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Marirò

~ "L'esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque"

Marirò

Archivi della categoria: io e loro

BARBARA

05 lunedì Ott 2015

Posted by ili6 in Articoli, blog, emozioni, io e loro

≈ 56 commenti

Tag

affido, blogger, compleanno blog, crisi di panico, diario di una maestra, impotenza, istituto dei minori, maestre, pc, Piccolo Principe, primo post, scuola, suore, vita

La scorsa settimana sono capitate alcune cose che,  lette in un certo modo, possono definirsi coincidenze atte a farmi pubblicare questo post. E’ stato il mio primo scritto affidato all’etere  quando non avevo un blog e non ero una blogger. Un post pubblicato nel blog di Lucetta, carissima amica, che invitò i suoi lettori non blogger a scrivere  qualcosa da lei in un’apposita sezione che si perse  quando ci fu la migrazione da WL a WP e che  sparì dal mio vecchio computer quando  fu traumatizzato da un fulmine.

 La scorsa settimana ho finalmente cambiato quel pc  che aveva fatto sparire tanti file. Il tecnico ha ritrovato ciò che era rimasto intrappolato nel disco madre, ma non più visibile. E’ stata una gioia sapere di non aver perso nulla. Nel frattempo WP mi invia gli auguri per il mio quinto compleanno – blogger: grazie, WP!

“Colpa” di questi lunghi cinque anni e dei tre su Windows Live fu proprio questo  post, questa pagina di diario di una maestra che mi fece credere che potessi scrivere  perché  altri leggessero.

Pubblico questo post  perché è nel mio cuore e desidero non si perda più e perché rappresenta l’ inizio di una bellissima avventura, quella di blogger,  la cui la continuazione, però,  sta divenendo, per vari motivi,  sempre più incerta.

Mi scuso per la lunghezza, ma ci sono dei post che non si possono spezzare.

Duy Huyng original

Duy Huyng

Barbara

La prima volta che ti vidi mi colpirono i tuoi occhi: tondi, grandi, scuri,  mai fermi. La tua massa di capelli neri si confondeva con l’abito della suora che ti accompagnava in classe. Tenevi stretta la sua mano, stavi poggiata a lei, ma non ti nascondevi; eri curiosa e in attesa di qualcosa, forse di un contatto.

Feci finta di non capire il tuo nome, ti chiesi di ripeterlo, di scandirlo, giocai con le sillabe: ”Ti chiami Brabrà? No, Barbra?” Ti mettesti a ridere.:-BAR-BA-RA- gridasti al mio orecchio e mi sfiorasti la guancia. Fu il nostro primo contatto, il primo di tanti altri.

Conoscevo la suora e mi bastò un suo sguardo per capire che con te nulla sarebbe stato semplice.

 E così fu.

La prima elementare scivolò tranquilla. A scuola stavi bene, avevi voglia di imparare, di giocare, di stare coi compagni. Sembravi serena e che ti trovassi bene anche in istituto. Il sabato pomeriggio tornavi a casa, in un paese poco distante, e il lunedì riprendevi la vita di scuola e di istituto.

Ricordo che a febbraio cominciasti a leggere le prime frasi; quasi urlavi nel leggere le parole, volevi che tutti ti ascoltassero.Sorridevi spesso e questo mi piaceva tantissimo anche perché allontanava i pensieri bui che avevo quando guardavo i tuoi occhi profondi e inquieti.

Non so cosa accadde durante l’estate, potevo forse immaginarlo. Quando tornasti a scuola, della bimba tranquilla che conoscevo era rimasto ben poco. La suora  fu restia nel dare informazioni, mi disse che non saresti più tornata a casa per il week-end, ma una domenica ogni due mesi per ordine del giudice dei minori.

Si evidenziò subito un’inquietudine che non ti permetteva di stare ferma, di concentrarti e i rapporti coi compagni diventarono immediatamente conflittuali: esplodevi per ogni sciocchezza, litigavi per tutto e con tutti. L’interesse verso lo studio, la curiosità, la voglia di fare si azzerarono. Sfidavi le insegnanti con lo sguardo e sfuggivi ad ogni loro contatto. Spesso evitavi i miei occhi, ti tappavi le orecchie se cercavo di parlare con te. Ti piaceva sempre, però, ascoltare quando leggevo una storia, una fiaba, un racconto; in quei momenti i muscoli del tuo viso si distendevano e gli occhi divenivano luminosi.

La tua prima crisi di ansia mi sconvolse.Non seppi cosa fare, come aiutarti. Eppure lo avevo letto e studiato, ma in quel momento, mentre ti dibattevi a terra, urlando e scalciando, grondando sudore, mordendoti le mani, rimasi inebetita. Riuscii solo ad allontanare sedie e banchi perché non ti facessi male. Cosa aveva scatenato la crisi? Un temperino, un misero temperino conteso con un compagno. Con molto sforzo riuscii a bloccarti sdraiandomi quasi su di te. Non ricordo quanto durò, 4-8 minuti, e cosa accadde dopo, ricordo solo il tremore di entrambe.

Le crisi si ripeterono spesso negli anni seguenti, senza apparente motivazione. Ormai sapevo come aiutarti: dovevo sollevarti dal pavimento. Stesa a terra la tua forza era incredibile: scalciavi e battevi ovunque la testa. Ti prendevo di peso, faticavo a metterti eretta, tu cercavi il contatto con il pavimento e urlavi, prendevo calci, mi bagnavo del tuo sudore, mi dibattevo come te, poi bloccavo le tue braccia da dietro, in posizione antipanico e lentamente andavamo verso una sedia. Ti facevo sedere sopra le mie gambe e cominciavo a cullarti e pian piano, mentre ti liberavo le mani e ti accarezzavo le tempie, ti calmavi. Cominciavano a scendere dai tuoi occhi lacrime silenziose e alla fine quasi ti addormentavi tra le mie braccia. Restavamo così, ferme, spossate, senza parole. I tuoi compagni ci guardavano spaventati, smarriti. E spaventate e smarrite eravamo anche noi.

