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Marirò

~ "L'esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque"

Marirò

Archivi della categoria: un pò di me

Per favore, un like…

16 mercoledì Giu 2021

Posted by ili6 in Articoli, Senza categoria, un pò di me

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beach soccer, blog, cuore di mamma, emozioni, estate, facebook, pandemia, ritorno alla normalità, scuola

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Una settimana fa, prima pizza in pizzeria dopo un lungo intero anno: ero emozionata. Il contesto, inoltre, era perfetto: sul lungomare, noi due soli, sotto le stelle.

Eravamo in pochi nel piccolo spazio all’aperto della pizzeria, quasi timorosi l’un l’altro. Distanziamento tra i tavoli discreto, zona tavoli max 2 e zona tavoli max 4. Tendo a confondermi con le regole che cambiano in continuazione e coi colori che vanno e vengono, quindi mascherina fpp2 rigorosamente indossata e tolta solo all’arrivo delle patatine: non riesco ancora ad abbassare la guardia nonostante sia vaccinata con doppia dose e continuo a guardare storto chi non si comporta secondo le regole. Ci vorrà tempo per abbassare le difese, la pandemia mi ha turbata.

Mentre consumiamo la pizza, buona, anzi ottima per quel gusto in più chiamato “ritorno alla normalità”, notiamo una giovane signora che si ferma a discutere tra i vari tavoli con il cellulare in bella vista. Non ha fiori in mano da vendere, né oggettini vari. Parla coi clienti che iniziano a smanettare coi cellulari. Penso a una intervista, a un sondaggio, non so. Lo scopro quando arriva al nostro tavolo.

-Scusate, avete Facebook?

-Io no, mio marito.

Si rivolge, così, a mio marito:

-Per favore, mi serve un like. E’ per mio figlio, per un suo disegno sul beach soccer, il liceo deve scegliere il logo, vince il disegno che prende più like entro le 21.00 di stasera. Ho chiesto a tutti i miei amici e parenti, a tutti i gruppi Wapp che conosco, non so più a chi chiedere e l’altro disegno è in vantaggio. Mio figlio ci tiene tantissimo così non sono riuscita a stare ferma e sto girando tutti i locali, ho altri dieci minuti di tempo per aiutarlo.

Ha la voce tremula e concitata, chiaro che ha fretta di andare nelle altre due pizzerie vicine: -Per favore…la concorrenza è agguerrita…non ho più tempo…

Mio marito prende il cellulare, si fa guidare dalla signora e mette il like al disegno. Lei ringrazia e corre verso l’altra pizzeria.

Alcuni giorni dopo ho cercato sul web il sito del liceo che frequenta il ragazzo e ho scoperto che il suo disegno ha vinto il concorso per una manciata di likes in più rispetto al disegno rivale. Con la vittoria lo studente si aggiudica la partecipazione gratuita alle gare, pubblicazioni, interviste, notorietà paesana. E felicità.

-Cuore tecnologico di mamma- ha commentato mio marito.

Beh, il disegno che ha vinto è carino, l’iniziativa pure, il cuore tecnologico di mamma è pur sempre un vero cuore di mamma, ci sarà un ragazzino felice, la scuola è finita, si torna al mare e in pizzeria, riprendo il blog.

L’estate è arrivata! 🙂

All’autunno si penserà poi.

“La dirai una preghiera per me?” “No, non la dirò.”

14 giovedì Giu 2018

Posted by ili6 in Articoli, costume e società, Senza categoria, un pò di me

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ambizione, colleghe..., Concorsi e carriere, insofferenza e intolleranza, ma vai a quel paese!, orticaria, preghiere comunitarie, richieste di miracoli

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Ci sono cose e situazioni che mi fanno venire l’orticaria e risvegliano in me quella parte di insofferenza e intolleranza che mi fa andare letteralmente in bestia.

Stavolta si è trattato di  una mia collega cinquantenne che l’altra mattina, mentre bevevamo un caffè accanto al distributore,  mi ha chiesto di pregare per lei. Mi sono subito allarmata, non sono richieste che si fanno così per farle e di solito dietro ci sono problemi seri e le ho chiesto se andava tutto bene. Lei mi informa  che sta per affrontare un importante concorso e che superarlo sarebbe un miracolo. Per questo mi chiede di pregare.

