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Marirò

~ "L'esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque"

Marirò

Archivi tag: racconto

Brezza

09 martedì Apr 2019

Posted by ili6 in Articoli, I miei racconti, Senza categoria

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Tag

auguri, Brezza di primavera, gioventù, I miei racconti, Pasqua, primavera, racconto, ricordi

Buona PRIMAVERA, serena PASQUA! Che siano armoniose e cioccolatose.

brezza

Pomeriggio umido e noioso, tipico di una primavera che non si decide a esplodere. Il cielo nuvoloso contribuisce a questa forma di apatia che a volte colpisce a tradimento. In palestra la fatica e il sudore si triplicano e voglio subito andare a casa a fare una doccia. Così indosso la felpina color grigio smorto, afferro la sacca e via. Questo misto di stretching, pilates e posturale farà anche bene dopo la caduta dalla bici, ma è zero entusiasmante. Anche il gruppo di signore e signorine è alquanto monotono e tedioso. Bah,…qualche altro mesetto e  poi cambio rotta, forse piscina, forse tennis,…mi pare di essere già vecchia a 20 anni! Ok, ok, diamoci una mossa che ho un invito a cena e devo portare qualcosa di pronto. Ecco, devo comprare il prosciutto e il parmigiano, quindi ci vuole una sosta al supermercato.

Poca gente nei corridoi. L’apatia colpisce in massa? Prendo le quattro cose che servono e mi avvio verso le casse. Sono tre e in ognuna ci sono due persone in fila. Scelgo la prima, la commessa mi sembra un filino più sorridente e veloce delle altre. Conosco le tre ragazze alle casse anche se confondo ancora i loro nomi, sono sempre le stesse da anni; a volte sono ciarliere coi clienti e tra loro e pronte alla battuta accogliente e spiritosa, altre volte sono ombrose e silenziose. In questo momento sono tutte zitte e prese dal lavoro fatto di gesti sempre uguali e monotoni, nonostante la varietà della clientela. Evidentemente noi clienti del momento siamo più mosci di loro.

Ma ecco che accade qualcosa e tutto cambia: arriva una Brezza e… l’afa sparisce, l’aria si riempie di voci allegre, di saluti, di sorrisi, di battute, di simpatia. La Brezza indossa dei jeans attillati e una camicia azzurra, ha i capelli castani arruffati, una barbetta appena accennata, occhi nocciola e un sorriso da urlo.

Non è ancora arrivato alle casse e già le tre commesse si sbracciano per salutarlo e lo stesso fa lui. Resto ipnotizzata: “Ti prego, ti prego, vieni alla cassa 1….” Macchè! Si dirige alla cassa 3, la più lontana da me. Sempre fortunata io, eh! Ma forse è meglio così. Sono un disastro con questa tuta anonima, i capelli raccolti a coda alla meno peggio, lucida di sudore e magari sto puzzando. Da domani in palestra si andrà con trucco, scarpe alte e minigonna. I camerini ci sono per cambiarsi, uffa!  Mi do un contegno e guardo senza interesse un espositore di dolcetti, ma la sua voce, ahhh…mescola la mia pancia e i miei ormoni.

 La Brezza ride e scherza con le commesse, fa domande, risponde ammiccante. Mi volto a guardarlo: è uno schianto, un sogno, un’oasi. Io sono trasparente per lui: si gira, si muove, aiuta una signora coi pacchi, parla, sorride. Le commesse si scordano di noi e noi ci scordiamo del mondo perchè ora è lui il mondo. E’ lui il cielo azzurro come la sua camicia; lui la terra fresca e morbida come i suoi riccioli; lui la forza che fa vibrare l’aria come la sua voce. Imbambolata, mi ritrovo a implorare in silenzio: “Guardami, parlami, avvicinati, sfiorami!” Poi la Brezza si avvicina all’espositore di dolcetti,… Dio quanto è vicino, adesso! Sento la fragranza del suo profumo, un misto di sandalo e patchouli. Ma che fa? Prende una confezione di ovetti di cioccolata e la apre: “Per te” dice, mentre mi porge un ovetto. “Per me…, l’ha detto A ME!” Prendo l’ovetto incapace di dire una parola. Brezza distribuisce un ovetto alle commesse, ai due clienti in fila alle casse e incanta tutti.