Quante volte mi chiesi il perché! Volevo capire per aiutarti, per meglio intervenire. La suora non parlava, così cercai i tuoi genitori e riuscii, dopo mesi, a incontrarli a scuola, parlai con loro e …tornai a casa col cuore gonfio di dolore.

Presi contatto con le assistenti sociali ma da loro ebbi solo notizie vaghe. Sul tuo caso vigeva il silenzio, nemmeno le maestre dovevano sapere e poco importava che loro trascorressero con te cinque ore al giorno, ogni giorno! Potevamo solo intuire le situazioni che scatenavano la tua rabbia verso il mondo, intuire e nulla più.Eravamo sole, cara Barbara: noi insegnanti, la scuola e te.

Coinvolsi i genitori degli altri bambini che si mostrarono comprensivi e sensibili e diventasti la mascotte della classe. Parlai chiaro con le suore dell’istituto e cominciai a pretendere per te. Chiesi scarpe e vestiti decenti, la visita oculistica e dentistica, persino un nuovo taglio di capelli.

A scuola riuscivi comunque ad apprendere, l’ intelligenza ti permetteva di imparare senza studiare. A tratti mostravi curiosità verso il nuovo, voglia di fare, eri un’ottima organizzatrice di giochi, mi aiutavi in molte cose, collaboravi e quando stavo male o ero molto stanca, ti adoperavi per ottenere la calma e il silenzio.

Alcuni pomeriggi venni a trovarti in istituto e riuscii a portarti fuori. Ricordi quando a casa mia ascoltammo musica gustando la pizza? E quella volta che andammo a fare shopping? Andammo un paio di volte anche a messa insieme; ti piaceva andare in chiesa, cantavi come un angelo ed era delizioso sentirti pregare. Tu pregavi ed io chiedevo al Signore perché eri nata in un posto sbagliato. Non ho mai trovato risposte alla mia domanda.

Era bello stare con te, stavamo bene insieme, ma avevo anche paura: non eri mia, non potevi esserlo anche se lo avessi fortemente voluto, non potevo affezionarmi troppo, avrei sofferto dopo, e avresti sofferto anche tu. Lo sapevamo entrambe, ma sapevamo che stavamo vivendo attimi di gioia e che poi avremmo pagato un prezzo, il prezzo della felicità.Sono certa che ricorderai cosa disse la volpe al Piccolo Principe, quel capitolo lo abbiamo letto insieme molte volte.

In quarta elementare, al rientro delle vacanze pasquali, avesti una crisi più forte delle altre, tremenda. Quando ti calmasti andammo in cortile. Notai dei lividi sulle tue gambe, cercai di chiederti qualcosa, evitasti le risposte, cambiasti discorso. Non ce la feci a insistere, rischiavo di scatenare altre crisi o forse non volli insistere, non volli sapere.

L’abbraccio che ci scambiammo a fine anno scolastico fu intensissimo, forse stavamo intuendo che sarebbe stato l’ultimo. Salisti sul bus che ti portava in istituto e con la mano mi inviasti un bacio.

In estate ti cercai in istituto, volevo portarti al mare e la suora mi informò che eri partita; il giudice aveva ordinato il tuo trasferimento in un altro istituto, fuori regione, lontana dalla tua famiglia. Non aveva disposto l’affido o l’adozione, solo l’allontanamento totale dalla tua famiglia sino alla maggiore età.

Tornai a casa in silenzio, la schiena china, gli occhi lucidi. Soffiava un vento caldo, non lo sentivo, avevo invece tanto freddo. Era il prezzo della felicità.

Ah, le verifiche di fine anno scolastico…!

06 sabato Giu 2015

Posted by ili6 in Articoli, io e loro, scuola

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analisi grammaticale, bambini, colori, fine anno scolastico, incombenze e scartoffie, INVALSI, la buona?scuola, RAV, sommersa nera, sorrisi, valutazione, verifiche

I docenti sono costretti a farle, gli studenti sono costretti a subirle: entrambi ne farebbero volentieri a meno. Gli alunni per evitare l’impegno e per timore di scoperchiare le pentole…gli insegnanti per evitare correzioni e per paura di aver sbagliato lavoro…

Ma un voto bisogna metterlo, una valutazione occorre scriverla e allora meglio essere quanto più certi e obiettivi possibili. Quindi obbligo di prove su prove!  Da quelle quadrimestrali a quelle INVALSI e persino a quelle del RAV (che genialata!).

Sul sistema valutativo di studenti (e prof)  della scuola italiana si potrebbero scrivere interi tomi, per non parlare della “buona (?) scuola” di Renzi,  ma non ho voglia adesso di parlarne, sono  sommersa  da schede, fogli excell,  tabelle, grafici, dati, percentuali e  prove e controprove ancora  da correggere. Sommersa nera! Per fortuna ci sono loro, i bambini, che riescono a dare pennellate di colore nella tavolozza del  grigiore valutativo, strappandoti risate che ti regalano una salutare boccata d’ossigeno.

Ieri, ad esempio,  in una verifica grammaticale, una dolce bambina, nell’analizzare la frase “Io  ho fame e sete” ha risolto così:

Io: pronome Ketty

Ho fame: verbo con l’h avere fame

E: unisce la fame e la sete

Sete: nome astratto

Un  alunno, invece, alle prese con  il nome composto “scaldabagno”, ha scritto:

scaldabagno: nome di cosa spezzato, che poi si unisce e  forma un cilindro pieno di acqua calda, maschile singolare.