Non so se ridere o piangere. “Ma stai scherzando? Chiedere una grazia, un miracolo, è una cosa molto delicata e seria per chi ha fede, lo sai, vero? Chiedi preghiere per superare il concorso direttivo? Beh, sono sollevata, per un attimo ho temuto cose gravi. I miracoli, mia cara,  si chiedono per la salute o per situazioni molto importanti,  il resto conta poco.”  Mi risponde che per lei è una cosa seria, che lo sta facendo per la salute di suo marito che si sta stressando a dover fare due viaggi all’estero ogni anno per l’azienda dove lavora.  Stavolta la risata mi scappa davvero e le suggerisco di non proseguire con questo discorso. Le dico di  affrontare il concorso con impegno e attenzione, ma anche con il dovuto distacco visto che un lavoro dignitoso comunque ce l’ha e ce l’ha anche suo marito e sua madre gode di due pensioni. “Lascia stare le richieste di  preghiere per cose molto diverse, sperando non accadano mai.” Mi risponde candida: “ Tu non comprendi: più gente pregherà per me e più alte saranno le possibilità che io superi il concorso. Per questo ti chiedo di pregare per me.”

Conoscendola bene,  lascio correre e, per tagliare il discorso,  le dico che ci penserò su,  ma lei insiste:”  Io credo nella potenza della preghiera comunitaria. Potrò contare sulla tua preghiera?” Vuole una risposta immediata e così, dopo aver contato fino a cinque, l’accontento e le  rispondo di no, non pregherò per il suo concorso, ma se può aver bisogno di qualcosa, libri, riviste, ricerche,  sarò disponibile.  Poi aggiungo: Forse sai che nella mia classe c’è bisogno di milioni di preghiere per una bimba che è ricoverata al reparto onco…”

Non mi lascia finire, dice un velocissimo: “Sì, certo, contaci, ciao.” e va a raggiungere di fretta un’altra collega. Completo di bere il caffè da sola e mi accorgo che non ha quel sapore  cattivo che ricordavo.

Tu sei, tu sei…sei….tu!

26 venerdì Dic 2014

Posted by ili6 in Articoli, Intrattenimento, un pò di me

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che credevi??, ehehehe...

Lo sto facendo adesso, mentre scrivo.

Lentamente, ma con consapevolezza, ti prendo. Ti accarezzo un attimo e poi con delicatezza  ti  spoglio e ti  guardo. Sei bello anche nudo. Poi inspiro il tuo profumo e  mi avvicino. Ora sei dentro. Chiudo gli occhi: meravigliosa, unica sensazione! Sei  avvolgente, inebriante, sensuale. Dolcemente gioco con te: sontuoso, potente, gratificante, sei la mia rovina, ma anche la mia estasi. Ti apri piano piano e ti riveli nel tuo più intimo, con prorompente forza e infinita dolcezza e  inondi ogni angolo.  Arresa, mi lascio trasportare senza riserva alcuna nel tuo magico paradiso dei sensi.

Non smettere, non finire! Con me, per sempre in un vorticoso gioco  che sa di te, unico e irripetibile!

Tu, tu che  sai rendermi cattiva, gelosa, colpevole, peccatrice, sarai la mia tragedia. Lo so.

Di te vorrei dire, a te vorrei osannare, con te vorrei stare, ma non posso, non posso proprio e tu sai il perchè. Le nostre fughe clandestine, nascoste, segrete, proibite, mi danno brividi di piacere che non immagini nemmeno. Sono momenti brevi,  furtivi, divini. carichi di  lussuriosa intensità.

…   …   …   …   …   …

Sei andato, ma sai già che resti in me. A lungo. Perché tu sei,  tu  sei,…sei semplicemente  tu !

😉

Il pane integrale

06 mercoledì Ago 2014

Posted by ili6 in Arte, emozioni, Fotografia, Senza categoria, Terra mia, un pò di me

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Isola Bella, mare, marito e moglie, pane integrale, Salvador Dalì, Sicilia

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Salvador Dalì – Cestino di pane

Non lo sopporto, non mi piace proprio il pane integrale. E tu lo sai! Da trenta e passa anni lo sai, cavolo! E che fai? Mi fai trovare nel cestino il pane integrale! Ma non conto proprio nulla, eh! Oh, lo so, ora mi dirai che è buono, che fa bene all’intestino, che qua, che là :DETESTO. IL. PANE .INTEGRALE., chiaro?!? Sa di pollaio, di galline, di canigghia!

