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Marirò

~ "L'esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque"

Marirò

Archivi tag: vita di maestra

“Non mi guarda nessuno!”

06 sabato Feb 2021

Posted by ili6 in Articoli, Senza categoria

≈ 35 commenti

Tag

10 anni, educazione, Fretta di crescere, in cerca di sguardi e di sè, pantaloni strappati, Preadolescenza, psicologia, scuola, società, vita di maestra

Federica, non ancora dieci anni, è una bella bambina, bassina, paffutella, curata nell’abbigliamento. Fatica un po’ nell’apprendimento perché è una gran pigrona ma nelle conversazioni sa spesso essere geniale e deduttiva. E’ in una fase di passaggio tra infanzia e fanciullezza, come è giusto che sia; l’adoro quando indossa i cerchietti con le orecchie da coniglio o si pettina coi codini e i fiocchetti rosa. E’ in combutta con se stessa perché, pur bimba, manifesta fretta di crescere in vari modi, dallo smaltino alle unghie alla maglietta con gli strass, dagli stivaletti di vernice agli orecchini a cerchi colorati.

Giorni fa, mentre usava le forbici per realizzare un graffito, mi accorsi che si stava tagliando i pantaloni della divisa di scuola.

<<Federica, che stai combinando?!>>

<<Niente, niente>>.

Mi avvicino: <<Niente? Hai bucato i pantaloni. Perché?>> Federica non risponde, si gira indispettita dall’altra parte cercando di ignorarmi. Inizio a dirle che ha rovinato dei bei pantaloni, che la sua mamma avrebbe dovuto spendere dei soldi per acquistarne di nuovi, che ha rischiato di farsi male, che queste cose non si fanno, ecc…e torno alla cattedra impensierita per quel suo gesto. Lei mi segue:

<<Non ti devi preoccupare, maestra. Io lo faccio perché mi piacciono i pantaloni strappati>>.

<<Non capisco, spiegami>>.

<<Vedo che tutti hanno i pantaloni con gli strappi>>.

<<Tutti chi? A scuola non sono permessi i pantaloni strappati>>.

<<Li portano le maestre giovani e le ragazze e anche molte mamme>>.

Comincio a capire e mi sento sollevata: niente autolesionismo, niente sindrome borderline, solo voglia di diventare grande. E’ vero che alcune maestre giovani vengono a scuola coi jeans strappati sulle cosce, idem qualche bambina e nei dintorni ci sono mamme vestite tutte attillate, leopardate, strappate e con oblò sparsi.

<<I pantaloni strappati sono brutti! E poi gli strappi si fanno sui jeans, non sulle tute>>.

<< A me piacciono. Mia mamma non me li compra e io mi taglio le tute!>>

Guardo i suoi pantaloni. I tagli sono anche fatti bene, seppur senza l’effetto da lei sperato perché sotto Federica indossa un collant di lana blu che fortunatamente le forbici non hanno raggiunto. Non so se ridere o restare seria.

<<Perché ti piacciono? Cos’hanno di bello? Potresti anche sentire freddo alle gambe. A me sanno di vecchio, di stracci>>.

<<Mi piacciono, sono di moda>>.

<<Ma no, sono già passati di moda. Hai rovinato un paio di pantaloni caldi e comodi e questo non si fa. Ne hai tagliati altri?>>.

<<Un altro. Sai maestra, io non so più cosa voglio fare da grande>>.

<<La veterinaria. Lo hai sempre detto: tu ami gli animali>>.

<<Non lo so più, non so se voglio fare la modella o la veterinaria>>.

<<Potrai fare entrambe le cose>>.

<<Si, ma…>>

<<Ma cosa?>>

<<Sai perché mi piacciono i pantaloni con gli strappi? Per essere guardata>>.

<<Guardata? Da chi?>>

<<Da tutti. Tutti guardano quelle che hanno i pantaloni strappati, a me non mi guarda nessuno!>>

<<Ma che dici?>>

<<E’ così. Se farò la modella mi guarderanno tutti>>.