Beh, in fondo anche questa è una verifica  su ciò che ho sempre sostenuto sul mio lavoro: complesso,  delicato, difficile, ma a C O L O R I ! 🙂

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“Settimana croccantosa: evviva!”

08 domenica Feb 2015

Posted by ili6 in Articoli, io e loro, scuola, Senza categoria

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alimentazione, anche le maestre nel loro piccolo si incazzano, buone notizie, carnevale, cibo spazzatura, distributori automatici di merendine a scuola, divieti e permessi, dolce e salato, scuola-famiglia

La notizia più bella della scorsa settimana per i miei alunni non è stato l’invito a teatro, il generale risultato positivo di una difficile verifica che avevano  affrontato, il pagliaccio che costruiremo, i  giorni di vacanza per il Carnevale; la notizia più bella, accompagnata da un coro di EVVIVA,  è stata: “La prossima settimana, se avrete voglia, se i genitori vi daranno i soldini, potrete accedere liberamente al distributore delle merendine”.

Mi hanno guardata increduli: “Anche per i Croccocrocco non farai storie, maestra? Saremo liberi di comprarli?”

“Sì, sono stufa di fare storie, stufa di assistere alle furbizie di alcuni di voi e non mi va più di dire no ai bambini che vorrebbero e invece rispettano il divieto di acquisto dei Croccocrocco. Per una settimana, se i vostri genitori vorranno, io starò zitta e potrete croccare a volontà. Mi sono stancata: è una lotta impari e poi è la settimana di Carnevale e questo è un mio regalino per voi.”

I Croccocrocco sono bustine di salatini di nemmeno 30 gr. che la macchinetta distribuisce a 0.50 centesimi e i bambini ne vanno matti. In effetti sono buoni, croccanti e salati al punto giusto. La macchinetta, voluta soprattutto dal personale di segreteria e da alcuni docenti desiderosi del break  e che l’hanno spuntata dopo anni di lotta con il collegio dei docenti per non averla,   distribuisce anche altro: caffè, acqua, bevande fredde NON gasate e  calde,  brioscine e tavolette di cioccolato di vari tipi. I croccantini sono i più gettonati dagli alunni di tutta la scuola, generazione questa che  sicuramente predilige il salato al dolce.

Sin dal primo giorno di scuola, dopo il trasferimento della classe  ai piani alti e con il distributore di merendine di fronte l’aula, ho chiesto ai genitori come comportarmi Concordammo per il divieto dell’uso del distributore, peraltro con prezzi parecchio elevati rispetto ai supermercati (bustine similari ai Croccocrocco all’Ard costano esattamente la metà) e mi resi disponibile ad una eventuale “sorveglianza” che sarebbe stata inutile se  i genitori fossero stati attenti a non dare soldi ai figli. E invece…

In questi mesi ho assistito a tutto e di più per l’accaparramento dei Croccocrocco, scene che potrei definire persino comiche e che alla fine mi hanno sfiancata. Bambini che regalano la loro colazione ad altri o la nascondono sui pulmini o la buttano nel cestino di un corridoio per poi piagnucolare che sono senza merenda, che la mamma l’ha dimenticata  e che-guarda caso– hanno i soldi per i Crocco. E io a svuotare zaini per cercare la merenda, che naturalmente non si trova, e a dare “l’eccezionale ok” per il distributore.   Bambini che chiedono di andare in bagno e quando tornano nascondono in tasca e dentro la tuta le bustine di salatini. Una volta un bimbo, tornato dal bagno, si è seduto  sopra la bustina ben nascosta nelle mutande e il crrrrr lo abbiamo sentito tutti forte e chiaro e non sapevo se ridere o piangere. Bambini che all’uscita di scuola tornano indietro in classe con la scusa di aver dimenticato un quaderno e vanno a comprarsi i Crocco per consumarli sullo scuolabus.

Ah, quante volte ho fatto finta di non vedere e quante volte ho dovuto cedere! E poi guardare quei bimbi che vorrebbero, ma per obbedienza e rispetto mai hanno osato chiedere o tentare di  prendermi in giro, è difficile. Ed è a loro che dedico questa settimana di libertà croccantosa. Lo faccio anche nella speranza di sfatare il “mito del proibito” e anche per richiamare l’attenzione dei genitori che mi avevano promesso che non avrebbero dato soldini ai loro figli. La mamma  di uno dei miei alunni più furbetti nell’incontro di pochi giorni fa mi ha detto: “Ma è difficile, maestra: i bambini trovano  gli spiccioli a casa e poi  hanno la loro paghetta. Come facciamo a controllarli?”. “Lo so che è difficile, signora,; voi, però, non chiedetemi la luna!”

Quindi, care mamme e papà, preparate gli spiccioli che la prossima settimana si potrà croccare a volontà!

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Questo  distributore-foto presa nel web- è bello anche da vedere!

Bimbo con mamma

14 mercoledì Gen 2015

Posted by ili6 in Articoli, io e loro, Orrore, Politica, scuola, Senza categoria

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bambine nigeriane, bambini, fatti e orrori ascoltati in tv, il diverso da me, insegnante, letture, maternità, momenti difficili, scuola, senza parole

mamma mondo

“Non faccio in tempo ad aprire un libro che mio fratello arriva trotterellando,  appoggia le manine sul tavolo, si mette in punta di piedi e dice in quel suo modo un po’ buffo :-Fai vedele liblo!

A me piace molto il mio fratellino quando guarda le figure col dito in bocca. Oggi tra le pagine abbiamo visto una donna che sembrava cinese o giapponese con il suo bambino in braccio e Pino, appoggiando il suo dito sul mio, ha detto:-Bimbo con mamma!