Avevamo concordato un pranzo light: insalata, mozzarella, prosciutto e melone, tanta frutta. Troppe pizze e fritture, troppi gelati in questi giorni , così niente cibi pesanti e mattinata tutta da dedicare al mare. Ti  avevo chiesto di comprare due panini prima di andare dal meccanico. Nel frattempo avevo preparato con cura una bella insalata, non una cosa così, non un assemblaggio di erbe a come capitava. Mi sentivo  serena, in vacanza, felice per non dover cucinare e avevo deciso di apparecchiare bene la tavola e di usare tovaglia e  piatti belli, anche se eravamo solo noi due. Siamo importanti noi due. Così, invece dell’insalatiera  pirex avevo tirato fuori il vassoio di cristallino, divertendomi a sistemare le verdure, stando attenta ai colori e alla consistenza: una striscia di lattuga belga, una di cetrioli, poi il radicchio seguito dalla linea di pomodori. Il giallo del mais stava bene accanto al rosso dei pomodori e all’arancio della carotina julienne. Ad arte, poi, avevo distribuito  le ciliegine di mozzarella e i ciuffetti di indivia riccia: quel vassoio sembrava un quadro di Mondrian! E non parliamo del prosciutto e melone  sistemato come fosse il più bel  tulipano olandese! Ma al momento di preparare il pane …mi sono crollate le braccia e le spalle, cavolaccio a te!

Non sono esigente a tavola, saranno due o tre i cibi che non gradisco e tra questi tutto ciò che è integrale: dalla pasta al pane, dai biscotti alle gallette …bleah…. A te piace l’integrale e non negarmi che almeno due volte a settimana compro il panino o il grissino integrale PER TE. Per me qualsiasi tipo di pane, bianco, di semola, soffiato, intrecciato, lungo, tondo, schiacciato, non importa, qualsiasi cosa purchè non integrale.

E ora che faccio? Che mangio?? Come si fa a mangiare un’insalata senza pane?!? Perché io quel coso scuro e molle non lo voglio manco vedere a tavola! Guerra!guerra! ora scateno una guerra!

Torni a casa e sei stanco e accaldato, mi comunichi subito che il costo di riparazione dell’auto non è spaventoso e si vede che sei sollevato.  Io intanto  sto muta come un pesce anche se le notizie dell’officina mi rincuorano. Ti cambi, ti siedi a tavola:

-Allora, che si mangia? Oh, che bella tavola! E’ festa?

Con fare scenico degno di Rosina Anselmi, deposito sulla tavola le portate una alla volta e alla fine il cestino del pane, proprio sotto il tuo naso. Mi siedo di fronte a te e gioco col tovagliolo. Ti servi, condisci l’insalata, spezzi un panino.

-Quindi l’auto si può riparare facilmente?

-Per fortuna sì e ce la possiamo fare con modica spesa, temevo molto peggio. Sono momenti difficili per tutti, anche per noi, lo sai. Ma non mangi? Era caldo il mare stamat…

Ti alzi di botto, fai cadere la sedia e vai verso la porta di ingresso. Ti corro dietro.

-Dove stai andando??

– Ho sbagliato a comprare il pane! Il supermercato sarà ancora aperto.

-Ma vieni qui, torna a tavola. Che vuoi che sia un panino integrale… e poi  col marino sarà anche buono. Lo dice persino quella pubblicità…

-Davvero?

-Davvero.

Ci sediamo, condisco l’ insalata, spezzo il panino e ne mastico un po’. Tu mi guardi inghiottire con quegli occhi che con tutta la luce che c’è nel terrazzo sembrano ancora più cerulei e aspetti…

-Eh, mangiabile, dai, …direi buono, sì…

Sorridi.

-Allora col marino  possiamo usare questo pane : ottimo!

-Sì, certo. Per  O G G I  sì.

??????????

