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analfabetismo, femme fatale, genitori e insegnanti, istruzione obbligatoria, roba da non credere, scuola, scuole serali per adulti, senza parole, smalto per unghie
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Non ha ancora trenta anni, è una bella donna, quasi una femme fatale per come si veste e si trucca. La tradisce il profumo spruzzato in abbondanza: di pessima qualità, è violento, aggressivo, disturbante. La signora ha gli occhi piccoli e guardinghi e scuote nervosamente la folta e lunga chioma nera. E’ sulla difensiva. Parla poco di sé e del figlio, dice solo che è separata, che vive a casa dei genitori e che il bimbo ha frequentato l’asilo poco e male per colpa delle maestre. Preferisco non indagare e, poiché il piccolo piange e sta aggrappato a lei, la invito a restare in classe finchè non si tranquillizzerà.
Questo si ripete nei successivi due giorni di scuola. La signora resta in classe per circa un’ora, in silenzio, osserva tutto con sguardo nervoso e tiene il cellulare sempre ben in vista. Il bambino, intanto, si incuriosisce un po’, inizia a interagire con noi maestre e si interessa a qualche compagnetto. Il problema si sta risolvendo e il quarto giorno la signora resta in aula solo dieci minuti perché il bimbo è più sereno. Noto che è sempre vestita sgargiante e che ha cambiato lo smalto alle unghie, prima nero, poi verde e ora multicolore e con saette gialle su ogni dito. Prima di andar via la signora lascia un paio di quaderni e mi accorgo che non c’è il nome dell’alunno. Sono alle prese con un piccolo litigio da sedare tra due bimbette e prego la signora di scrivere il nome del figlio sulle copertine per non confondere i quaderni. Quando torno alla cattedra la signora è immobile con la mia penna in mano. Mi guarda dritta negli occhi e mi dice che non può scrivere il nome e cognome del figlio perché è analfabeta.
Resto di sasso e lei continua a guardarmi con un senso di sfida misto a naturalezza. Naturale? Normale che dopo quasi 100 anni di istruzione elementare obbligatoria, ci siano ancora persone, giovani e meno giovani, analfabete?!? Analfabete tali da non saper scrivere a stampatello il nome e cognome del proprio figlio??? Non posso crederci!
So che devo stare zitta, che devo farmi i fatti miei, forse compatire e pensare “poveretta”, che devo stare calma e far finta di non aver sentito o capito. So tutte queste cose; situazioni del genere me ne saranno capitate al massimo quattro in tutta la mia carriera scolastica e sono stati sempre casi di genitori avanti negli anni, umili, semplici, ma questa mamma, questo suo sguardo baldanzoso, questa mise esterna tutta fatta di modernità e sfacciataggine, questa età così giovane, questa bellezza, …tutto l’insieme finisce con l’imbufalirmi.
Le chiedo di seguirmi nella stanza docenti e la guardo con sicurezza:“ Che sta aspettando ad andare a una scuola per adulti? Le pare normale essere un’analfabeta? Come farà ad aiutare suo figlio negli studi? Come farà a leggere un documento importante o anche un bel libro??? Come farà a guidare un’auto??? Che se ne fa di quel telefonino in mano se non sa scrivere o leggere un semplice messaggio?!?”
Sono un fiume in piena!
Sorpresa da questa mia reazione a muso duro, la giovane mamma non sa che dire. Forse è abituata al compatimento o al lassismo. Prendo un pezzo di carta e scrivo il numero di telefono della scuola secondaria dove insegna mia sorella:” Chiami in questa scuola, stanno per iniziare i corsi serali per adulti e sono gratuiti. Telefoni e si iscriva. Se avrà problemi sarò a sua disposizione. Telefoni subito, oggi stesso, ha capito?!?”
Mi guarda, non sa se affrontarmi come nemica o decidere di fidarsi, di prendere consapevolezza che è ora di agire, di svegliarsi, di darsi una mossa, di migliorarsi. Per sé e anche per suo figlio. Abbassa lo sguardo sul foglietto, lo prende e va via senza dire nulla.
Non la vedo per parecchi giorni, l’alunno viene accompagnato dalla nonna. Due giorni fa la signora si presenta in classe. Ancora più bella con i capelli raccolti in una coda ordinata e con un delicato smalto rosa alle unghie con i pois bianchi solo sui mignoli, mi chiede di aiutarla a compilare il modulo per i corsi serali: “ Le affido mio figlio, maestra, e molto di me. E’ arrivato il tempo di cambiare, migliorare, crescere.” La guardo seria e poi le dico: “L’aiuterò se lei aiuterà me. Con lo smalto sono un disastro e mi piace molto questo suo rosa tenue con i pallini sui mignoli. Mi insegnerà a stenderlo?”