Intanto la commessa mi sta chiamando, è il mio turno.  Mi accorgo che anche lui sta pagando e spero che usciremo insieme, spero di scontrarmi coi suoi pacchi, di inciampare tra i suoi piedi:”Daiii, fammi pagare o lo perderò per sempre!” Lui ha finito, sta salutando tutti mentre si incammina verso l’uscita. E io? Io resto bloccata da un rotolo di scontrino finito e che deve essere sostituito, cavolaccio!

Lo guardo uscire, il suo lato B è incantevole come il lato A. Sorrido a questo pensiero da ormoni sconnessi, sorrido e finalmente sciolgo la tensione e cancello il grigiore. Esco in tempo per vederlo salire su un motorino e andare via con una sventola di bionda. In mano ho il suo cioccolatino. Lo scarto, lo assaporo e vado verso casa con una energia diversa.

Tanto io in quel supermercato ci torno, eccome se ci torno! 😉

 

 

 

H 24 (Lei)

16 martedì Gen 2018

Posted by ili6 in Articoli, I miei racconti, Senza categoria

≈ 33 commenti

Tag

coppia, coppie che scoppiano, equilibri, famiglia e lavoro, Lui e Lei, pensionamento, racconto, società, solitudini

 

images

(Prima parte di due, forse di tre)

Lei

L’altra mattina ho fatto qualcosa di incredibile: sono andata dall’ex dirigente di mio marito, che è anche un buon amico, e l’ho pregato di riprenderselo! Con voce per nulla scherzosa, gli ho chiesto di togliermelo da casa e di trovargli qualcosa da fare negli uffici, qualsiasi cosa, anche gratis. Lui mi ha risposto che prevedeva questo perché Pier  Ferdinando ha amato sempre il suo lavoro e da pensionato, quale ora è, nei primi tempi ne avrebbe sofferto sicuramente. “Sono trascorsi nove mesi dalla pensione e non si è ancora adattato?” Ho risposto di no, non si è adattato lui e non mi sono adattata io. Ha sorriso benevolo e mi ha promesso che ci penserà.  “Presto!”, gli ho detto mentre lo salutavo, “Fai presto o scoppieremo entrambi”.

Ma cosa ho combinato? Per la maggior parte delle coppie il pensionamento è una gioia: si potrà stare  più insieme, si potranno fare cose nuove o  da sempre rinviate, viaggiare ad esempio, dedicarsi agli hobby, ecc…ecc…Viaggiare…con la maledetta paura degli aerei che abbiamo…. E poi ci vorrebbero tanti soldini. Hobby? Il suo hobby preferito è il lavoro, sì, c’è il calcio, ma alla sua età e con gli acciacchi che ha, se lo può scordare.

Per la maggior parte la pensione è una gioia, per altra maggior parte è una jella che rompe delicati equilibri faticosamente conquistati..