 Isola Bella – Taormina – Sicily

Con questo semplice, e forse banale, ma anche no, spezzone di quotidianità familiare vi lascio per  un po’ e auguro a tutti un buon proseguo d’estate e un felice e stellato Ferragosto. 🙂

Marirò

La ginestra

25 venerdì Apr 2014

Posted by ili6 in Articoli, emozioni, natura, Orrore, pensieri, Senza categoria, Terra mia, un pò di me

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25 Aprile, campi di sterminio, famiglia, ginestra, ginestra dell'Etna, natura, papà, partigiani, ricordi, vita

ginestra

Parco dell’Etna – Genista Aetnensis – (foto web)

In questo periodo le zone dell’Etna sono già un trionfo di colori, soprattutto di giallo, grazie alla ginestra, che spicca un po’ovunque. La ginestra è una pianta, meglio dire un albero, perché la Genista Aetnensis, a differenza degli arbusti che si notano in tutto lo Stivale italiano,   raggiunge a maturità gli 8-10 m di altezza per 8 di ampiezza, un albero, quindi, che mi è sempre piaciuto. Ne ammiro l’umiltà e la semplicità, la luminosità e l’intenso profumo dei fiori, la capacità di adattamento ai terreni più poveri, più impervi e alle condizioni atmosferiche più crude. Inoltre è una pianta pioniera, capace di colonizzare e iniziare un percorso  di rimboschimento, sbriciolando, con le sue radici, il  duro basalto.

Non c’è primavera che io non vada a raccoglierne qualche ramo. Anche quest’anno  sono andata a rubare a Madre Terra, un po’ delle sue meraviglie e l’ho fatto nella zona di sempre, una zona dove da bambina coi miei genitori  andavo” a ginestre”.

In realtà non si andava solo a raccogliere fiori , ma anche a visitare il  Santuario della Madonna della Sciara di Mompileri e la sua grotta con l’antica statua della Madonna che fu risparmiata dalla violenta eruzione del 1669. La mamma  raccontava la storia del santuario, la distruzione, il ritrovamento della statua “là, sotto un fiore giallo”, la ricostruzione;  papà invece raccontava vicende della sua cattura di partigiano e della salvezza prima di arrivare al campo di sterminio. Non so quale delle due storie ogni anno preferissi ascoltare, so che mi piacevano entrambe, anche se le conoscevo quasi a memoria. E mi piaceva quel mazzetto piccolo di ginestra che mio padre, dopo essersi arrampicato sulla sciara più brulla per raccogliere i fiori gialli più belli, mi donava.  I mazzetti erano tre: due piccolini per le figliolette e uno un po’ più grande per la sposa.

Era un rito quello di “andare a ginestre”, un rito che mio padre amava fare ogni 25 aprile; era il suo modo di ricordare un salto da un treno e l’amorevole ospitalità di una famiglia veneta che lo curò, lo nascose e lo protesse dal campo di sterminio.  Era il suo modo di festeggiare la vita che la ferocia e la stupidità umana gli stavano togliendo e che era riuscito a riprendersi.

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Foto web – Fonte NikonClub.it

Alle porte di Parigi

13 lunedì Gen 2014

Posted by ili6 in Arte, Articoli, I miei racconti, Intrattenimento, Senza categoria, un pò di me, Viaggi

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coppia, gabbie mentali, lavavetri, Parigi, sfida, viaggiare, vita

Erano giovani, forti, innamorati, carichi di passione, di entusiasmo, di curiosità e voglia di crescere, sperimentare  e costruire. Amavano viaggiare e quel pomeriggio di agosto si trovarono nel parcheggio di una grande strada, una  piazzola tra gli alberi  alle porte di Parigi. Partiti quasi 48 ore prima con la loro 128 bordeaux,  avevano viaggiato ininterrottamente, alternandosi alla guida e riposato poche ore qua e là. Erano stanchi e sudati, ma con l’entusiasmo alle stelle perché ormai Parigi era dietro l’angolo e stava per accoglierli. E loro volevano essere in forma per il primo contatto con la città degli innamorati. Per questo avevano deciso di fermarsi  un’oretta e quello spiazzo era ideale perché ombreggiato e munito di  patisserie, boulangerie e toilette.

Consumarono due  baguettes con insalatina e formaggio e qualche bisquit. Poche ore dopo  sarebbero andati a Montmartre a gustare una soupe à l’oignon, quindi quello spuntino era più che sufficiente. Misero un’audiocassetta di Johnny Hallyday e chiusero gli occhi. Ma erano troppo stanchi e troppo eccitati per poter  riposare: Paris, Paris, Paris!

