Nella mia città c’è una piccola strada, lunga poco più di 200 metri e non molto larga, che è un trionfo di bellezze: è la via Crociferi. Situata nel centro storico di Catania, anticamente era  chiamata via Sacra e al tempo dei romani vi sorgevano i tre templi di Ercole, di Castore e Polluce e di Esculapio. Dopo il terremoto del 1693 prese il nome dei padri Crociferi che vi avevano edificato la chiesa di San Camillo e fu  arricchita da splendidi  edifici e chiese che le famiglie più influenti costruirono e divenne ben presto il centro della vita cittadina.

 In quei 200 metri, infatti, si concentrarono una serie di edifici religiosi e ben quattro chiese (San Benedetto, San Giuliano, San Francesco Borgia, San Camillo), racchiusi all’estremità da due grandiosi archi: a sud quello del Monastero delle Benedettine, a nord il portale di Villa Cerami. Le chiese, gli archi e gli edifici sono in stile barocco e in essi spiccano i colori dominanti di tutto il centro storico di Catania: il bianco della pietra calcarea e il nero del basalto,  materiale di costruzione che  regala quel monte che ci sovrasta, che ci saluta ogni mattina all’albeggiare, che ci fa vedere e capire quanto è potente e quanto può decidere le nostre sorti.

Via Crociferi, appartata e silenziosa, con i tenui lampioni delle chiese che sembrano toccarsi e che si guardano una di fronte all’altra, quasi a confrontare le bellezze,  è uno splendido esemplare del barocco catanese e tra gli artisti che collaborarono a conferirle sfarzo e bellezza ci fu il  Vaccarini.  In essa trovarono il loro scenario le più solenni feste e cerimonie religiose,  vi fu battezzato Vincenzo Bellini, la cui casa natale, oggi trasformata in museo, si trova nella piazza antistante l’arco di San Benedetto. L’aspetto scenografico della strada, resa omogenea dai colori delle facciate degli edifici e dalle ampie ringhiere in ferro battuto che raccordano le scalinate delle chiese al piano stradale, attrae turisti e richiama  l’attenzione di artisti e urbanisti, che  progettano  varie soluzioni che la riportino all’originale splendore, ma che, purtroppo , non sempre trovano piena  attuazione.

I lastroni di lava usurati del centro storico di Catania,  di via Crociferi e le stradette  ripide fino a segrete piazze, tra conventi severamente aristocratici molto più che pii, hanno visto nel tempo un susseguirsi di ciack di sicuro rispetto: “Il bell’Antonio” di Mauro Bolognini con un grande Marcello Mastroianni e una bellissima Claudia Cardinale, dove Catania appare bellissima e, ancora,  “Un bellissimo novembre” sempre di Bolognini, “Paolo il caldo”, “Gli anni difficili” , “Divorzio all’italiana”, “Mimì metallurgico”, “Malizia”. Tra i recenti film,  alcune scene di “Johnny Stecchino” di Benigni ,“Storia di una capinera” di Zeffirelli, “La piovra”, “Del perduto amor” di Franco Battiato. Letteratura, arte e cinema che  si incontrano nel barocco catanese e che, insieme alla musica,  fanno di questa mia città un grande laboratorio culturale e artistico.

Così come accade in molte città italiane, anche via Crociferi soffre periodicamente per l’incuria delle amministrazioni locali e per la maleducazione di alcune persone: il  gioiello settecentesco di Catania alterna, infatti,  periodi di cura e splendore,  di ornamenti floreali ed eccelse manifestazioni , a periodi di disordine, sporcizia e caos.  Ma lasciamo stare le amarezze…

 Come ogni luogo storico che si rispetti,  anche via Crociferi è ammantata di mistero e leggende: si racconta che, ad es, l’arco che collega i due monasteri religiosi, uno maschile ed uno femminile, servisse a certe unioni peccaminose tra gli ospiti dei due conventi. Solite malelingue, …meglio ricordare, invece, il meraviglioso canto che ogni anno per la festa di Sant’Agata, le suore benedettine offrono all’alba alla Santuzza e alla straripante folla che segue la processione.

Pare sia accertato dai documenti , invece, che in questa via i numerosi nobili che vi abitavano nel 700, vi tenessero i loro notturni conciliaboli  per intrighi amorosi o per cospirazioni private. Così nacque la leggenda del “cavallo senza testa”. I nobili, impegnati di notte in “altro”,  non volevano essere notati dalla plebe e tanto meno riconosciuti, così sparsero la voce che la notte in via Crociferi  vagasse un cavallo senza testa  e così nessuno vi si avventurava una volta calate le tenebre. Solo un giovane catanese, impavido e poco avvezzo alle leggende,  scommise con i suoi amici che sarebbe andato nel cuore della notte sotto l’Arco delle suore Benedettine (che la storia narra come costruito in una sola notte, nel 1704), per smentire tale diceria. A prova del suo passaggio in quel luogo doveva affiggere un chiodo. Gli amici accettarono la scommessa. Il giovane a mezzanotte in punto, munito di scala,  piantò il chiodo alla parete dell’arco,(buco ancora visibile) ma non si accorse che insieme al chiodo aveva attaccato anche un lembo del suo mantello. Ciò gli impedì i movimenti  e non potè  più scendere dalla scala. Il ragazzo allora pensò di essere stato preso dal cavallo senza testa e per il terrore morì, vincendo la scommessa, ma confermando la leggenda.

Erano altri tempi…oggi, intrallazzi, problemi  o meno, cavallo con o senza testa, la movida notturna nel centro storico impazza sempre più. E la bellezza  e il fascino, diurno e notturno, di questi 200 metri rimangono  immutati  nel tempo.