto: con 40 gradi all’ombra) con del personale specializzato NON gratuito (animatori, educatori, professionisti specializzati) per attività varie, ludiche o di approfondimento giocoso, nei periodi in cui la scuola è chiusa allo studio. Lei che sa di sociologia mi insegna che il motivo per cui in tutto il mondo gli alunni (e anche i docenti) nelle scuole difficilmente passano fra i banchi più di 200 giorni all’anno è perché, molto banalmente, fargliene passare dentro la scuola a far lezione di più si è scoperto che non ha senso, anzi alle volte è controproducente.Lei mi insegna che il tempo del riposo, delle vacanze, dell’ozio buono produce un diverso tipo di apprendimento agli alunni (e anche agli insegnanti) necessario alla crescita.I tre mesi di “stacco” delle vacanze per i nostri alunni non sono “non fare nulla”: sono periodi in cui il loro corpo e la loro testa continua a muoversi, fa nuove esperienze, reinterpreta alla luce della crescita intellettuale e fisica quelle pregresse. Lei mi insegna pure che i ragazzini devono anche stare coi familiari. Sa, gli anziani zii, i nonni…spesso si incontrano solo d’estate e sono ricchezze di vita.Nel dolce far nulla, sovente i nostri ragazzi fanno tanto.

Buona estate, Signora Saraceno. Sereno relax.

Marirò

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DDL Vaccini obbligatori: come trasformare una giusta intenzione in una pessima legge

21 domenica Mag 2017

Posted by ili6 in Articoli, Politica, scuola, Senza categoria

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cultura del dubbio, DDL vaccinazioni obbligatorie, delirio, diritto decisionale genitori, migranti, minacce, obbligo, operatori sanitari, salute, sanzioni, scienza medica, scuola, vaccini sicuri

vaccini-obbligatori

Faccio parte della generazione di vaccinati per obbligo e faccio parte di una categoria a rischio per stretto contatto con bambini anche non vaccinati.

Per la prima categoria: ho qualche vivido ricordo delle vaccinazioni che avvenivano a scuola, le goccette amare dell’antipolio ingentilite da una zolletta di zucchero e l’antivaiolo fatta con un attrezzo che graffiava la pelle e lasciava una brutta cicatrice. Quest’ultima veniva fatta sul braccio, ma non ai “raccomandati”, e io ero una di questi, così dovetti recarmi dietro la lavagna, alzare la gonna e farmi graffiare la coscia. Mia madre riteneva che la cicatrice nella coscia fosse meno visibile che nel braccio. Il mio imbarazzo fu enorme anche perché la lavagna non mi protesse adeguatamente da certa nudità, dagli sguardi e dai risolini dei compagni. Oltre questo non accadde nulla di clamoroso né a me né ai miei compagni. Le malattie esantematiche le presi tutte e non serbo ricordi allucinanti.

Per la seconda categoria:  ricordo che sino al 1999 noi insegnanti  dovevamo controllare per ogni alunno iscritto i certificati medici che attestavano l’avvenuta vaccinazione e relativi richiami, poi bastarono  le autodichiarazioni dei genitori sulle vaccinazioni e tutto si doveva trascrivere sui registri di classe. Guai a sbagliare! I rimbotti dei direttori scolastici erano severissimi. Dopo più nulla. Le vaccinazioni persero l’obbligatorietà e noi insegnanti ci liberammo di un lavoraccio. Negli anni seguenti e non obbligatori  non ho notato nulla di evidente sulla salute generale degli alunni, se non una diminuzione delle malattie esantematiche, che comportano sempre almeno 10 giorni di assenza, e un leggero incremento di scarlattina e parotite. Negli ultimi due anni si è registrato un incremento  di herpes zoster e polmonite. Nessun alunno mi ha mai contagiato nulla, a parte l’influenza (cosa peraltro reciproca), ma ricordo gli enormi problemi di tre mie colleghe che furono contagiate dalla varicella e sesta malattia e che ebbero complicazioni lunghe e non indifferenti e si dovettero assentare dal lavoro per oltre un mese. La scorsa settimana un bidello della mia scuola ha beccato il morbillo.

Non sono un medico, sono una persona che si affida alla scienza e a quest’ultima riconosce gli enormi progressi fatti nel campo della salute e, riferendomi specificatamente ai vaccini, non si può non riconoscere negli Stati con vaccinazione obbligatoria la scomparsa di tremende malattie, ad esempio  vaiolo e polio. Non entro, pertanto, nella diatriba, anche medica, della pericolosità dei vaccini, scientificamente non provata, e mi basta constatare l’allungamento della vita.

Sul diritto decisionale dei genitori verso la salute dei figli ho, invece, le idee chiare. Un genitore può decidere di non far vaccinare il figlio nella misura in cui quest’ultimo non diventi, poi, un onere per gli altri e lo Stato. So che è forte e brutto dirlo così, ma questo è quanto. Il  genitore può anche assumersi la responsabilità di non far vaccinare il figlio per le malattie infettive a patto che lo faccia crescere sotto una stretta campana di vetro. Così non è,  quindi si ha il dovere di vaccinazione verso la salute del minore e verso la collettività e il sistema sanitario. Le malattie costano, si sa.