Fu lei a fare quel pensiero strano dopo essersi guardata attorno: c’erano una decina di auto posteggiate come la loro, con automobilisti in riposo. La controra era pesante anche per i francesi.

– Saresti capace di chiedere soldi alla gente? Non deve essere facile, ma ho voglia di provare.

-Che cavolo dici?

-Le vedi quelle auto? Ora guarda me, sono vestita perfetta per sembrare una lavavetri: gonna lunga a balze fiorite, top leggero, zoccoli. Sono sudata e spettinata al punto giusto, stanca, giovane, carina, straniera e nel cofano abbiamo il panno di daino e il Vetril. Provo?

-Ma sei ammattita o cosa?!?

-Dai, non ci conosce nessuno, abbiamo persino l’auto con targa del profondo sud. Mi scambieranno di certo per una elemosinante.

-Ho capito, ti stai sfidando. Non ce la farai. E poi ti pare giusto disturbare gli altri? Guarda, quello sta dormendo, quei due si stanno abbracciando. Ma smettila, su! Comunque sarebbe un imbroglio!

– Dici che non riuscirò, vero? Tu lo faresti?

-No, mai. E nemmeno tu. Potrebbero anche rimproverarti,  inseguirti, umiliarti.

-Lo so, ma ci sei tu a sorvegliare. Nel caso accendi il motore e fuggiamo a razzo. Potrà essere persino divertente!

-Ma smettila!

-Dai, è per gioco, per  sfida con me stessa e se riesco a raccogliere degli spiccioli stasera  li lasciamo alla chiesa del Sacro Cuore.

-Non hai la faccia da mendicante. Non sarai convincente e sono certo che non ce la farai.

– Ma non chiederò elemosine, laverò i vetri delle automobili. Non ce la farò?

-No,  non sei costretta a farlo per fame e la tua gabbia mentale non te lo permetterà.

-Forse hai ragione tu, ma voglio provare. Comincio con quel macchinone nero.

Senza dargli tempo di rispondere, lei scese dall’auto e prese dal cofano pezza e detersivo. Poi si avviò con passo incerto  verso quell’auto. Dentro c’era una coppia che dormiva col capo reclinato sui poggiatesta dei sedili. Lei si fermò.  Sapeva cosa doveva fare: avvicinarsi al parabrezza, spostare le spazzole e iniziare a lavare il vetro che non era nemmeno tanto sporco. Sapeva cosa fare ma non sapeva come fare, come iniziare: due passi, doveva fare solo due passi e sarebbe arrivata al parabrezza. Cosa sono due passi? Niente, ma a volte tutto.

-“ Non è per nulla facile, cavolo!”

 Iniziò ad inzuppare il panno con quel liquido azzurrino e rimase ferma  sulla fiancata dell’auto, all’altezza del guidatore, ferma come un’ebete e  con quello straccio bagnato in mano. L’uomo  dentro l’auto dovette avvertire la sua presenza perché girò la testa e aprì gli occhi. I loro sguardi si incrociarono e dopo un attimo lei vi lesse un’alterigia spaventosa: uno sguardo altezzoso frammisto a freddezza che si fece torbido quando fissò il suo top scollato. L’uomo, senza spostare lo sguardo dal suo seno,  alzò lentamente una mano, indicando il parabrezza in segno di gelida condiscendenza.

Lei fece un passo e  si paralizzò. Poi sentì che qualcuno l’afferrava  per un gomito. Era suo marito.

-Ti stavo aspettando- disse lei con una voce lieve e turbata.

-Sono qui- rispose lui con voce inquieta, ma anche rassicurante- Andiamo, Parigi ci sta aspettando.

Pisarro-the-boulevard-montmartre-at-night-1897- Camille Pissarro – Boulevard Montmartre di notte – 1897- National Gallery, Londra

Il torrone

19 giovedì Dic 2013

Posted by ili6 in Articoli, emozioni, Musica, Natale, Senza categoria, un pò di me, Video

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amicizia, auguri, dolci della tradizione, famiglia, Natale, papà, ricordi, Sicilia, torrone, vita

Quell’odore inconfondibile di mandorle caramellate l’ho avvertito l’altro ieri. Per strada. Proveniva da una piccola casa a pianterreno con le porte di legno dipinte di bianco. Una casa che assomiglia a quella della mia primissima infanzia.