Nella pagina seguente c’era una donna dalla pelle scura, aveva il naso largo e anche lei era con un bambino dagli occhi grandissimi. Pino ha appoggiato il suo dito anche su questa figura e ha detto :- Bimbo con mamma!-  Dopo  ha indicato una donna bianca di pelle, come noi, anche lei aveva un bambino in braccio. -Bimbo con mamma!- ha detto Pino..

Dovevo fare una ricerca sulle razze del mondo e questo libro è pieno di donne e bambini diversissimi, ricco di paroloni e di definizioni, ma a me è venuta una gran voglia di  usare le parole di Pino che mi sembravano più semplici e più vere.  Ogni bimbo è con la sua mamma e nessuno può negare che almeno in questo sono tutti uguali”.

(Tratto da “Ma che razza di razza è?” di Silvia Roncaglia)

 

E’  una bella pagina del libro di lettura dei miei alunni. Terminata la lettura e le relative discussioni sul senso della maternità  e della paternità che non conosce razze, tempi e luoghi, Caterina ha alzato la mano:

-Maestra, non è vero!  Delle mamme e dei papà nigeriani  hanno permesso che le loro bambine esplodessero per uccidere altre persone. L’ho sentito in tv.

Io insegnante ho, tra l’altro,  il dovere di dare le giuste informazioni e anche di mitigare quanto più possibile la realtà per non creare turbamenti nei bambini che mi sono affidati. Senza tanti giri di parole è stato, questo di pochi giorni fa, uno dei momenti più difficili del mio lavoro.

Oh, dicembre, dicembre…

07 domenica Dic 2014

Posted by ili6 in Articoli, io e loro, Natale, scuola, Senza categoria

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caos dicembrino, dicembre, discriminazione, divieto di festeggiare a scuola il Natale, festeggiamenti, intercultura, lavoretti natalizi, maestre in tilt, Natale, Natale a scuola, preside di Bergamo, recite scolastiche, religione, rispetto delle tradizioni italiane

Se dovessi attribuire un aggettivo al mese di dicembre, lo  definirei di certo caotico, almeno sino al 26. Poi viene la parte bella. Pochi giorni, lo so, ma di meritato relax, di vera vacanza, ovunque, anche a ciabattare a casa.

Al di là delle situazioni familiari e dello shopping obbligato, che incidono parecchio e sempre più, ciò che per me determina buona parte del caos dicembrino è il lavoro. Da giorno 1 noi maestre diveniamo  delle folli esagitate perché entriamo nel conto alla rovescia che culmina con la “recita” e la consegna del “lavoretto” dell’ultimo giorno di scuola.

Ho sentito dire che tutto questo  dal prossimo anno sarà vietato: EVVIVA!! EVVVVVIVA!!!!!!

 No, cioè, mi spiego: le “recite” (più che virgolettate, eh…)  e i lavoretti natalizi rappresentano comunque  momenti di crescita per gli alunni che si cimentano in attività di vario tipo e che difficilmente si farebbero a scuola se non ci fosse il tradizionale scambio di auguri di dicembre: manipolazione,  canto, minirecitazione, miniballetto, mini di tutto, ma sufficientemente  ben fatto. Inoltre  si misurano con una mini-prestazione e quindi con il superamento della timidezza e dell’impaccio, con  un microfono, con un pubblico (genitori, nonni, zii, cugini, madrine, ecc…tutti ammassati in un’auletta, manco a dirlo…, ma con tanto di fotocamera  in mano, mica si scherza, neh!). Che poi il pubblico, a furia di sentire letture, filastrocche e poesiole di pastorelli, angioletti e Babbi Natale, si annoi sino a tagliarsi le vene è cosa che a me non interessa: li  avete messi al mondo i figli? Ora beccatevi la recita scolastica!

Ma anche questo non è poi così vero, ‘che alla fine questi momenti  molti  genitori li ricordano con emozione  per parecchio tempo.

Il vero problema non è per i bambini che, tra l’altro, nel caos natalizio si divertono da matti, il problema è per noi maestre e per il nostro apparato cardiocircolatorio e fonico. Inutile dire che mi trovo nel pieno della questione, ma mi do coraggio da sola pensando che sarà quasi sicuramente (la preside si è già espressa…) l’ultimo anno: evviva!! Baci e abbracci ai ministri illuminati, a quel preside di Bergamo, all’intercultura, al rispetto dell’immigrazione, delle altre religioni, degli atei, dei credi di qua e dei credi di là, dei credi di ciò che vuoiiiii: viva, viva, vivaaaaa! Stop alle recite scolastiche, ai presepi a scuola, alla visita in chiesa, alle gite per paesi natalizi, ai lavoretti di Natale, alle letterine a babbo Natale e alla befana, stooooppete!

 Vabbè, poi forse tutto questo mi mancherà. O forse no. Non lo so.

A dirla davvero tutta e tralasciando la fatica  del momento (che poi miracolosamente  passa) mi fa un tantino rabbia, cioè mi dispiace  un pochetto dover rinunciare alle nostre tradizioni anche a scuola. Massimo rispetto per chi la pensa diversamente, ma un po’ di rispetto anche al mio pensare ci vorrebbe. Tutte le volte che ho visitato le moschee ho tolto le scarpe anche se quel rituale non mi apparteneva: ero in un altro Paese e ho rispettato credo, usi e costumi del luogo.  Discorso lungo, questo…e sono troppo stanca per affrontarlo ora. 

