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affido, blogger, compleanno blog, crisi di panico, diario di una maestra, impotenza, istituto dei minori, maestre, pc, Piccolo Principe, primo post, scuola, suore, vita
La scorsa settimana sono capitate alcune cose che, lette in un certo modo, possono definirsi coincidenze atte a farmi pubblicare questo post. E’ stato il mio primo scritto affidato all’etere quando non avevo un blog e non ero una blogger. Un post pubblicato nel blog di Lucetta, carissima amica, che invitò i suoi lettori non blogger a scrivere qualcosa da lei in un’apposita sezione che si perse quando ci fu la migrazione da WL a WP e che sparì dal mio vecchio computer quando fu traumatizzato da un fulmine.
La scorsa settimana ho finalmente cambiato quel pc che aveva fatto sparire tanti file. Il tecnico ha ritrovato ciò che era rimasto intrappolato nel disco madre, ma non più visibile. E’ stata una gioia sapere di non aver perso nulla. Nel frattempo WP mi invia gli auguri per il mio quinto compleanno – blogger: grazie, WP!
“Colpa” di questi lunghi cinque anni e dei tre su Windows Live fu proprio questo post, questa pagina di diario di una maestra che mi fece credere che potessi scrivere perché altri leggessero.
Pubblico questo post perché è nel mio cuore e desidero non si perda più e perché rappresenta l’ inizio di una bellissima avventura, quella di blogger, la cui la continuazione, però, sta divenendo, per vari motivi, sempre più incerta.
Mi scuso per la lunghezza, ma ci sono dei post che non si possono spezzare.
Barbara
La prima volta che ti vidi mi colpirono i tuoi occhi: tondi, grandi, scuri, mai fermi. La tua massa di capelli neri si confondeva con l’abito della suora che ti accompagnava in classe. Tenevi stretta la sua mano, stavi poggiata a lei, ma non ti nascondevi; eri curiosa e in attesa di qualcosa, forse di un contatto.
Feci finta di non capire il tuo nome, ti chiesi di ripeterlo, di scandirlo, giocai con le sillabe: ”Ti chiami Brabrà? No, Barbra?” Ti mettesti a ridere.:-BAR-BA-RA- gridasti al mio orecchio e mi sfiorasti la guancia. Fu il nostro primo contatto, il primo di tanti altri.
Conoscevo la suora e mi bastò un suo sguardo per capire che con te nulla sarebbe stato semplice.
E così fu.
La prima elementare scivolò tranquilla. A scuola stavi bene, avevi voglia di imparare, di giocare, di stare coi compagni. Sembravi serena e che ti trovassi bene anche in istituto. Il sabato pomeriggio tornavi a casa, in un paese poco distante, e il lunedì riprendevi la vita di scuola e di istituto.
Ricordo che a febbraio cominciasti a leggere le prime frasi; quasi urlavi nel leggere le parole, volevi che tutti ti ascoltassero.Sorridevi spesso e questo mi piaceva tantissimo anche perché allontanava i pensieri bui che avevo quando guardavo i tuoi occhi profondi e inquieti.
Non so cosa accadde durante l’estate, potevo forse immaginarlo. Quando tornasti a scuola, della bimba tranquilla che conoscevo era rimasto ben poco. La suora fu restia nel dare informazioni, mi disse che non saresti più tornata a casa per il week-end, ma una domenica ogni due mesi per ordine del giudice dei minori.
Si evidenziò subito un’inquietudine che non ti permetteva di stare ferma, di concentrarti e i rapporti coi compagni diventarono immediatamente conflittuali: esplodevi per ogni sciocchezza, litigavi per tutto e con tutti. L’interesse verso lo studio, la curiosità, la voglia di fare si azzerarono. Sfidavi le insegnanti con lo sguardo e sfuggivi ad ogni loro contatto. Spesso evitavi i miei occhi, ti tappavi le orecchie se cercavo di parlare con te. Ti piaceva sempre, però, ascoltare quando leggevo una storia, una fiaba, un racconto; in quei momenti i muscoli del tuo viso si distendevano e gli occhi divenivano luminosi.