<<Ma anche se farai la veterinaria potranno guardarti tutti. E coi pantaloni senza strappi!>>

Federica è perplessa e la campanella del cambio dell’ora mi salva. Le dico di non tagliuzzare più nulla e che ne avremmo riparlato.

 Dovrò farlo? Non so, sono discorsi seri, difficili, forse inutili perché andranno a cozzare con la naturale precocità insita in ogni adolescente, con la sfacciata realtà in cui viviamo, con la nevrosi e l’omologazione che ci circonda, con il bombardamento mediatico che ci condiziona, con il senso di inadeguatezza che ognuno di noi avverte in molte occasioni e a ogni età.

“Per essere guardata…” Federica è nella fase preadolescenziale, una fase incerta, sospesa tra i cerchietti con le orecchie da coniglio e gli ambiti jeans attillati e strappati, in bilico tra un “mamma/maestra abbracciami” e un “faccio quello che voglio ai miei vestiti perché voglio essere guardata ora e subito”. E’ nella fase in cui lo sguardo degli altri, coetanei e non, inizia a giocare un ruolo importante nella costruzione dell’immagine di sé.

Non so se riprenderò il discorso con lei e con tutta la classe. Una parte di me sa che sarebbe giusto e importante farlo, l’altra parte mi suggerisce di rispettare questa loro fase di vita. Però dovrò stare anche dalla parte di molte mamme giudiziose e cercare di aiutarle a non ritrovarsi a dover spendere quattrini per sostituire pantaloni ridotti a brandelli. Devo pensarci ma so già che non potrò dire ai miei alunni che la loro maestra a dodici anni di nascosto si arrotolava più volte in vita la cintura della gonna nel disperato tentativo di renderla più corta!

“Eh, maestra, così è la vita. Che vuoi farci?”

14 lunedì Gen 2019

Posted by ili6 in scuola, Senza categoria

≈ 60 commenti

Tag

correzioni da sfinimento, parole, raffreddori, saggezza dei piccoli, scuola, vita di maestra, voglia di far niente, voglio andare in pensione!

7 anni appena: me ne restano cinque, sono in fila alla cattedra e aspettano con pazienza che io corregga un esercizio di grammatica che hanno or ora completato. Sto cercando di fare velocemente, ma gli occhi mi bruciano e devo interrompere per soffiarmi il naso o tossire col fazzoletto davanti alla bocca per tentare di non contagiarli. Mannaggia ai super raffreddori invernali! E poi, diciamolo sinceramente, sono stanca e stufa di questo lavoro lungo e antipatico; “cu, qu, cqu e capricciose” mi ballano attorno da più di una settimana e adesso peggio per me che gli ho dato 20 parole da completare. Ne potevano bastare meno e ora mi tocca fare la correzione di tutte le 400 parole!!! Fortuna che ci sono tre assenti stamattina…

Cerco di stare concentrata e di volare, chissà quanti errori mi stanno scappando…. e i 15 già corretti si stanno anche agitando. “Ok, avanti un altro” dico, mentre ho voglia di poggiare la testa sulla cattedra, di bere una spremuta di arancia e stare al calduccio di casa. Non devo avere una buona cera perché quando arriva Matteo, il penultimo, mi dice: “Eh, maestra, così è la vita. Che vuoi farci?” Lo guardo stranita, e lui: “Si deve lavorare anche se si sta male”. E mi sorride.

7 anni, 7 anni appena e ha già capito tanto della vita: merita una lode a prescindere!

bo

FOTO WEB

Un pensiero bello

18 domenica Set 2016

Posted by ili6 in Articoli, scuola, Senza categoria

≈ 44 commenti

Tag

emozioni, fine dell'estate, genitori e figli, pensieri belli, primi amori, ritorno a scuola, scuola, vita di maestra

innamorati

Primi giorni di scuola in una quinta elementare qualsiasi. Complice una gradevole lettura sulle vacanze e sui primi amorini estivi, la domanda della maestra è scontata. Non lo sono parecchie  risposte degli alunni:

Maestra-E voi in estate vi siete innamorati? Su, raccontate! Non voglio curiosare, non voglio nomi, ma ditemi se e  perchè vi siete innamorati.