A pensarci bene che Natale sarebbe  senza un angolino luccicante in classe? Senza le finestrelle dell’Avvento da aprire ogni mattina recitando una preghierina? Senza quella rima carina da inventare sul Presepe o sulla stella cometa? Senza le storie e le leggende natalizie da leggere e recitare per incantare i visetti dei bambini? Senza quei bigliettini d’auguri per mamma e papà e quel lavoretto sgangherato da costruire in gran segreto? Senza un panettone da gustare insieme ? Senza  una casa (della maestra) cosparsa ovunque di pezzettini di cartoncino bianco,  rosso, oro e verde? Senza le mani (della maestra) tatuate dalla colla a caldo? Senza polverina e glitter sui capelli  di adulti e piccini? Senza impasto di das e similari con relative palline spiaccicate ai muri dell’aula? Senza lo sguardo di quel bambino che dimentica la parte da dire e mi chiede disperato aiuto? Senza quelle canzoni  cantate centinaia di volte e poi  urlate e stonate, ma  con tanto di l’immancabile applauso finale? Senza i loro disegni? Senza…

No, no, sarebbe un Natale opaco.

Non toccate il Natale dei bambini, di quei bambini che amano prepararsi e festeggiarlo così come sono abituati a farlo! E non toccate il mio Natale finchè andrò in pensione!angioletti_gruppo

 Foto web – Se tutto andrà bene… il lavoretto di Natale dei miei alunni sarà somigliante a questo (e non sarà l’ultimo)

Buona Immacolata Concezione a tutti. 🙂

 

Litigi e amarezze

03 lunedì Nov 2014

Posted by ili6 in Articoli, io e loro, scuola, Senza categoria

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amarezza, autoregolamentazione delle dispute, bambini violenti, bullismo, litigio, senso di sconfitta, spedizione punitiva, vita di maestra

 

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Foto web

Succede che due bambini litighino a scuola durante la ricreazione per un misero pupazzetto, si accapiglino un attimo prima che la maestra si fiondi a dividerli e a ripristinare la calma. Uno dei due ne esce con un graffio in viso. Roba di poco conto, ma il bimbo ferito piange e chiede di andare dalla mamma, che insegna in un’altra classe, a farsi consolare un attimino. La maestra non acconsente e, dopo aver disinfettato il graffietto, richiama i due litiganti e riprende il lavoro.

Due minuti dopo il bimbo col graffio chiede di andare in bagno e la maestra glielo concede anche se ha il presentimento che lui andrà dalla mamma a piagnucolare. Non può verificare, non può accompagnarlo in bagno in quel momento, decide di fidarsi. E sbaglia.

Il bimbo va nella classe della mamma e fa una sceneggiata, la mamma lo consola, gli alunni della mamma pure. Il bimbo si rincuora e torna in classe più sereno. Alla sua maestra nega di essere andato dalla madre e la giornata lavorativa prosegue normalmente.  La maestra prima dell’uscita da scuola manda i due bambini, che ancora si guardano in cagnesco, nel corridoio e li invita a chiarirsi tra loro. L’autoregolazione del conflitto funziona, i due alunni fanno pace, si chiedono reciprocamente scusa, ammettendo  entrambi di aver avuto una parte di torto nella lite.

La maestra si rasserena, il graffietto non si vede quasi più, i bambini vanno a casa tranquilli.

L’indomani l’alunno che aveva graffiato il compagno si assenta e anche il giorno dopo. Il terzo giorno viene accompagnato dalla madre che consegna alla maestra un certificato del pronto soccorso: violente epistassi da contusione.

-C’è stata una lite sul bus della scuola.

La maestra fa quattro domande al bambino, lui non ha chiari ricordi, ma alla maestra  tutto comincia a essere spaventosamente chiaro. Poi va dalla collega, mamma del bambino ferito.

-Dimmi che non è stata una spedizione punitiva di quel gruppetto dei tuoi alunni per il graffietto a tuo figlio.

La collega impallidisce. Chiama tre dei suoi alunni in disparte, alunni di 10 anni altamente problematici, che candidamente ammettono che sì, quel bambino meritava una lezione.

Le due maestre si guardano, nei loro occhi c’è tanta sconfitta, tanta amarezza. Gli occhi del bambino che ha sferrato i pugni al naso  invece brillano di vittoria e di luce  sinistra.

La maestra torna in classe, è arrabbiata, è amareggiata, deve parlare alla classe, deve dire, fare qualcosa. Entra e trova i due ex litiganti  che ridono e si divertono con un giornalino di Topolino. Entrambi non hanno ben capito cos’era  successo sul bus e perchè. Poi uno chiede all’altro:

-Ti fa ancora male il naso?

-Sì, un pochino, ma sta passando.

– Sono stati cattivi quei bambini a pestarti  senza motivo.

-Sì, molto cattivi.

-Io con loro non parlerò mai  più.

-Nemmeno io, mai più.

La maestra decide così di non dire nulla. Forse sta sbagliando di nuovo, ma  non ha nessuna voglia di interrompere quel momento di  intesa tra due bambini di appena  8 anni. Sa che dovrà riprendere il discorso, ma lo farà quando si sentirà meno amareggiata e sa anche che in quel momento non vorrebbe  trovarsi nei panni della sua collega che ha già convocato i genitori di quei tre bambini. Inutilmente.

Non parlatemi di Halloween…

31 venerdì Ott 2014

Posted by ili6 in Articoli, Intrattenimento, io e loro, scuola

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bag, caos, Halloween, Henry Ford, lavoretti, ricorrenze, scuola, trick or treat, vita da maestra

 …non azzardatevi  nemmeno a nominarlo! Ne ho fin sopra i capelli di questa “festa” che non è mia, che non mi appartiene, ma che DEVO “festeggiare”! Dove? Ma a scuola, naturalmente!

Ok, ok, è una ricorrenza che piace ai bambini, è storia e cultura di altri popoli, è da rispettare, è PROGRAMMA DI INGLESE, cazzarola!! E ogni programmazione che si rispetti prevede  attività varie e il fatidico LAVORETTO! Cazzarola-bis!