La tua prima crisi di ansia mi sconvolse.Non seppi cosa fare, come aiutarti. Eppure lo avevo letto e studiato, ma in quel momento, mentre ti dibattevi a terra, urlando e scalciando, grondando sudore, mordendoti le mani, rimasi inebetita. Riuscii solo ad allontanare sedie e banchi perché non ti facessi male. Cosa aveva scatenato la crisi? Un temperino, un misero temperino conteso con un compagno. Con molto sforzo riuscii a bloccarti sdraiandomi quasi su di te. Non ricordo quanto durò, 4-8 minuti, e cosa accadde dopo, ricordo solo il tremore di entrambe.
Le crisi si ripeterono spesso negli anni seguenti, senza apparente motivazione. Ormai sapevo come aiutarti: dovevo sollevarti dal pavimento. Stesa a terra la tua forza era incredibile: scalciavi e battevi ovunque la testa. Ti prendevo di peso, faticavo a metterti eretta, tu cercavi il contatto con il pavimento e urlavi, prendevo calci, mi bagnavo del tuo sudore, mi dibattevo come te, poi bloccavo le tue braccia da dietro, in posizione antipanico e lentamente andavamo verso una sedia. Ti facevo sedere sopra le mie gambe e cominciavo a cullarti e pian piano, mentre ti liberavo le mani e ti accarezzavo le tempie, ti calmavi. Cominciavano a scendere dai tuoi occhi lacrime silenziose e alla fine quasi ti addormentavi tra le mie braccia. Restavamo così, ferme, spossate, senza parole. I tuoi compagni ci guardavano spaventati, smarriti. E spaventate e smarrite eravamo anche noi.
Quante volte mi chiesi il perché! Volevo capire per aiutarti, per meglio intervenire. La suora non parlava, così cercai i tuoi genitori e riuscii, dopo mesi, a incontrarli a scuola, parlai con loro e …tornai a casa col cuore gonfio di dolore.
Presi contatto con le assistenti sociali ma da loro ebbi solo notizie vaghe. Sul tuo caso vigeva il silenzio, nemmeno le maestre dovevano sapere e poco importava che loro trascorressero con te cinque ore al giorno, ogni giorno! Potevamo solo intuire le situazioni che scatenavano la tua rabbia verso il mondo, intuire e nulla più.Eravamo sole, cara Barbara: noi insegnanti, la scuola e te.
Coinvolsi i genitori degli altri bambini che si mostrarono comprensivi e sensibili e diventasti la mascotte della classe. Parlai chiaro con le suore dell’istituto e cominciai a pretendere per te. Chiesi scarpe e vestiti decenti, la visita oculistica e dentistica, persino un nuovo taglio di capelli.
A scuola riuscivi comunque ad apprendere, l’ intelligenza ti permetteva di imparare senza studiare. A tratti mostravi curiosità verso il nuovo, voglia di fare, eri un’ottima organizzatrice di giochi, mi aiutavi in molte cose, collaboravi e quando stavo male o ero molto stanca, ti adoperavi per ottenere la calma e il silenzio.
Alcuni pomeriggi venni a trovarti in istituto e riuscii a portarti fuori. Ricordi quando a casa mia ascoltammo musica gustando la pizza? E quella volta che andammo a fare shopping? Andammo un paio di volte anche a messa insieme; ti piaceva andare in chiesa, cantavi come un angelo ed era delizioso sentirti pregare. Tu pregavi ed io chiedevo al Signore perché eri nata in un posto sbagliato. Non ho mai trovato risposte alla mia domanda.
Era bello stare con te, stavamo bene insieme, ma avevo anche paura: non eri mia, non potevi esserlo anche se lo avessi fortemente voluto, non potevo affezionarmi troppo, avrei sofferto dopo, e avresti sofferto anche tu. Lo sapevamo entrambe, ma sapevamo che stavamo vivendo attimi di gioia e che poi avremmo pagato un prezzo, il prezzo della felicità.Sono certa che ricorderai cosa disse la volpe al Piccolo Principe, quel capitolo lo abbiamo letto insieme molte volte.