Oh, come riconosco quell’odore! C’è ancora oggi chi a Natale prepara il torrone, quello duro  che sa di mandorle  e  miele di zagara, quello che puoi mangiare  se hai una dentatura forte e sana, quello che ancora oggi, se hai la fortuna di trovarlo a casa di qualcuno e lo sciogli in bocca, ti regala  il gusto di una  carezza.

E l’altro ieri mi son chiesta se in quella casetta ci fosse una lastra di marmo bianchissimo ricoperta di foglie di limone dove stendere l’impasto di mandorle, zucchero e miele per dargli forma e farlo raffreddare. Mi son chiesta se quel torrone lo stesse preparando un papà, magari con addosso una vestaglia di lana beige e sopra il grembiule a fiorellini della mamma. E chissà se quel papà stava fischiettando durante la preparazione. Il profumo era intenso, si avvertiva anche l’odore della buccia d’arancia e sapeva di buono. Sì, sì,  quel torrone  lo stava sicuramente preparando  un  papà e  si stava  facendo aiutare dalla figlioletta per togliere le bucce alle mandorle appena tuffate nell’acqua bollente. E per dare forma e tagliarlo a pezzetti stavano usando un coltellaccio e il pesante mortaio di ottone? Sì, sicuramente sì e la bimba si stava divertendo  a dare pugnetti al mortaio per facilitare il taglio. A rombi, lo stavano tagliando sicuramente a piccoli rombi e il suo papà le diceva che era brava e forte.  E sono sicura anche che in quella casa in queste serate  si giocherà al mercante in fiera o a sette e mezzo  e saranno in tanti attorno a un tavolo a sgranocchiare quel torrone tra rosolio alla cannella, chiacchiere e risate. E la bambina sorriderà felice quando il suo papà le dirà orgoglioso che  era stata bravissima ad aiutarlo in cucina.

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Foto web

Sai, papà, l’altro  pomeriggio stavo per bussare a quella casa per chiedere un pezzetto di quel torrone. Ne avevo un forte desiderio, ma mi sono trattenuta. Già l’odore, però, è stata una carezza. Ricordi che ti chiedevo di aggiungere la “ciuciulena”? E tu a dire no, che il signor torrone non la voleva ! E poi mi correggevi: “Ciciulena”, Tichi, si dice ciciulena. E io a ripetere- ciuciulena-.  Non che mi piacesse  il sesamo, mi piaceva fare quel gioco di suoni con te.

-Ciuciulena, ciuciulena, ciu, ciu!

-Ciciulena- ripetevi sorridendo-ciciu.

-Ciu, ciuciulena, ciuciu, ciuciu! –e facevo la linguaccia e correvo attorno al tavolo e tu facevi finta di inseguirmi col mestolo che colava di caramello.

 Mi dicesti, quell’ultima volta, che dovevo stare attenta e che presto avrei dovuto prepararlo io quel torrone. Quasi un presentimento, il tuo.  Fui attenta, ma nei  Natali che vennero dopo non volli mai  prepararlo perché ho sempre voluto tenere quegli odori, quei gesti, quei sapori, solo tuoi.  Tuoi e miei. Le volte che in alcune ricorrenze  lo trovo fatto in casa da amici, da parenti, lo assaggio volentieri, preferendolo ad altre prelibatezze dolciarie e torno indietro nel tempo. Ed è un dolcissimo tornare.

Buon Natale, papà, dalla tua Tichi.

Sereno e Dolce Natale a tutti voi, amici di questo blog, e ai vostri cari.

Marirò

E sorridi. E sorrido.

07 giovedì Nov 2013

Posted by ili6 in emozioni, Intrattenimento, Senza categoria, un pò di me

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Manca poco alle 18.00, prendo le chiavi di casa tua e vengo a trovarti. Non ho molto tempo, ho troppe cose da completare entro la mezzanotte, ma voglio vederti, sapere come stai, parlare un po’, farti un attimo di compagnia.