Ok, ok, la manualità, la creatività, il gioco, il ballo,  sono importanti per la crescita armonica del bambino, d’accordooo, ma non stiamo esagerando un pochetto? Perché ogni anno ‘sto Halloween arriva e non si discute :festa e lavoretto! Trick or treat, ghost, skeleton, goblin , Jack ‘o lantern, black cat, spider, …Madonna Santa quanti simboli e uno più orripilanti dell’altro! Ed è per questo che Halloween piace tanto ai bambini:  l’orrido e il misterioso li attraggono oltre ogni dire.

Ma avete  mai provato a raccontare a un bambino dai 6 ai 10 anni la leggenda di Jack ‘o Lantern? Io sì, praticamente ogni anno  e ogni volta è uno spasso! Scegliere le parole una a una per evitare di spaventarli col diavolo, l’ubriacone, la croce, l’inferno, i morti che vagano per le strade, le zucche che bruciano, i gatti neri che miagolano alla luna, etc, etc…E loro affascinati a fare domande,a voler sapere sempre di più,  e io a non sapere dove fuggire per non rispondere.. E disegnano mostri e catene, streghe e scheletri…e portano da casa dentiere di vampiri e cappellacci, zucche e persino biscotti a forma di dita da strega sanguinanti di marmellata!

E poi i LA VO RET Ti! Odiosi lavoretti! Datemi il fantasioso Dante da leggere e spiegare, il buon Pascoli, il depresso Leopardi, datemi la grammatica da affrontare, persino  matematica e algebra, ma NON datemi i lavoretti di Halloween!  Non datemi nessun lavoretto di nessuna festività; niente carta pesta, crespa, das, plastilina, pasta di sale, di riso e di carote, nulla! Detesto colla e forbici & co. Cioè, mi piace fare e creare, ma non sono brava in queste cose, non ho pazienza e poi, avete la benchè minima idea di cosa significhi fare un lavoretto moltiplicato 25??? Da suicidio!

Da  giorni provo e riprovo, taglio, incollo, guardo e accartoccio nella pattumiera! Ho pezzetti di carta sparsi in ogni angolo di casa perché non sia mai che mi presenti a scuola con qualcosa da fare senza saperla fare! E così stavolta ho provato e riprovato a fare una specie di borsetta di cartoncino trick or treat, quella del dolcetto- scherzetto che loro dovrebbero ritagliare, piegare, incollare, disegnare, colorare. E io dovrei guidarli  tutti e 25 insieme.! Domani!

Comunque la colpa è mia, solo mia, perché la bag poteva essere fatta con un semplice sacchettino di carta da bar, uno spago per manico, due scarabocchi di goblin e ghost e c’eravamo sbrigati. Eh nooooo! Io, sadomasochista, vado a pensare a un collegamento con la geometria e così sarà utile che il parallelepipedo o cubo  o quadrato o  cilindro o ciò che domani  uscirà fuori…dovranno  costruirlo gli alunni. Sai, la tridimensionalità, i lati, il volume e tutte quelle cose lì…

Vabbè,  giorni e giorni per trovare un modello che mi convincesse, per provare e riprovare. Libri e web setacciati! Il web è stracolmo di lavoretti di Halloween e della qualsiasi. Non so quanti blog e siti ci sono di maestra Mary, maestra Sabry, maestro Roberto, maestra Gemma, maestra Filippa, Genoveffa, Turidda! E tutti a dire: ”facilissimo lavoretto che entusiasmerà i bambini!”  Oh, loro si entusiasmeranno di certo e realizzeranno la  bag trick or treat, smell my feat …grrr non la posso più sentire ‘sta scemenza di filastrocca, io da sola  impazzirò  a seguirne 25 insieme!

Domani mi do malata!

Due sole cose mi  incoraggiano

1: che ho alunni che stanno diventando sempre più bravi e forse sapranno fare meglio della loro maestra

2: questa frase di Henry Ford

“Chiunque smetta di imparare è un vecchio, che abbia 20 anni o 80.

Chi continua ad imparare, giorno dopo giorno, resta giovane.

La cosa migliore da fare nella vita è mantenere la propria mente giovane ed aperta.”

E io stasera ho imparato a fare una cosa simile a queste…

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Foto web

Quindi, maestra Marirò, forza e coraggio e domani si va a fare Halloween!  Fatemi gli auguri…

Happy Halloween!

Dura di comprendonio

02 giovedì Ott 2014

Posted by ili6 in Arte, Articoli, io e loro, scuola, Senza categoria

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aula scolastica, cartelloni, chiodi e martello, collaboratori scolastici, dura di comprendonio, Marcel Duchamp, responsabilità, rimprovero, rischio, scalette, scuola, sicurezza sul lavoro, testardaggine, vigili del Fuoco, voglia che passa

L’altra mattina sono stata rimproverata con decisione da un bidello della mia scuola, ops, chiedo venia, da un collaboratore scolastico, ‘che se li chiami bidelli ti fanno “spirdare” (vedere gli spiriti dallo spavento ). No, nemmeno collaboratori scolastici va bene. Li devi chiamare signore e signora e punto. Quindi sono stata rimproverata dal Sig. G.  davanti ai miei alunni in malo modo, cioè con tanto di voce alta, frasi imperiose e minacciose e sapete il perché? Perché sono stata colta in fallo mentre, arrampicata su una scaletta a V, attaccavo un grande cartellone a una parete della mia aula.

-Maestra, che cavolo sta facendo lassù?!? Scenda immediatamente!