G.:-Sì, mi sono innamorato dei suoi occhi colore del cielo.

D.:-Sì, era bello, elegante, noi diciamo figo, e mi faceva ridere.

F.:Dai, maestra,…lo sa tutta la scuola che da un anno io…io ho un pensiero bello in questa classe. Non potevo innamorarmi di un’altra!

Maestra:- Giusto!

S.(il pensiero bello di F.): -No, ho già il mio pensiero bello.

K.– Non farmi pensare, maestra! Dovrò aspettare giugno per rivederlo! ( si emoziona e le scappa una lacrima).

Maestra.- No, non pensarci, giugno arriverà presto.

E:-No, tutti i ragazzini di questa estate erano insipidi.

Maestra: Caspita!

C.:-Io sì, ma lei no. Pensava a mangiare gelati. Si farà una buffa!

S.(fidanzata da due anni con L).- No, io sono già impegnata.

Maestra:-Così tanto da non avere distrazioni, brava! Cosa ti piace di lui?

S.– Tutto.

L.(fidanzato da due anni con S.): – Io non mi sono innamorato, ma due si sono innamorate di me.

S.(saltando dalla sedia):- E tu che hai fatto?!?!

L.-Niente, lo giuro!

Maestra: Niente perché sei anche tu innamorato?

L.– Certo e di lei mi piace Più. Di. Tutto. (S. si siede, occhi dolci, guance come il fuoco).

A.:-Non me lo chiedere, maestra, perché non te lo dico.

Maestra: ok, ok.

R.:-Non lo so. Mi piaceva la sua voce e come mi parlava. Mi piaceva fare giri in bici insieme e nuotare con lei. Non lo so, ma la penso ogni giorno.

Un compagno gli chiede:- Ti manca?

R.– Sì.

Compagno: -Allora ti sei innamorato.

N:– Sì, mi sono un poco innamorata, ma già non ci penso più.

Maestra:-Oh!

N:– Ci saranno amori migliori.

Maestra: Già. Hai ragione.

P.:- No, mi vergognavo a innamorarmi.

Compagna:- Ma che c’è da vergognarsi? Sono pensieri naturali.

P.:– Poi mia mamma, mia zia, …mi avrebbero preso in giro.

Compagno:- Mica glielo dovevi dire!

P.:-Quelle si accorgono anche di una zanzara che vola nella casa accanto!

Maestra: Altri vogliono aggiungere qualcosa? No? Ok. Grazie per queste risposte, mi avete fatta tornare ragazzina di 10 anni, con i miei primi batticuori! Belle sensazioni, anche qualche sofferenza, insomma sentimenti uguali a quelli che molti di voi state provando. Sono identici  anche alle sensazioni che i vostri genitori provarono alla vostra età: affetti, simpatie, amicizie forti, che hanno avuto anche loro. Non chiamiamoli amore, non lo sono ancora. Chissà se per i vostri genitori  quei pensieri belli finirono presto, come quello mio per Gaetano, o se continuarono a lungo o per sempre. Chiedeteglielo, saranno contenti di parlarne e anche di ascoltarvi. Potrebbero consigliarvi tante cose. Non abbiate timori, nessuno sarà preso in giro e non si arrabbieranno.  Se vi viene qualche dubbio loro sapranno risolverlo nel modo giusto. I genitori sono le guide più esperte, più fidate, della vostra vita. Soprattutto non affidate le vostre prime cotte  a un telefonino o a Facebook. Il vostro punto di riferimento sicuro sono mamma e papà, non dimenticatelo mai.

F:– Maestra, ora posso sedermi con S.?

