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Marirò

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Marirò

Archivi tag: migranti

DDL Vaccini obbligatori: come trasformare una giusta intenzione in una pessima legge

21 domenica Mag 2017

Posted by ili6 in Articoli, Politica, scuola, Senza categoria

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Tag

cultura del dubbio, DDL vaccinazioni obbligatorie, delirio, diritto decisionale genitori, migranti, minacce, obbligo, operatori sanitari, salute, sanzioni, scienza medica, scuola, vaccini sicuri

vaccini-obbligatori

Faccio parte della generazione di vaccinati per obbligo e faccio parte di una categoria a rischio per stretto contatto con bambini anche non vaccinati.

Per la prima categoria: ho qualche vivido ricordo delle vaccinazioni che avvenivano a scuola, le goccette amare dell’antipolio ingentilite da una zolletta di zucchero e l’antivaiolo fatta con un attrezzo che graffiava la pelle e lasciava una brutta cicatrice. Quest’ultima veniva fatta sul braccio, ma non ai “raccomandati”, e io ero una di questi, così dovetti recarmi dietro la lavagna, alzare la gonna e farmi graffiare la coscia. Mia madre riteneva che la cicatrice nella coscia fosse meno visibile che nel braccio. Il mio imbarazzo fu enorme anche perché la lavagna non mi protesse adeguatamente da certa nudità, dagli sguardi e dai risolini dei compagni. Oltre questo non accadde nulla di clamoroso né a me né ai miei compagni. Le malattie esantematiche le presi tutte e non serbo ricordi allucinanti.

Per la seconda categoria:  ricordo che sino al 1999 noi insegnanti  dovevamo controllare per ogni alunno iscritto i certificati medici che attestavano l’avvenuta vaccinazione e relativi richiami, poi bastarono  le autodichiarazioni dei genitori sulle vaccinazioni e tutto si doveva trascrivere sui registri di classe. Guai a sbagliare! I rimbotti dei direttori scolastici erano severissimi. Dopo più nulla. Le vaccinazioni persero l’obbligatorietà e noi insegnanti ci liberammo di un lavoraccio. Negli anni seguenti e non obbligatori  non ho notato nulla di evidente sulla salute generale degli alunni, se non una diminuzione delle malattie esantematiche, che comportano sempre almeno 10 giorni di assenza, e un leggero incremento di scarlattina e parotite. Negli ultimi due anni si è registrato un incremento  di herpes zoster e polmonite. Nessun alunno mi ha mai contagiato nulla, a parte l’influenza (cosa peraltro reciproca), ma ricordo gli enormi problemi di tre mie colleghe che furono contagiate dalla varicella e sesta malattia e che ebbero complicazioni lunghe e non indifferenti e si dovettero assentare dal lavoro per oltre un mese. La scorsa settimana un bidello della mia scuola ha beccato il morbillo.

Non sono un medico, sono una persona che si affida alla scienza e a quest’ultima riconosce gli enormi progressi fatti nel campo della salute e, riferendomi specificatamente ai vaccini, non si può non riconoscere negli Stati con vaccinazione obbligatoria la scomparsa di tremende malattie, ad esempio  vaiolo e polio. Non entro, pertanto, nella diatriba, anche medica, della pericolosità dei vaccini, scientificamente non provata, e mi basta constatare l’allungamento della vita.

Sul diritto decisionale dei genitori verso la salute dei figli ho, invece, le idee chiare. Un genitore può decidere di non far vaccinare il figlio nella misura in cui quest’ultimo non diventi, poi, un onere per gli altri e lo Stato. So che è forte e brutto dirlo così, ma questo è quanto. Il  genitore può anche assumersi la responsabilità di non far vaccinare il figlio per le malattie infettive a patto che lo faccia crescere sotto una stretta campana di vetro. Così non è,  quindi si ha il dovere di vaccinazione verso la salute del minore e verso la collettività e il sistema sanitario. Le malattie costano, si sa.

Un ultimo aspetto mi porta a essere ulteriormente a favore della nuova legge sulla obbligatorietà dei vaccini e riguarda i cambiamenti demografici cui stiamo assistendo.  Per non farla troppo lunga e dirla diretta… nei dati medici mondiali si legge ad esempio che per il morbillo sono proprio  i Paesi centro Africani ad essere oggi con minore copertura vaccinale. Molti di questi sono Paesi dove esistono fortissima instabilità politica o guerre e quindi le campagne di vaccinazioni sono quasi impossibili. Alcuni di questi sono in situazione epidemiologica seria e proprio da quest’ area arrivano i migranti che sbarcano in Italia, in assenza di qualunque regime di  screening sanitario o quarantena prevista. C’è quindi ragionato timore che presto  i dati sanitari di morbillo o altro, peggioreranno.