Premesso che io non mi offendo se mi chiamano maestra e non signora, anzi mi piace proprio, sentendo quelle urla sono saltata in aria col rischio di cadere sul gruppetto di bambini che mi stava aiutando dal basso a tenere fermo il  cartellone che avevamo terminato dopo due settimane di intenso lavoro e che  stavo cercando di fissare al muro con cartoncino e  chiodini.

-Che succede  signor G.?  Non sto rovinando il muro, ho con me i cartoncini di protezione, stia tranquillo. Piuttosto stia attento che A. e B. non si prendano a calci, per favore.  A. è già nervoso di buon mattino.

-Scenda subito dalla scala, maestra! Lei non può salire su quella scala!! Lo sa che se cade sono guai per tutti?

– So che se cado saranno guai per me, ma sto attenta. Questa scala sembra parecchio  fragilina…

-E’ fragile. Da dove l’ha presa? Chi l’ha autorizzata??

Comincio ad innervosirmi e, dall’alto del penultimo  piolo di quella scala senza parapetto, senza gommine antiscivolo, senza catenina di sicurezza e che tremola tutta, con in mano il martello, tra i denti due chiodini, mi giro con la testa che ondula e dico al sig.  G. che la scala l’ho presa da me dietro l’anta del portone dove è tenuta e dopo aver chiesto da giorni  a tre sig. collaboratori scolastici se mi potevano aiutare a fissare il cartellone. E poiché nessuno si è reso disponibile, era arrivato il momento di fare da sola.

-Io sono il responsabile della sicurezza dei lavoratori di questa scuola e le dico che lei non deve salire su nessuna scala, quindi scenda subito!

-Ok, io scendo, ma finisce lei di mettere altri due chiodini quassù?

-Nemmeno per sogno! Se io o lei, o altri, cadiamo mentre siamo arrampicati su una scala, specie una scaletta come questa,  l’assicurazione dovrà sborsare un sacco di soldi e qualcuno potrebbe finire in galera! Venga subito giù, non posso vederla lassù!

– E allora chi deve attaccare un cartellone in questa scuola??

– Non lo so: personale specializzato, operai del Comune…nessuno! Niente cartelloni a quell’altezza, nessuno! Dovete smetterla voi maestre con questi cartelloni!!! 

– A scuola i cartelloni si creano e si attaccano. Questo è parecchio grande, è quasi una scenografia che abbiamo realizzato a scuola con fatica, mettendoci impegno, tempo, creatività ed è venuto proprio bello! Se lo scordi che io non lo attacco!! Quindi o scendo io e sale lei o la smetta di urlare, mi tenga ferma la scala e incroci le dita finchè non metto questi ultimi chiodi!

-Lei mi costringe a tirarla giù! E’ dura di comprendonio!

-La nostra maestra non si tocca!!! –gridano alcuni dei miei alunni.

Il sig, G. urla ai bambini di stare zitti, di togliersi dai paraggi della scala, si attacca alla scaletta e trattiene il respiro sino a che non sistemo il cartellone. Quando scendo noto che è pallido e sudato. Lui!

-Maestra, lei non sa che rischio ha corso e ha fatto correre a me e alla preside.

-Già, a lei e alla preside…  Ora so che a Natale, per il grande presepe che FOOOrse  realizzeremo, dovrò chiamare i Vigili del Fuoco per fissarlo alle pareti! Intanto lei dica alla preside di acquistare una scala decente, altrimenti la voce grossa la farò io che son dura di comprendonio. E se soldi non ce ne sono, vorrà dire che da domani inizieremo una colletta pro scala-sicura!

duchamp

 Marcel Duchamp – Nudo che scende le scale n. 2 – 1912

Cara maestra…

18 domenica Mag 2014

Posted by ili6 in Articoli, emozioni, io e loro, pensieri, scuola, Senza categoria

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alunni, bisogno, cara maestra..., comunicazione, genitori, innamoramenti infantili, insegnanti, lettere, Prove Invalsi, scuola primaria, sentimenti

invalsi

Foto web

La scorsa settimana a scuola siamo stati impegnati nelle prove INVALSI (tralascio volutamente ogni commento altrimenti andrei in fibrillazione nervosa) e nella trasmissione on line dei dati. Gli alunni (e gli insegnanti) hanno lavorato l’intero anno per affrontare al meglio le suddette prove nazionali . Per chi non sapesse, sono quiz di italiano e matematica a tempo atti a testare la preparazione degli alunni delle scuole statali italiane di ogni ordine e grado. Nella Scuola Primaria sono state interessate le classi seconde e quinte e ogni alunno ha ricevuto tre fascicoletti da leggere e compilare. L’ultima pagina dei fascicoli era bianca, utile per appunti e calcoli vari.

Gli alunni si sono mostrati attenti, un po’ preoccupati e hanno messo impegno per far bene. Noi insegnanti abbiamo cercato di infondere tranquillità e quando i bambini hanno chiesto chi avrebbe corretto le prove abbiamo risposto che lo avrebbero fatto delle maestre di Roma, tanto per soddisfare la loro curiosità (e in parte corrisponde a verità).

Mentre inviavamo i dati, nell’ultima pagina di uno dei fascicoli di un bimbo di 8 anni abbiamo trovato la seguente lettera:

Cara maestra di Roma,

sono S. e sono innamorato di C., una mia compagna di classe. Con la mamma non ne posso parlare perché dice che sono piccolo, con la mia maestra nemmeno perché dice sempre che dobbiamo studiare, ma io ne voglio parlare. Questo è il mio numero (segue un numero di cellulare) mi telefoni così ne parlo con te? Aspetto che mi chiami. Ciao (segue nome e cognome dell’alunno).

Appena letta quella paginetta  tra noi insegnanti c’è stato un attimo di ilarità, poi abbiamo iniziato a riflettere…

 

❤ ❤ ❤

Un GRAZIE di cuore

a Liù per avermi insignita del Premio “Book Nomination”,

a Gina e a Arthur per aver pensato a me per il ” Lovely Blog Award”.