Pier Ferdinando è un bravo marito e  gli voglio un bene dell’anima: guai se gli succedesse qualcosa di brutto! Però, non lo voglio in mezzo ai piedi H 24!!! Da quando è in pensione, dispersi gli amici visto che da quell’ufficio usciva solo la domenica, gironzola per casa come un fantasma, si impiccia in tutto, vuole fare e alla fine non combina nulla. Un po’ mi aiuta, con la spazzatura, ad esempio, o se devo spostare un mobile o pagare una bolletta alla posta, ma non ho bisogno del suo aiuto, da quarantacinque anni me la sbrigo da sola. Sta diventando sciatto:  in tuta, persino in pigiama tutto il giorno,  ciondola davanti alla tv. Se devo uscire per delle commissioni, mi si appiccica dietro, se vado a trovare un’amica( io alcune amicizie ho saputo mantenerle, a differenza sua),  inizia a frignare che non vuole stare solo per troppo tempo per poi diventare muto quando siamo insieme. Solo quando sparisce per alcune ore con la macchina, dove va non lo so e non mi interessa, riprendo a respirare libera per casa. Io sono una buona  moglie, madre e nonna, sono attenta e fedele, premurosa con tutti, ma lui da qua.ran.ta.cin.que anni mi ha abituata a stare da sola, lui e il suo amato lavoro! Partiva alle 7.30 del mattino e ci si rivedeva alle 7.30 di sera. Alle  22.30 eravamo tutti a letto. Persino il pranzo preferiva fare alla mensa coi colleghi anche se il suo ufficio era a 10 minuti da casa! All’inizio ci rimasi molto male, poi mi rassegnai  a pranzare da sola, le bambine stavano a scuola sino al pomeriggio, e i miei pranzi erano volanti, quando c’erano, di solito un panino davanti alla tv. Da sola. Avevo tempo e la casa tutta per me: con calma  organizzavo la mia giornata, distribuivo bene le ore per pensare alle pulizie, a tutto ciò che richiede la vita, pagamenti, certificati, pratiche varie e pensavo  alle figlie e a me stessa. Anche a mio marito. Stiravo le sue camicie alla perfezione, tanto per dirne una; Pier Ferdinando è sempre stato un figurino, ancora adesso le amiche me lo invidiano  per l’eleganza, la signorilità, la simpatia. Mi è mancato durante l’adolescenza delle ragazze, non è stato facile per me e per loro e poi eravamo ancora giovani, in salute, la passione reggeva, ma il tempo del pensionamento si prolungò per leggi e leggine varie. Quando, poi,  le ragazze si sposarono  al Settentrione, lui  chiese e ottenne altri anni di proroga dal pensionamento. Altra delusione per me e così  ho scoperto Skype, Instagram e altro. No, non ho mai fatto nulla di disdicevole, chat  e videochiamate con le figlie e con i nipotini che altrimenti vedrei due volte l’anno,  pubblicazione di alcuni lavoretti di bricolage di legno che sono la mia passione, chiacchiericcio di tutto e di niente con questo e quello. Ora, con il marito alle costole, tutto  diventa pesante: ” Che fai? Questa chi è? Non cucini?”. Uffa e riuffa! Devo inventarmi qualcosa, se non tornerà in ufficio, anche se ha già compiuto settanta anni, scoppieremo! Inoltre, io voglio continuare a vederlo felice e, evidentemente, da solo con me non lo è.

La pastina

18 mercoledì Gen 2017

Posted by ili6 in Articoli, I miei racconti, Senza categoria

≈ 43 commenti

Tag

il piacere di scrivere, racconto, uomini e bambini, vita

padre-figlia

Foto web

E ora che si fa, piccolina? Siamo rimasti soli soletti. Vuoi fare un sonnellino? Con quegli occhioni così aperti…Dai, ti racconto una fiaba. Ma quale?

“Ello, io Iccao!”

Sì, bello zio Riccardo, bello che non sa che fare con una bimbetta di pochi mesi. Ma dico io se ti dovevano affidare a me, stamattina! Ok, la baby sitter ha l’influenza e qua sono tutti insegnanti, tuo padre, tua madre, tua zia, persino tua nonna, e sono tutti a scuola. E tu sei con me; mi piace, lo sai Giulietta  che mi piace, lo sai che ti adoro e che vorrei già essere padre di una bimba come te. Ho solo paura di non farcela a badare a te, così piccola, in queste ore che staremo insieme. Ma sì, ce la faremo. Tu fai la brava, eh! E niente cacchina!

“Ello, io Iccao! Papeina, papeina!”