Sicuramente, però, mi lascia molto perplessa la violenza del nuovo DDL per i contenuti che esprime. Obbligare in poco meno di due mesi milioni di bambini e ragazzi a sottoporsi a 8-12 vaccinazioni, pena la non frequenza a nido e infanzia o salate sanzioni alle elementari, medie e licei, è allucinante, anche a livello organizzativo,  per le famiglie, per le aziende sanitarie e per le scuole. Minacciare, poi, presidi e insegnanti e soprattutto assegnare multe alle famiglie fino a 7.500 euro e decretare addirittura la possibile  sospensione della patria potestà per chi non vaccinerà, è aberrante.

E’ la “cultura del dubbio” sui vaccini che si è espansa in questi ultimi decenni a giustificare e rendere necessaria  tanta costrizione o, in assenza oggi di una vera emergenza sanitaria,  è solo l’incosciente fretta di legiferare di questi nuovi governanti in odore di onnipotenza?

Ora più che mai si rende necessaria una legge sì decisa, ma capace di informare, aggiornare, dare serenità, convincimento e  tempi adeguati a quanti sono ancora nel dubbio delle vaccinazioni e all’entourage organizzativo.

Minacce e terrore non hanno mai fatto bene a nessuno.

Ah, scordavo: pare che anche gli insegnanti  e gli operatori sanitari (e anche gli impiegati pubblici) avranno l’obbligo di vaccinarsi. E chi non vorrà farlo? Sarà licenziato. Punto.

Se questi sono uomini

25 mercoledì Gen 2017

Posted by ili6 in Articoli, Notizie e politica, Senza categoria

≈ 49 commenti

Tag

balcani, gelo, Giorno della Memoria, Grecia, ipocrisia, migranti, politiche europee, primo Levi, Serbia, Shoah, umanità

Leggo nel sito di Medici Senza Frontiere e parzialmente riporto:

Senza riparo, senza protezione

Migliaia di migranti e rifugiati sono bloccati al gelo lungo la rotta balcanica. Più di 7.500 persone in Serbia vivono in campi sovraffollati e insediamenti informali. A Belgrado, circa 2.000 giovani, provenienti soprattutto da Afghanistan, Pakistan, Iraq e Siria, dormono in edifici abbandonati nel centro della città, mentre le temperature precipitano fino a meno 20. Non ci sono docce. L’unico modo per lavarsi è sotto la neve. In Grecia, sulle isole, intere famiglie vivono abbandonate all’interno di tende inconsistenti, a temperature sotto lo zero. Diverse persone sono già morte d’ipotermia. La cinica noncuranza delle politiche degli Stati europei, insieme alle temperature glaciali e alla mancanza di preparazione per l’inverno, hanno aggravato una situazione già insostenibile per migliaia di uomini, donne e bambini che cercano protezione in Europa.

Negli ultimi mesi, le autorità serbe hanno drasticamente limitato la possibilità di fornire assistenza umanitaria a queste persone, accettando solo semplici distribuzioni di cibo e coperte da parte di volontari.

Per mesi la strategia è stata quella di bloccare gli aiuti umanitari per spingere queste persone a trasferirsi nei campi ufficiali. Ma i campi sono pieni e già oltre le loro capacità, quindi i migranti non hanno alternative se non dormire in edifici abbandonati, esposti a temperature glaciali

Con l’accordo UE-Turchia e la chiusura ufficiale della rotta balcanica, l’Unione Europea ha deciso di trasformare l’intera regione in una barriera d’accesso, nel tentativo di bloccare persone provenienti da zone di guerra.

Siamo testimoni delle più crudeli e inumane conseguenze delle politiche europee. In questo momento, alle persone manca del tutto un’assistenza adeguata e questo sta mettendo le loro vite in pericolo.

I nostri team sono sul posto. Abbiamo installato dei radiatori d’emergenza per riscaldare alcuni spazi e proteggere le persone dal freddo, stiamo distribuendo coperte e trattando diversi casi di ipotermia e congelamento. Il problema non è l’inverno. Il vero problema è la mancanza di volontà politica. Migranti e rifugiati meritano di essere trattati come esseri umani, con dignità. E in questo momento, non lo sono.

Qui per leggere tutto l’articolo

Arriva il 27 Gennaio e in ogni luogo, in tv, nei blog, sui giornali, in tutte le istituzioni, nelle scuole e nella mia classe  si parla già, e giustamente,  della Shoah, del “Giorno della Memoria”, per NON dimenticare, per adoperarci tutti affinchè NON accada di nuovo.

Ma ciò che sta accadendo in Grecia e nei Balcani cos’è se non una “Shoah”???

Uomini, sono uomini e Primo Levi ci direbbe ancora una volta:” Se questo è un uomo” !

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Auguri e 25.000 grazie!