Maestra:– Cioè con il tuo pensiero bello? Ma sì,  mi piacciono i pensieri belli, però… niente distrazioni quando si studia! 😉

 

Litigi e amarezze

03 lunedì Nov 2014

Posted by ili6 in Articoli, io e loro, scuola, Senza categoria

≈ 57 commenti

Tag

amarezza, autoregolamentazione delle dispute, bambini violenti, bullismo, litigio, senso di sconfitta, spedizione punitiva, vita di maestra

 

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Foto web

Succede che due bambini litighino a scuola durante la ricreazione per un misero pupazzetto, si accapiglino un attimo prima che la maestra si fiondi a dividerli e a ripristinare la calma. Uno dei due ne esce con un graffio in viso. Roba di poco conto, ma il bimbo ferito piange e chiede di andare dalla mamma, che insegna in un’altra classe, a farsi consolare un attimino. La maestra non acconsente e, dopo aver disinfettato il graffietto, richiama i due litiganti e riprende il lavoro.

Due minuti dopo il bimbo col graffio chiede di andare in bagno e la maestra glielo concede anche se ha il presentimento che lui andrà dalla mamma a piagnucolare. Non può verificare, non può accompagnarlo in bagno in quel momento, decide di fidarsi. E sbaglia.

Il bimbo va nella classe della mamma e fa una sceneggiata, la mamma lo consola, gli alunni della mamma pure. Il bimbo si rincuora e torna in classe più sereno. Alla sua maestra nega di essere andato dalla madre e la giornata lavorativa prosegue normalmente.  La maestra prima dell’uscita da scuola manda i due bambini, che ancora si guardano in cagnesco, nel corridoio e li invita a chiarirsi tra loro. L’autoregolazione del conflitto funziona, i due alunni fanno pace, si chiedono reciprocamente scusa, ammettendo  entrambi di aver avuto una parte di torto nella lite.

La maestra si rasserena, il graffietto non si vede quasi più, i bambini vanno a casa tranquilli.

L’indomani l’alunno che aveva graffiato il compagno si assenta e anche il giorno dopo. Il terzo giorno viene accompagnato dalla madre che consegna alla maestra un certificato del pronto soccorso: violente epistassi da contusione.

-C’è stata una lite sul bus della scuola.

La maestra fa quattro domande al bambino, lui non ha chiari ricordi, ma alla maestra  tutto comincia a essere spaventosamente chiaro. Poi va dalla collega, mamma del bambino ferito.

-Dimmi che non è stata una spedizione punitiva di quel gruppetto dei tuoi alunni per il graffietto a tuo figlio.

La collega impallidisce. Chiama tre dei suoi alunni in disparte, alunni di 10 anni altamente problematici, che candidamente ammettono che sì, quel bambino meritava una lezione.

Le due maestre si guardano, nei loro occhi c’è tanta sconfitta, tanta amarezza. Gli occhi del bambino che ha sferrato i pugni al naso  invece brillano di vittoria e di luce  sinistra.

La maestra torna in classe, è arrabbiata, è amareggiata, deve parlare alla classe, deve dire, fare qualcosa. Entra e trova i due ex litiganti  che ridono e si divertono con un giornalino di Topolino. Entrambi non hanno ben capito cos’era  successo sul bus e perchè. Poi uno chiede all’altro:

-Ti fa ancora male il naso?

-Sì, un pochino, ma sta passando.

– Sono stati cattivi quei bambini a pestarti  senza motivo.

-Sì, molto cattivi.

-Io con loro non parlerò mai  più.

-Nemmeno io, mai più.

La maestra decide così di non dire nulla. Forse sta sbagliando di nuovo, ma  non ha nessuna voglia di interrompere quel momento di  intesa tra due bambini di appena  8 anni. Sa che dovrà riprendere il discorso, ma lo farà quando si sentirà meno amareggiata e sa anche che in quel momento non vorrebbe  trovarsi nei panni della sua collega che ha già convocato i genitori di quei tre bambini. Inutilmente.

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