PapeRina, ecco la tua PapeRrina, giocaci quanto vuoi. Zio RRRiccardo nel frattempo  prepara la pastina, una buona pastina per Giulia. Vediamo…pentolino, acqua, tre cucchiai rasi di pastina, trrre, e poi un cucchiaino raso di grattugiato. Cucchiaino raso…tua mamma l’ha ripetuto tre volte, cucchiaino raso, che ti può venire il colesterolo a quindici mesi!

“Ello, io Iccao! Papeina ella!”

Sì, bella papeina, papeRina, ma più bella tu. Aspetta, Giulia, devo prima prepararti il pranzo, poi giocheremo con Paperina. PA.PE.RI.NA. Ma non è piccola questa pentola? Qui c’è il tuo piatto con gli orsetti e il biberon con l’acqua. Ah, che sei carina col bavaglino a pois! Bevi, su, e beve anche Pa.pe.Ri.na.

“Papeina, io Iccao”

Ok, ok, Papeina. L’acqua bolle, tre cucchiai di pastina. Un po’ di sale e il grattugiato raso. Fatto, tra un minuto è pronta. Ma il sale? Oh, mio Dio, il sale? I bambini mangiano con il sale??? Il sale…sì o no? Che faccio? Telefono a tua mamma.

“Paina! Paina!”

Aspetta, Giulia, abbiamo un problema: la pastina è  pronta, ma tua madre non risponde. Nessuno risponde! Sono tutti a scuola: mando un messaggio, magari quello lo legge se ha messo il silenziatore.

-PASTINA PER GIULIA COL SALE O SENZA SALE???-

“Paina, paina!”

No, no, non piangere, hai fame, lo so, ma non piangere, ti prego ti pregotiprego…

“Paina! Paina!”

Sì, ho capito, paina, paina…madonna, sto incretinendo e sono anche tutto sudato! No, no, niente sale, buttiamo questa pastina nella pattumiera e la rifacciamo senza sale. Un attimo di pazienza. Guarda che bella Paperina!

“Paina, Iulia paina!”

Vieni in braccio, su, passeggiamo sul balcone in attesa che bolle l’acqua. Guarda che bei fiori!

“Paina, PAINAAA!”

 Mamma mia che ti fai brutta quando piangi e urli! Senti, l’ho capito che hai fame, lo zio ha sbagliato, ha messo il sale nella paSTina e il sale fa male ai bimbi piccoli come te. Tra pochi minuti avrai la tua paSTIna, buona, liscia e salutare! Guarda che belle le margheri…no, no, la camicia no, così la strappi! Già è tutta bagnata di lacrime e saliva! Meglio rientrare prima che mi scivoli dalle braccia. Mettiamo ‘sti cucchiai di pastina, calmati Giulia! Calmati, Riccardo!

“Paina, painAAA, inAAA, AAA!”

Smettila, Giulia, smetti di strillare, echecazzo! Ma che ho detto? Scusa, scusa, piccolina…sto andando fuori di testa! Tranquilla, amore, ora ci calmiamo tutti e due, la pastina è nel piatto, ma dobbiamo farla raffreddare. Soffio, sì, soffio. Ma perché non piangi più? Ti sei ammutolita? Ti ho spaventata? Scusami, sorridi, dai. Ecco l’acqua, bevi che tra un attimo si mangia. Mescoliamo bene, sì, ora non è più bollente.

Amm…buona? …amm…ti piace? Aspetta, ho bisogno di un tovagliolo, sto sudando come un maiale. Dio, che esperienza, stamattina! …amm…

“Ello, io Iccao!”

Davvero? Bella tu  e buona la pastina, vero? Ora mi fai un bel ruttino, ok? Ah, il telefono, tieni Paperina, zio RRRiccaRdo va a rispondere, stai buona, mi rrraccomando.

“Ciao, sì, tutto bene,  ti avevo cercata, non sapevo se mettere  il sale nella pastina di Giulia.”