Un ultimo aspetto mi porta a essere ulteriormente a favore della nuova legge sulla obbligatorietà dei vaccini e riguarda i cambiamenti demografici cui stiamo assistendo.  Per non farla troppo lunga e dirla diretta… nei dati medici mondiali si legge ad esempio che per il morbillo sono proprio  i Paesi centro Africani ad essere oggi con minore copertura vaccinale. Molti di questi sono Paesi dove esistono fortissima instabilità politica o guerre e quindi le campagne di vaccinazioni sono quasi impossibili. Alcuni di questi sono in situazione epidemiologica seria e proprio da quest’ area arrivano i migranti che sbarcano in Italia, in assenza di qualunque regime di  screening sanitario o quarantena prevista. C’è quindi ragionato timore che presto  i dati sanitari di morbillo o altro, peggioreranno.

Sicuramente, però, mi lascia molto perplessa la violenza del nuovo DDL per i contenuti che esprime. Obbligare in poco meno di due mesi milioni di bambini e ragazzi a sottoporsi a 8-12 vaccinazioni, pena la non frequenza a nido e infanzia o salate sanzioni alle elementari, medie e licei, è allucinante, anche a livello organizzativo,  per le famiglie, per le aziende sanitarie e per le scuole. Minacciare, poi, presidi e insegnanti e soprattutto assegnare multe alle famiglie fino a 7.500 euro e decretare addirittura la possibile  sospensione della patria potestà per chi non vaccinerà, è aberrante.

E’ la “cultura del dubbio” sui vaccini che si è espansa in questi ultimi decenni a giustificare e rendere necessaria  tanta costrizione o, in assenza oggi di una vera emergenza sanitaria,  è solo l’incosciente fretta di legiferare di questi nuovi governanti in odore di onnipotenza?

Ora più che mai si rende necessaria una legge sì decisa, ma capace di informare, aggiornare, dare serenità, convincimento e  tempi adeguati a quanti sono ancora nel dubbio delle vaccinazioni e all’entourage organizzativo.

Minacce e terrore non hanno mai fatto bene a nessuno.

Ah, scordavo: pare che anche gli insegnanti  e gli operatori sanitari (e anche gli impiegati pubblici) avranno l’obbligo di vaccinarsi. E chi non vorrà farlo? Sarà licenziato. Punto.

Separazioni e figli minori

17 venerdì Feb 2017

Posted by ili6 in Articoli, Senza categoria

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Tag

divorzio, figli in tenera età, impegno di vita, insicurezze, rabbia e violenza, scuola, sensi di colpa, separazioni, socialità

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Li pesterei. Certi genitori li passerei al frullatore! Specie certi padri, perché sono spesso i padri a determinare uno sfascio familiare. Mettono al mondo dei figli, tre-quattro, e poi divorziano perché all’inseguimento di emozioni e pulsioni nuove. No, mi spiace: hai messo al mondo due- tre-quattro figli? Bene: hai preso un serissimo impegno di vita, molto serio e ora, che ti garbi o meno, questi figli li farai crescere insieme all’altro genitore, quanto più possibile in armonia, fino a che non saranno abbastanza corazzati da affrontare una separazione. (Si arriverà mai a questa corazza? Non lo so, ma lo spero.)

Anche un solo figlio in età infantile-adolescenziale regge il mio ragionamento, ma quando i figli sono tre-quattro indicano che ci fu (un tempo) una chiara e consapevole scelta di costruzione di famiglia e ora questa famiglia, che ti ha stufato, che ti è venuta a noia, che non ti basta più perché magari all’orizzonte c’è altro, ora questa famiglia te la tieni e la tratti anche coi guanti gialli! Le conseguenze che si disseminano, con tanti figli piccoli lasciati a mamma e nonna sono anche di tipo economico. Non tutti sono Trump o Berlusca. E non tutti sanno separarsi con consapevolezza, garbo e rispetto reciproco, mantenendo una accettabile unitarietà familiare. Le conseguenze sono soprattutto sui piccoli che improvvisamente diventano fragili e insicuri, che si caricano di colpe, rabbia e violenza, che si sentono sbilanciati e perduti, nonostante gli sforzi che può riuscire a  fare il genitore con cui restano. L’altro diventa il genitore della domenica, del weekend quando va bene, quello delle giostre e dei popcorn, del cellulare e della nuova fidanzata di turno da imporre. No, troppo comodo, mio caro…prenditi tutte le amanti che vuoi, ma finchè i tuoi figli, quelli che anche tu hai contribuito a mettere al mondo, non raggiungeranno una certa età e maturità, la sera starai a casuccia e non squilibrerai il baricentro della loro giovanissima esistenza! Quando, poi, cresceranno, potrai andartene a zappare dove vorrai!

So di essere dura, durissima, ma assisto quotidianamente alla forte sofferenza di alcuni bambini in questa esatta situazione e alle conseguenze a livello affettivo, sociale e scolastico.

L’ultimo caso, avvenuto lo scorso anno, mi ha fatto saltare la mosca al naso quando il padre è venuto ad avvertirmi della separazione e della probabile reazione violenta che il figlio avrebbe manifestato visto che, più dei due fratelli, non aveva accettato questa nuova situazione. Ha voluto precisare che non c’erano altre donne e che sarebbe stato molto vicino al figlioletto ora che lui era più sereno. Sì??? Il padre non si era accorto che il figlio aveva capito da tempo il problema e che era già in esplosione da timore. Non poteva accorgersene, era distratto da altro! Per le problematiche scolastiche, soprattutto a livello di socialità, che non sono poche, il mio unico riferimento rimasto è la madre e l’altro giorno, a un mio accenno, mi ha testualmente detto :- “No, maestra, non mi dica nulla, non so più dove sbattermi la testa. Sappia che se a scuola fa quattro a casa fa otto. Questo è il numero di telefono di suo padre, chiami lui, unico responsabile della caduta verso il basso dei figli!”

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