In quarta elementare, al rientro delle vacanze pasquali, avesti una crisi più forte delle altre, tremenda. Quando ti calmasti andammo in cortile. Notai dei lividi sulle tue gambe, cercai di chiederti qualcosa, evitasti le risposte, cambiasti discorso. Non ce la feci a insistere, rischiavo di scatenare altre crisi o forse non volli insistere, non volli sapere.
L’abbraccio che ci scambiammo a fine anno scolastico fu intensissimo, forse stavamo intuendo che sarebbe stato l’ultimo. Salisti sul bus che ti portava in istituto e con la mano mi inviasti un bacio.
In estate ti cercai in istituto, volevo portarti al mare e la suora mi informò che eri partita; il giudice aveva ordinato il tuo trasferimento in un altro istituto, fuori regione, lontana dalla tua famiglia. Non aveva disposto l’affido o l’adozione, solo l’allontanamento totale dalla tua famiglia sino alla maggiore età.
Tornai a casa in silenzio, la schiena china, gli occhi lucidi. Soffiava un vento caldo, non lo sentivo, avevo invece tanto freddo. Era il prezzo della felicità.
Bello. Davvero.
ciao😊
Ciao Nadia, piacere di averti qui 🙂
Ho già sbirciato il tuo bel blog e presto verrò a leggerti con la dovuta calma.
Grazie, ciao 🙂
Sai scrivere con il cuore e come primo tentativo, tanto di cappello alla tua bravura. Le storie non sono mai vecchie, le storie passate, se ben scritte, vanno lette sempre con interesse e questa è molto toccante, mi sono commossa. Povera Barbara, i suoi attacchi scaturivano da una situazione di disagio e sofferenza, spero che crescendo abbia avuto un futuro migliore.
Buona serata, carissima.
un abbraccio
annamaria
Cara Annamaria, spero di cuore che Barbara e tutti i bambini con un’infanzia in salita, alla fine riescano a cavarsela senza grandi traumi.
Ti ringrazio per aver letto e per il bel commento.
Buona serata, a presto, ciao.
Non esistono storie vecchie e storie nuove, esistono storie che se scritte con il cuore, rimangono per sempre vive come se fossero state scritte il giorno prima e questa tua storia lo è, per ciò che racconta, per ciò che rappresenta per te.
E a proposito di storie, sai che Morena ha già suonato il tamburo a raccolta per il nuovo numero di Scriveregiocando?
Ci sarai anche tu quest’anno immagino, spero, mi auguro, anche perché non sarebbe più la stessa cosa se mancassi, mannaggia.
Preparati ed io, lo prometto, mi preparerò a inventarmi un nuovo Scriveregiocando_magazine.
Ciao. 🙂
Vero, ma a volte devi dare una temporalità a un fatto, specie se di vita reale.
Grazie, Arthur, ma non so, davvero non so. Sono a corto di idee, se dovessi pensare a qualcosa ti avvertirò.
Ciao 🙂
Non ho parole per commentare una storia cosí dolce e toccante , dico solo che l’ho letta con le lacrime agli occhi…bellissima ! Grazie
Ciao Patty, grazie e benvenuta 🙂
E’ una storia “vecchia”, ma che pulsa sempre viva in me.
Grazie a te invece e benvenuta anche a te, sicuramente , storie cosí non si possono dimenticare…
beh, come primo post affidato all’epoca al web, non ti puoi lamentare. Scrivi fluentemente.
un caro saluto
Grazie, Antonio.
Buona domenica
Hello
I wish you a nice weekend!
hello Marko, thanks 🙂
Questa piccola “stella” ha illuminato la tua vita e portato amore al tuo cuore…
Sei fortunata Marirò…per questa piccola “stella” che ti ha regalato felicità!
Anche tu, per Barbara, sei stata “stella”…e amore…e cuore….e felicità!
Solo questo conta!
Un caro abbraccio!
Nives
Gli alunni problematici, come lo è stata Barbara, ti fanno sudare sette camicie, ti fanno spuntare i capelli verdi, ma alla fine sono quelli che ti danno di più e che ricordi con un’intensità diversa, speciale.