“Ma certo, mica diventa ipertesa! Poco sale, naturalmente, ma ci vuole, altrimenti te la sputa in faccia. A dopo.”

“A dopo.”

Il sale…ipertesa…spiritosa la cognata!

“Io Riccao!

Dimmi, piccola, ti è piaciuta la pastina senza sale? Non l’hai sputata in faccia allo zio, meriti un bacione. Hai fatto il ruttino mentre ero al telefono? Oh, ma come mi hai chiamato? Hai pronunciato la R! RRRiccarrrdo, ripeti, RRRiccarrrdo.

“Riccao, ello io Riccao!”

Ahahahah, Riccao va già meglio. Rrrosa, rrriso, rrramo, rrrana, rrruttino.

“ruino, io Riccao”

No, il ruttino devi farlo tu, non zio Riccardo. Ridi? Sai che ti dico? Che il ruttino lo lasciamo perdere, non si muore senza ruttino. Ora andiamo a rotolarci sul tappeto che è tempo di giocare, wow!

“Ello, io Riccao!”

Sììì, ello io Riccao, ella Giulia, elli noi. Se è vero che la vita è fatta di tanti piccoli attimi importanti, ora ne sto vivendo uno  con te. Che ne dici della favola della rrrana e del bue? Sentirai che  botto farà la RRRanocchietta…   …Oh, sento puzzetta… Il botto mi sa che stamattina  lo farà proprio Io Riccao!

 

La scala di Natale

11 mercoledì Dic 2013

Posted by ili6 in amicizia, Articoli, emozioni, I miei racconti, Intrattenimento, Natale, Senza categoria

≈ 42 commenti

Tag

amicizia, innamoramento, Magazine Scriveregiocando, Natale, racconto, riviste web, scrivere, virtuale

Ho accettato di buon grado il garbato invito di Arthur a scrivere un racconto natalizio per il Magazine Scriveregiocando, edizione 2013 e ringrazio subito Morena Fanti e Arthur per l’accoglienza. Mi piace far parte di un gruppo e, nell’ambito dei blog, mi piace quando alcuni blogger si mettono insieme per un progetto, un’idea, uno scopo. Nel caso del Magazine ho partecipato, così come sapevo e potevo, con un breve racconto che si è ritrovato tra le pagine patinate e raffinate di una rivista ricca di validi contenuti e curatissima a livello grafico da Arthur. Potete sfogliare e leggere i vari racconti di Natale di Scriveregiocando 2013 cliccando sulla copertina della rivista, nella barra laterale del widget o qui: una bella realizzazione che aggiunge un senso in più al nostro scrivere sul web per il solo piacere di scrivere. Mi congratulo, inoltre, coi vari autori dei racconti, tutti molto gradevoli e ben scritti.

E ora, se vi va, buona lettura con il mio racconto di Natale
Albero

Foto di Arthur per il Magazine Scriveregiocando 2013 – La scala di Natale 

La scala di Natale

Il loro incontro era stato insolito, strano e inaspettato e li sorprese entrambi. Non importa il come e il dove, importa invece che si compresero all’istante.  Accadde un 8 dicembre di molti anni prima, in uno di quei pochi giorni magici dell’anno, quello che riunisce le famiglie, i parenti, gli amici, gli affetti,  nei preparativi del presepe e dell’albero di Natale. Tra una pausa dai preparativi, lei, e una noia, lui, si incrociarono e  si riconobbero. Senza averne mai avuta chiara consapevolezza,  compresero che si erano tanto cercati, attesi, desiderati  e da quel giorno non si lasciarono più.

Quello tra Patrizia e Giuseppe fu  un rapporto strano, fatto di mille parole e cento intenzioni, di propositi, sogni e speranze, ma anche  di chiari divieti, princìpi e ostacoli. Un rapporto che scatenò sentimenti, emozioni e tormenti, che destò  una delicata sensualità, che svelò  confidenze e segreti, che  produsse complicità, gioia e risate e anche litigi, tristezze, malinconie e rimpianti.