31 giovedì Dic 2015

Posted by ili6 in Articoli, I miei racconti, Senza categoria

≈ 22 commenti

Tag

amici e lettori di blog, auguri, blog, Grazie, Magazine Scriveregiocando, migranti, positività, report annuale wordpress, sabbia

Salutiamo il 2015 e accogliamo con un sorriso il nuovo anno. I sorrisi fanno  stare bene e costano nulla. Lo so, a volte è difficile sorridere, ma ho sempre creduto nella forza della positività. Ed è per questo che voglio oggi fissare solo le cose belle accadute in questo anno  che va via e , tra questi, ricordarne qui due,  due regali, due carezze personali che il 2015 mi ha riservato:

-mia mamma, accanto a me in questo Natale, e per un momento, alcuni mesi fa, non ho creduto che saremmo riuscite anche quest’anno ad abbracciarci davanti al presepe.

-N., la piccolina di famiglia, che a Natale ha fatto a tutti noi il regalo  più desiderato :camminare senza sostegni! Sei magnifica, N., bellissima, forte e determinata e presto correrai felice come tutti i tuoi compagnetti d’asilo!

Un grazie a voi, amici e lettori di blog,  per aver visionato, letto, commentato, laikkato  i miei post anche nel 2015. Nel blog ho alternato momenti di entusiasmo a cali di interesse, voglia di chiudere e volontà di continuare, ho avuto tentennamenti, blocchi di scrittura, insicurezze,  assenze, dimenticanze.  Ma sono sempre qui e con un buon pizzico di rinnovato entusiasmo per questa sempre bella avventura che è il blog. Devo alla vostra affettuosa presenza questo ulteriore anno di vita di “Marirò”.

L’augurio per il 2016 è di salute, armonia, pace, gioia, per voi tutti e per le vostre famiglie. 

Un augurio speciale va a tutti i bambini del mondo, proprio tutti, in particolare ai bimbi migranti. A loro ho dedicato “Sabbia”, un breve e semplice dialogo che Morena Fanti e Arthur hanno accolto nel bel  Magazine  Scriveregiocando 2015 che vi invito a leggere.

Vi  lascio con “Sabbia” e con un grande abbraccio. 

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Sabbia

– E tu chi sei? Che vuoi?

– Sono Samir e sto solo guardando la vetrina di questo negozio. E’ tuo?

– Sì, dei miei genitori. Ti piace?

– Molto.

– Mamma è stata molto brava a decorare questa vetrina per il Natale. Io l’ho aiutata solo un pochino per i giocattoli. Vuoi comprare qualcosa?

– No, non ho soldi. Se li avessi, comprerei quell’aliante rosso e blu e quella palla di vetro con la sabbia.

– L’aliante è fantastico! E’ radiocomandato, vola sino a 50 metri d’altezza e poi plana che è una meraviglia. La palla con la sabbia del deserto non mi piace tanto, ce ne sono di più belle e scintillanti. Guarda quella con le sferette argentate: è tutta un luccichio!

– Un luccichio di plastica. Tu non sai quanto sa essere luminosa la sabbia del deserto quando il sole la infiamma: tremendamente accecante!

– Conosci il deserto? Sei un migrante?

– Sì, sì e mi manca tantissimo la sua luce. Quella palla, illuminata dai vostri faretti, un po’ me la ricorda. Quando sono salito sul barcone, avevo una tasca piena della sabbia del mio deserto, volevo portarla con me, ovunque riuscissi ad approdare, ma le onde cattive del mare me l’hanno rubata insieme a tante altre cose.

– Anche qui abbiamo la sabbia, basta andare sulla spiaggia.

– E’ diversa, non ha il colore, la finezza, la brillantezza abbagliante e feroce della mia sabbia.

– Non eri felice con la tua sabbia?

– Lo ero; lo ero quando l’accarezzavo, quando mi ci rotolavo dentro coi miei fratellini, quando al tramonto ammiravo i suoi  colori e ascoltavo le storie che i miei nonni raccontavano. Ma ero anche affamato, impaurito dai tiranni, malato, senza futuro.

– Pensi di trovarlo qui un futuro?

– Bah, non so, non so bene dove, ma dovrà esserci in questa Terra un posto anche per me!

– Sì, ci sarà un posto anche per te, dove vivere senza paura. Lo troverai. Ma adesso sei qui, in questa vigilia di Natale sei davanti al negozio dei miei genitori e, perché tu possa sempre ricordare, permettimi di regalarti questa pallina di vetro e sabbia. So che è poca cosa, solo per augurarti Buon Natale.

– Grazie, auguri anche a voi!

– Domattina noi ragazzi ci riuniremo al campo del calcetto per gli auguri, per tirare due calci e mangiare un dolcino. Se vorrai, potrai unirti a noi.

– Dici sul serio? Non so giocare a calcetto.