Ricambio l’abbraccio con affetto, grazie, ciao.
E’ vero, Marirò, non è facile aiutare questi alunni. Non è facile instaurare un rapporto di reciproca fiducia. Ma può succedere l’incredibile…quando si sentono veramente…”presi a cuore”!
Serena serata!
Nives
Marirò, una sola parola: splendido! Da brividi. Mi hai incollata al pc.
E l’ho letto due volte.
Felice serata, amica mia.
Ciao Ale,
mi lasci senza parole!
Felice week end a te
🙂
Ho poche parole, ma Tu…. Sei stupenda! … E scusa se non riesco a dire altro se non che “ci sono”per te.
Che bello leggerti, Laura!
Un abbraccione.
Grazie.
Spero che Barbara abbia incontrato altre persone come te e con il loro aiuto sia riuscita a costruirsi una vita
Ciao!
Lo spero anche io, anzi lo credo fortemente.
Grazie, ciao Mariella !
Un bellissimo ricorra e un pezzo molto intenso!
grazie, Elena. Baci!
Sono testimonianze preziose, che dimostrano quanto calore sia presente nella rete, nonostante l’opinione negativa di molti. Questo perchè la rete, prima di tutto, è formata da persone: freddezza e calore si trovano qui, online, come offline. Cambia poco, solo gli strumenti per confrontarci con il prossimo.
Sono in una modalità navigazione di emergenza, ancora per un po’ temo. Ma quando riesco passerò comunque con estremo piacere.
Un sorriso per la giornata.
^____^
Sicuramente è così: la rete è fatta di persone, belle e meno belle.Come nel reale.La prudenza qui, si sa, non è mai troppa. L’anonimato che in molti visivamente usiamo per difenderci dai malintenzionati e proteggere la privacy, può cadere nel privato quando si instaura fiducia e un certo feeling.
Ancora problemi di linea? Mi spiace, spero risolverai presto.
Buona settimana a te, ciao 🙂
Davvero un bellissimo post, si capisce che sia nel tuo cuore e che ti abbia dato la spinta per continuare questa “avventura” di blogger, che anche secondo me è bellissima.
Anche se ho insegnato solo occasionalmente, mi è capitato più volte di conoscere bambini in situazioni difficili, di cui sapevi che avrebbero potuto farcela, ma poi, senza sapere nulla… ma io spero sempre che i semi che cerchiamo più o meno bene di coltivare prima o poi germoglino, e questo vale anche per le persone che restano nella nostra vita.
Un saluto
Alexandra
Ciao Alexandra, benvenuta 🙂
La professione di insegnante è così, i rapporti a un certo punto si devono interrompere e per molti versi è giusto sia così. Ciò che chiedo ai miei alunni è di ricevere ogni tanto loro notizie ed è abbastanza facile nelle situazioni di normalità, specie per me che insegno in un paese dove ci si conosce un po’ tutti. Sono quegli alunni in situazioni particolari che perdi facilmente di vista e il tuo pensiero si rivolge spessissimo a loro. La speranza è quella che indichi tu, appunto.
grazie per l’apprezzamento. Sono passata da te, ma vista l’ora tarda, velocemente. Verrò presto a trovarti con la dovuta calma. Hai un blog interessante.
Grazie a te, a presto allora, buona serata 🙂
Silvia, Diemme, Pif … e anch’io trovo difficile commentare; questa storia tocca nel profondo per la sua specificità ed insieme per la sua comunanza con tante storie di tutti i giorni.
Coraggio Marirò, un turbine ti ha sfiorato ma il terreno non si è fatto deserto, l’erba è tornata a crescere.
Sì, cero, Paolo. Sono ricordi che porto con me. Sono anche storie di tutti i giorni che sarebbe meglio non esistessero. Ti ringrazio per aver letto.
Una storia toccante…..son felice che tu abbia ritrovato i tuoi vecchi post …buona serata
Che brutta sensazione perdere qualcosa dal proprio pc, foss’anche una canzone, una foto, un pensiero scritto o ricevuto!
Buona settimana a te, grazie, ciao.