La casa è al buio; ti cerco in cucina, in camera da letto, persino nel bagno e infine ti trovo in salotto. Sei sdraiata sul divano piccolo e stai dormendo vestita e con un leggero plaid sulle gambe. Non so se svegliarti, lasciarti riposare, andar via in punta di piedi o aspettare il tuo risveglio. Non ho  molto tempo…

So già cosa mi diresti: “sempre di fretta…fermati, respira, pensa a te…”. Ti guardo e ti vedo così minuta, così delicata, piccola. Mi siedo nel divano accanto e ascolto il tuo respiro che si avverte appena. Hai sempre avuto un respiro leggero, calmo, soave. Guardo le mie gambe, le caviglie sono leggermente gonfie, levo le scarpe e mi stendo: dieci minuti, solo dieci, non uno in più e nel frattempo ti sveglierai.

Non riesco a tenere gli occhi chiusi, mi gira tutto attorno. Forse c’è troppo odore in questa stanza. Quei lilium sul tavolo hanno un profumo intenso, invasivo. Continuo a guardarti e ad ascoltare il tuo respiro. Sei immobile e il tuo sonno sembra profondo. E’ un sonno che conosco anche se raramente abbiamo dormito nello stesso letto. E’ successo alcune volte e chissà se le ricordi. Accadeva quando avevo qualche malessere, quando ero inquieta, quando dovevo prendere delle decisioni importanti o affrontare prove impegnative che mi toglievano il sonno. Mi alzavo nel cuore della notte e mi infilavo nel tuo letto. Forse era il ritmo calmo del tuo respiro, non so, ma mi acquietavo e addormentavo e al mattino tu non dicevi nulla, non chiedevi, non curiosavi, ritenendo quel mio spostamento notturno, dalla mia cameretta al lettone, come una cosa normale, naturale. E poi sapevi che delle mie preoccupazioni te ne avrei parlato io. Dovevi solo aspettare e tu hai sempre saputo aspettare.

E’ un momento di inquietudine anche questo, di agitazione, stanchezza fisica e mentale, sonno irregolare. Non so il perché: mi hanno sfiancata tutti quei lavori di muratura in casa, il lavoro a scuola non è agevolato dal caldo che persiste, la tua fragilità mi preoccupa. Ci sarà altro? Guardo i tuoi capelli color argento e mi pare che tu li abbia avuti sempre così, ma no, non è così. Sei stata bruna per molto tempo, tanto tempo: tu mora, papà biondo e le vostre figlie una nera e una bionda.  Da te non ho ereditato il colore,  però penso di aver preso una buona dose di cheratina visto che pian piano sono diventata castana e oggi avrò si e no una trentina di capelli bianchi. Meglio così, posso allontanare ancora il tempo delle tinture…

…

Sto sentendo improvvise ondate di calore alle gambe e istintivamente inizio a scalciare. Sono anche sudata e penso che dovrò fare qualche indagine perché è strana questa cosa. Poi con un sussulto mi metto a sedere, apro gli occhi e noto che ho addosso un plaid di pile. Non capisco, tutto è buio attorno a me. Un odore forte e deciso di cavolfiore mi stordisce…

-Oh, mio Dio, che ore sono?!

Capisco di essermi addormentata, mi alzo e seguo l’odore nauseabondo del cavolfiore.

-Come stai?-  mi chiedi mentre togli il cavolfiore dalla pentola e lo sistemi in due grandi ciotole.

-Sono le 20 e trenta!!

-Sì, ti ho trovata sul divano che dormivi quando mi sono svegliata. Qualcosa non va?

-No, tutto bene, ma perché non mi hai svegliata? E’ tardissimo ed ho mille cose da fare!

-E tu perché non hai svegliato me?

-Riposavi così bene…

-Beh, anche tu…

-Poichè si faceva ora di cena ho pensato di dividere questo con te – dici, porgendomi una ciotola con la verdura lessata.

Sono un po’ imbambolata, non ci voleva questa pausa.

O forse sì.  

– Ma quel plaid? Sono accaldata. Ci saranno 25 gradi stasera…

E tu: -Mai dormire…

– …coi piedi scoperti…-  concludiamo all’unisono.

 E sorridi. E sorrido.

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Gustav Klimt – Madre con bambini

Quando il troppo stroppia

07 sabato Set 2013

Posted by ili6 in Articoli, Intrattenimento, natura, Senza categoria, Terra mia, un pò di me

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??????????