Che dire? Grazie!!!

Per Voi, e per tutti gli amici di questo blog, tulipani colorati, simbolo di simpatia e  amicizia. 🙂


tulipani rosa 197293

 

Figli-polizza

02 giovedì Gen 2014

Posted by ili6 in Articoli, costume e società, io e loro, scuola, Senza categoria

≈ 39 commenti

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figli, genitori, infortuni, lavoro minorile, polizze assicurative, scuola

Mi ricollego a un recente post di Tads, che così chiama quei figli che alcune donne “programmano” per incastrare un uomo con il matrimonio o il vitalizio, per ampliare la sfera dei figli- polizza, che non sono solo frutto delle menti strambe  e distorte di certe  donne, bensì,  spesso e purtroppo, anche di entrambi i genitori e del parentado tutto.

A voler fare un giretto in vari Stati europei e in altri Continenti, avremmo un elenco infinito di bambini buttati nel mondo del lavoro e sfruttati in vario modo e consapevolmente dai genitori, dagli zii, dai nonni al fine di racimolare denaro. Ma vorrei restare in Italia e restare anche in situazioni e ambienti socio culturali quanto più possibili normali. Evito, quindi, di includere le baby prostitute e l’infame e miserevole circuito pedopornografico.  Includo, invece, tra i vari,  i bambini-elemosina, che non sono solo bimbi rom,  i bambini-benzinai e i bambini- posteggiatori. Questi ultimi sono davvero tanti e vanno “al lavoro” accompagnati dai papà che, magari, li sorvegliano a distanza perché si sa che un bambino posteggiatore fa più presa di un adulto in termini di monetine guadagnate… Una o due volte la settimana questi bambini marinano la scuola per raggiungere varie piazze . Nel ciclo scorso ne ho avuti un paio di alunni-posteggiatori (4^-5^ elementare) e impiegai un po’ a capire il perché di quelle assenze sempre di lunedì, giorno di mercato…

-Oh, maestra, devo aiutare mio padre, altrimenti non si mangia!  E alla fine, riconoscendo le difficoltà economiche di certe famiglie, non sai più che dire o che fare e ti arrendi col cuore in tumulto. Perché poi il mercato c’è anche in inverno e col vento gelido…

In tumulto non entra tanto il cuore quanto  la ragione in alcune situazioni di furbizia,  cercate e ben programmate dagli adulti e  che coinvolgono gli inconsapevoli  bambini. Sono situazioni che si verificano, causa crisi,  sempre più spesso, specie nei luoghi di aggregazione coperti da  polizze assicurative e che interessano ormai ogni ceto sociale.

La scuola pubblica, si sa,  è luogo d’eccellenza per l’aggregazione e… per  avviare pratiche di riscossione di polizze assicurative contro gli infortuni!  Denunce, verbali, colloqui, inchieste, sono ormai all’ordine del giorno e anche per le cose più assurde e minime.

Un dente rotto contro lo spigolo di un banco potrebbe significare un’auto nuova!!!

wounded teddies

Foto web

Due mesi fa, dopo un giorno di assenza, Mario (nome di fantasia) si presentò in classe con il piede ingessato. Era accompagnato dai nonni che mi informarono che il bambino aveva  la caviglia rotta e mi chiesero di stendere il verbale dell’incidente. Quale incidente?  Seppi così che  Mario  due giorni prima durante la ricreazione  aveva  ricevuto un calcio da Salvo, un compagno di classe. Un calcio durante la ricreazione? Non ricordavo nulla di particolare accaduto  a scuola. Il nonno parlò di un banale litigio tra i compagnetti  con relativi calci e chiarì che il nipote aveva  avvertito  un dolore crescente  nel pomeriggio e poi  la corsa al pronto soccorso che evidenziò  la lesione alla caviglia. Mi scusai, dispiaciuta, mi impappinai, persi le parole. Perché Mario non mi disse  nulla? E io dove ero? La nonna mi tranquillizzò, disse che io ero in classe che correggevo i quaderni, che il dolore si manifestò dopo, che era un gioco tra bambini, che Salvo non aveva avuto cattive intenzioni e che serviva il verbale per via dell’assicurazione.

-Certo, certo, il verbale, lo redigo subito, ci mancherebbe. All’uscita lo consegno al dirigente.

 Salutai i nonni, mi scusai ancora  e iniziai il mio lavoro. Anzi no, non iniziai nessun lavoro.

Iniziai a fare domande  a Mario, a Salvo e alla classe. Mario evitava di parlare del fatto, gli altri compagni non sapevano  nulla, Salvo era  in evidente imbarazzo. E’ un bambino buono, sereno e non mi pare per nulla uno spezzagambe. Alla fine Salvo cedette e iniziò a piangere:-Maestra, io non volevo fargli del male, è stata una mossa sbagliata e il maestro non mi ha corretto in tempo.

-Quale maestro?

-Il maestro di karate.  L’incidente è stato in palestra, nel pomeriggio.

All’uscita di scuola aspettai la madre di Mario e le dissi che non dovevo  redigere nessun verbale. La signora  diventò in viso di mille colori, disse che era stata un’idea dei suoceri visto che la palestra non aveva ancora rinnovato l’assicurazione contro gli infortuni, che i tempi sono duri e che in fin dei conti non mi costava molto scrivere due parole. Ma se non mi sentivo  di fare alla famiglia quel favore, poteva  comprendere.

A Natale ho ricevuto dai genitori degli alunni una bella composizione di piantine. I genitori di Mario hanno partecipato al delicato dono. Significa che hanno compreso? Me lo auguro. Per loro.

salvagente

Foto web

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