Io purtroppo ho perso molte foto, mannaggia al digitale, ma ora ho imparato a salvarle su chiavetta…buonanotte
Sono contenta che tu abbia ritrovato i tuoi scritti. Mi dispiace che siano andati persi quelli di altri amici ed amiche. Questa tua particolare storia (forse te lo dissi allora) mi riporta indietro agli anni della gioventù in cui per un periodo ho lavorato in un laboratorio protetto di una comunità che si occupava di ragazze “disadattate” con storie familiari incredibili…….per cui ebbi a che fare con ragazze come Barbara. A volte le penso e mi chiedo cosa sarà stato di loro. In cuor mio spero che abbiano trovato la loro strada. Ciao Marirò. Un abbraccio.
P.S. Salvina è nei miei pensieri.
Ci tenevo a ritrovare questo (e anche il resto perso).
Ricordo che in quella tua rubrica una signora pubblicò una gran bella poesia e anche il post di Valerio era molto sentito. Bei tempi quelli di WL! Per me era tutto una scoperta, uno stupore e tu mi hai guidata passo passo in questa avventura.
Pensiamo un po’ a tutti i nostri alunni ed è una gioia avere loro notizie. Quando, poi, queste sono belle e arrivano dagli alunni più fragili e indifesi, la nostra gioia è grande!
Ciao, Lucia, grazie (anche da Salvina)
p.s. hai risolto per lo sfondo? ti ho risposto su skype. Ci sarà un modo per sistemare la cosa.
http://1.bp.blogspot.com/-GxLSuCYfgKM/TdA8BN9aotI/AAAAAAAAAEw/96GWQc1foWI/s1600/donna+e+colori.bmp
SERENA SERATA MARIRO CON AFFETTO
Grazie, Maria. Buona settimana, ciao 🙂
Che storia dolcissima, Mariro’, molto commovente, sai che ho lavorato alla scuola materna quando avevo la mia Chiara piccola, facevo le ultime due ore, quando le maestre andavano via e poi tutta l’estate! C’era di fronte alla scuola un centro sociale gestito dal Comune del mio paese, ora l’hanno chiuso, dove i bambini giocavano insieme a quelli dell’asilo, divisi da una rete, un bimbo dolcissimo,Patrick, si e’ affezionato a me e a mia figlia e tutte le volte che la sera andavamo a casa mi diceva, portami a casa con te, volevo davvero portarmelo a casa ma con la burocrazia che abbiamo in Italia e’ stato difficile! Adesso ha trent’anni ed e’ sposato, ogni tanto lo incontro in citta’, ci prendiamo un caffe’ insieme, mi racconta tante cose, poi mi saluta, mi abbraccia e mi dice, ciao maestra, ❤ Bacioni cara, sei una donna eccezionale, continua a scrivere, quando puoi, e' un piacere leggerti, buona settimana, ❤
Conosco la ricerca d’affetto dei bambini istituzionalizzati, ne ho avuto parecchi all’inizio del mio lavoro, quell’istituto ne ospitava centinaia da tutta la provincia e si appoggiava alla scuola statale per l’apprendimento dei piccoli. Ma il contatto esterno di quei bimbi si chiudeva lì. Le suore non si aprivano alla comunità del territorio, nonostante le tante iniziative che si proponevano ad uopo.La scuola pubblica per quei bambini era l’unico modo per allontanarsi dall’istituto e relazionare con altri coetanei.Pochissime le eccezioni concesse a qualche insegnante e nell’ambito di una parrocchia. Inoltre quei bambini venivano ospitati sino ai 10 anni, poi andavano in altri istituti o tornavano a casa, se possibile. Mantenere i contatti è sempre stato difficile. Se poi c’era la protezione del giudice dei minori, diveniva impossibile. Le suore, comunque, li trattavano abbastanza bene e alcuni sono rimasti nella nuova organizzazione, trovando lavoro, famiglia e futuro. Questo mi fa ben sperare per Barbara: non tutte le situazioni si risolvono drammaticamente.
Mi manca, comunque, il non sapere. Mi manca lei.