Un  incontro che aveva riscaldato quel Natale tanto freddo e che diede tepore a molti altri ancora. Fu esattamente come succede quando nella vita di qualcuno entra improvvisamente un nuovo amico, un confidente , un custode, una luce, un innamorato. Ma, a differenza degli innamorati, loro due fisicamente non si incontrarono  perché un eventuale loro amore non poteva essere vissuto. Non come avrebbero voluto. E così fu  finchè non decisero di approfittare di una coincidenza  per trascorrere una giornata insieme. Con altre cinquanta persone. E accadde un 8 dicembre di cinque anni dopo.

La città quel giorno era splendida, nonostante un vento freddo e tagliente mozzasse il fiato. Era la città dei cento presepi e pullulava di fedeli e turisti stupefatti dalla maestria degli artigiani del luogo che decoravano ceramiche, intagliavano legna, modellavano cartapesta, coloravano tele, costruivano perfetti marchingegni elettronici attorno alle varie grotte della Natività disseminate lungo i vicoli, destando  la meraviglia dei visitatori.  Le strade e le piazze erano addobbate da mille lucine colorate, le aiuole da alberelli carichi di festoni e ovunque si sentiva il suono degli zampognari che si radunavano attorno alle chiese.

La dolce frenesia del Natale si avvertiva tutta e colse anche Patrizia, Giuseppe e  il loro gruppo. Tra i due, però, c’era qualcosa in più, qualcosa di diverso rispetto al mondo che in quel momento li circondava, qualcosa che non seppero ben definire. Per la prima volta le loro parole si stavano traducendo  in suoni , in gesti, in sguardi, che si ripetevano, si intrecciavano e si inseguivano come se cercassero conferme, come se avessero sete. Mai soli, sempre in gruppo, trascorsero così la giornata, con attenzione e delicatezza, nel rispetto della loro intensa, preziosa  e segreta amicizia.

Tra le cose da vedere in quella città c’era una scala, una lunghissima  e bellissima scalinata illuminata coi lumini e decorata da un arazzo di stelle di Natale. In cima stava un Presepe con gigantesche figure di terracotta e un abete non ancora illuminato. Ai lati della scalinata luccicavano le vetrine dei negozi  addobbati a festa.

E fu in uno dei negozietti  in cima a quella scala che Patrizia entrò per acquistare un angioletto dallo sguardo birichino che aveva notato in vetrina. Forse lei si  attardò un attimo di troppo o forse  Giuseppe  volle seguirla anche  per potere restare un momento  da solo con lei. Lui entrò  mentre Patrizia scendeva la ripida scaletta del soppalco del negozio. Le tese la mano :

-Ci aspettano giù, baby. Dobbiamo andare.

Lei prese la sua mano:

-Dobbiamo, sì.

Rimasero così, mano nella mano, occhi negli occhi,  immobili, sospesi  per svariati secondi. Avevano avvertito per la prima volta il calore della loro pelle e quello fu il più bel regalo di Natale che ognuno potè fare a se stesso e all’altro. Uscirono dal negozio tenendosi ancora per mano. Gli altri erano distanti e li stavano aspettando. L’abete accanto alla grotta si illuminò improvviso e loro rimasero a guardare quelle stelline che luccicavano di oro e blu. Sembravano molto vicine al cielo già imbrunito. Fu un momento di magia, un attimo irripetibile che rimase cristallizzato su quella scala, in quel Natale, tra le luci di un 8 dicembre e  per sempre nei loro cuori.

Staccarono lentamente le loro  mani e, mentre si avviavano verso gli altri, sorrisero alla consapevolezza del regalo che si erano appena concessi. 

Scriveregiocando2013-LaScalaNatale-MariaRosaria_1

Auguri

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