Questo è il cesto che mio marito ha portato ieri. Uguale a quello dell’altro ieri e a quello dell’altro ieri ancora. Quattro giorni fa furono due cassette della frutta. Stracolme di porcini, ovuli e cappellini.

E’ così dal 22 di agosto e io non ne posso più! Non oso quantificare in chili. Quel cesto pieno ne contiene 7-9  di chili. Tutti porcini dell’Etna e di qualità eccellente. Pochissimi sono stati quelli che ho dovuto eliminare per troppi vermetti o per muffe.

Le piogge e le condizioni atmosferiche favorevoli stanno creando una sovrabbondanza di crescita di funghi sul vulcano ed è scoppiato il delirio in tutta la zona etnea. I paesi al mattino si svuotano perché sono tutti per boschi e ovunque vedi auto di gente di fuori regione per la raccolta. Lui, mio marito, è un grande appassionato ed esperto di funghi. Ha frequentato vari corsi di micologia ed è in possesso di regolare tesserino nominativo regionale,  in qualità di fungaiolo amatoriale. Non potrebbe, quindi, raccogliere più di 4 kg al giorno di funghi. E invece…

-Ma non ci sono controlli? Superi di gran lunga il consentito!

-Controlli? Hai presente la via Etnea di sabato sera? Ecco, nei boschi in questo periodo c’è il doppio di folla in cerca funghi! E poi io sono proprietario di un terreno boschivo e posso sempre dire che li ho raccolti lì.

Non c’è speranza…anche perché ha un’abilità  incredibile: se nell’intero bosco ci sono 100 porcini, state certi che  lui ne trova 90!  Rinuncia al mare, rinuncia al cibo, al sonno e a tutto, persino al lavoro, facendo poi sfiancanti recuperi serali, torna dai boschi fisicamente distrutto, ma divertito e felice. E riparte all’aurora dell’indomani.

Ed io? Io sto scoppiando! Non posso più nemmeno sentirne l’odore! Mi piacciono i funghi, li apprezzo, ma il troppo stroppia davvero e ieri gli ho detto che vada pure dove vuole, ma che non porti  nemmeno il più piccolo  porcino a casa per almeno 6 mesi!

Li ho preparati in tutti i modi che so: trifolati, grigliati, al forno, con cipolla e pomodoro, a zuppa, a crema, col riso, con la pasta, con carne e pesce, con le verdure, con le crepès, con la sfoglia, a cotolette, a polpette tonde, a polpette ovali, rettangolari e quadrate! E il mio fegato tra non molto scoppierà!

Ne ho pulita e congelata una quantità mostruosa, (interi pomeriggi a lavorare!) riempendo il freezer e il congelatore verticale. Non amo conservarli secchi né sott’olio e nel  congelatore non c’è più  spazio utile nemmeno per un sacchettino di 300 grammi.

Li abbiamo regalati a piene mani ai parenti,  agli amici, ai colleghi, agli amici dei nipoti, agli amici degli amici, ai vicini di casa, persino al medico e al prete della  parrocchia. Non mi rimane che regalarli a voi, amici di  blog. Temo, però, che la spedizione, coi proverbiali tempi lunghi che abbiamo al sud, sarebbe  alquanto deleteria per questi delicati doni della montagna.

In pausa

11 giovedì Lug 2013

Posted by ili6 in Senza categoria, un pò di me

≈ 26 commenti

Mi fermo un po’. Non perchè vado in ferie chissà dove, già sono in ferie e quando sono in ferie ho anche più tempo per scrivere. Ma ho un attimo di stanca e sento che dopo 337 post…mamma mia…mai lo avrei creduto quando iniziai la vita di blogger…ho bisogno di un break. Continuerò a leggervi e magari tornerò a scrivere prima del previsto. O forse no. Forse con qualche cambiamento.

Non so…

So, però, che a Marirò mi sono affezionata e che Marirò si è affezionata ad ognuno di voi amici che in tutti questi anni mi avete letta e commentata. Grazie a tutti e felice estate a voi e ai vostri cari.

Vi lascio questo bel video che sicuramente conoscete. Fa sempre bene guardarlo e magari diffonderlo perchè è proprio vero che se desideriamo che questo mondo migliori, noi, nessuno escluso, ne siamo i primi protagonisti.

Un sorriso,

Marirò

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