Grazie, Laura, anche tu sei una gran bella persona. Buona settimana a te, ciao 🙂
Mariro’ spero tanto che tu riesca ad avere notizie di lei, almeno sapere che sta bene, ❤ Ti abbraccio cara, buonanotte, ❤
Molto triste il post cara Marirò… ma oggi tu sai come sta la Barbara?
No, Rebecca, purtroppo no. Ma spero bene, era una bimba in gamba e magari ha trovato la necessaria serenità.
speriamo… quanto tempo e passato?
Quasi 24 anni. Barbara oggi è una giovane donna trentenne.
Speriamo che li sia felice….
Non ci sono parole per commentare queste situazioni, spero solo che nel suo cammino abbia saputo reagire ed abbia trovata un’altra Marirò che l’abbia compresa e amata come hai fatto tu!
Spero anche io con tutto il cuore che Barbara ce l’abbia fatta. Io non ho fatto nulla, non mi fu permesso fare di più. La realtà degli istituti di accoglienza non è mai stata delle migliori e ogni bambino aveva la sua brutta storia. Alcuni, anche miei alunni, ce l’hanno fatta a trovare una strada adulta serena. Sin dove ho potuto, li ho seguiti, ma di lei si persero ben presto quasi tutte le tracce.Ora questo istituto non esiste più, è diventato una casa famiglia gestito da laici e sinceramente non so dirti se è migliorato o meno.
grazie, Silvia, per le belle parole.
So che tu ami i commenti, ma davanti a una storia come questa, io mio istinto sarebbe solo di farla sedimentarein silenzio, farla entrare dentro di me, e trovarle il suo posto accanto a tante storie simili. Questo perché, cara Marirò, non so se questa storia sia vera, ma so che è comunque uguale a tante storie reali, tanti distacchi, ma anche tanti trovarsi, sia pure per un periodo breve ma decisivo per lenire il dolore e dare forza.
Complimenti per il racconto e…. ricorda, le coincidenze non esistono! 😉
Io non so di cosa tu ti occupi, ma mi è parso di capire che il settore sia anche questo. Pertanto il tuo commento è prezioso.
E’ una storia vera e so che è una storia uguale a tante altre. La sua maestra non è riuscita, nonostante i tentativi, ad avere sue notizie e pubblica per la seconda volta questa pagina di diario forse con la speranza di ritrovarla.
Grazie, ciao
Bellissima….. ❤
Ciao Tatiana, grazie 🙂
p.s.
A settembre ho lasciato due commenti nel tuo blog, ricordo soprattutto quello di una foto scattata da tuo figlio durante il vostro viaggio estivo. Come sai wp non è collegato al tuo nuovo sito e non ricevo le notifiche. Quando sono tornata da te non ho trovato i miei commenti, a dire il vero nemmeno i post: fa leggere gli ultimi sei, mi pare. Li hai letti oppure non ho saputo inviarli io?
Sto avendo parecchi problemi perché più di una persona mi ha lasciato dei commenti, anche molto graditi, che però visualizzo solo io sull’app del cellulare, ma i tuoi si devono essere persi. Il blog è su piattaforma wp eppure per qualche motivo è come se non sempre funzionasse il reindirizzamento automatico. Per cercare di capirci prima avevo l’indirizzo http://www.cucinaincontroluce.wordpress.com (se non sbaglio) e ora ho http://www.cucinaincontroluce.ifood.it. Prova ad entrare su quest’ultimo e a registrati a mezzo mail con feedburner… se nemmeno così funziona proverò a contattare i tecnici 😦 (che verranno santificati a breve)
Però aspetta che quello relativo alle foto di mio figlio lo avevo letto e ti avevo risposto…. fammi andare a rivedere… semmai ti linko qui le risposte così forse risolviamo.
http://www.cucinaincontroluce.ifood.it/2015/08/le-ultime-zucchine-e-un-pesto-alternativo.html
Ci sei nei commenti! Ti ci ritrovi?
sììììì, mi ritrovo. E ho ritrovato te (mi sono iscritta alla mail) in questo post delle cose perse e ritrovate 🙂