– Dico sul serio. E si può, e si deve, sempre imparare. Da ogni parte.

– Vero. E si può, e si deve, anche riprendere a festeggiare il Natale. In qualsiasi situazione.

– Quindi ci sarai?

– Sì, ci sarò, certo che ci sarò!

Felice 2016!

Robert Capa: “La verità è l’immagine migliore, la migliore propaganda.”

12 sabato Set 2015

Posted by ili6 in Articoli, costume e società, Fotografia, Notizie e politica

≈ 53 commenti

Tag

accoglienza, bianco e nero, dolore, emozione, fame, fotografia, guerra, migranti, miseria, mostra fotografica, Robert Capa, Seconda Guerra Mondiale, Sicilia, soldati, Troina, Ungheria

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Sono stata a visitare la mostra dedicata al grande fotoreporter di guerra Robert Capa, che racconta gli anni della seconda guerra mondiale in Italia. Le circa ottanta foto esposte nella bella location della Torre Capitania di Troina (EN), un paesino arroccato sui Nebrodi, sono straordinarie e colpiscono per la maestria tecnica del  fotografo più famoso del secolo scorso, per  la nitidezza, i chiaroscuri, le mille sfumature del bianco e nero, ma soprattutto scatenano una forte emozione  per la scelta dei soggetti,  per  la spontaneità, la delicatezza e la cruda realtà  delle inquadrature che catturano il “ momento decisivo” capace di raccontare, senza bisogno di parole, le atrocità della guerra.

 Robert Capa – Sperlinga 1943

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Robert Capa – Troina 1943

Molte delle foto esposte sono “tornate a casa”, nei luoghi, cioè,  dove Capa le scattò, a Troina e dintorni, e questo crea nei siciliani accorsi a visitare la mostra, un’emozione in più.

Robert Capa . Troina 1943

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Robert Capa – Agrigento 1983

Le foto di Capa testimoniano quanto banale e a volte noiosa fosse la guerra, ma anche drammatica, fatta da uomini che a volte non sapevano neanche perché erano lì, ad uccidere per non essere uccisi.  Nei suoi fotogrammi c’è la gente comune,  ci sono i volti di giovanissimi soldati americani e tedeschi  stanchi e impauriti,  i luoghi  ridotti in macerie,  ci sono affamati e assetati,  morti e feriti,  sale ospedaliere improvvisate nelle chiese,  madri che urlano  il dolore per i figli morti,  sguardi di bimbi disorientati. Soldati e civili vittime di una stessa  strage. L’obiettivo di Robert Capa tratta tutti con la stessa equità, fermando la paura, l’attesa, la solitudine, la fame, il riposo, la solidarietà, la speranza.

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Robert Capa – Benvenuto agli Americani a Monreale -23 Luglio 1943

Robert  Capa, che  fu tra i primi a capire l’importanza del mezzo fotografico come arma di denuncia e di testimonianza, era ungherese e, se fosse vissuto oggi, non avrebbe avuto bisogno di spostarsi per il mondo  per raccontare di guerra. Avrebbe potuto documentare la guerra che si sta svolgendo nel suo Paese , una guerra al momento senza bombe, ma con lo stesso bagaglio di disorientamento, disperazione, paura, attesa e speranza.

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“Un inferno che gli uomini si sono fabbricati da soli.” Robert Capa

Noi: gli italiani e gli altri.

19 venerdì Giu 2015

Posted by ili6 in articolo, costume e società, Politica

≈ 60 commenti

Tag

accoglienza, badanti, cinesi, declino, demografia, italiani, migranti, Paolo Andreozzi, razzismo, scandali italici, stranieri

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Foto presa qui

Ci voleva un’ ondata migratoria di proporzioni enormi per svegliare il dormiente uomo italico! Già, perché noi Italiani dormiamo da un bel pezzo e ora che ci sentiamo “invasi”, reagiamo in modo scomposto, oscillando fra un’accoglienza umanitaria e una serie di dichiarazioni di fermezza che poi vengono regolarmente disattese. Ci volevano  Milano e la sua Expo, Roma e la sua stazione ferroviaria per farci esclamare :Oh, povera Italia! Lampedusa non è bastata.

Non ci siamo posti il problema della povera Italia quando gli esperti  iniziarono a dire del decremento delle nascite: alla fine degli anni ’60 nascevano in Italia quasi un milione di bambini all’anno, ma oggi il numero si è ridotto a meno della metà ed è quasi uguale a quello dei morti. Siamo molto vicini alla crescita zero. I demografi continuarono col dire che intere zone dell’Italia meridionale si stavano spopolando per via delle migrazioni (toh, anche noi con le valigie sempre pronte…), ma questo interessò poco. Ci dissero della fuga all’estero della parte migliore degli italiani, le giovani menti, i professionisti, i ricercatori e del conseguente impoverimento intellettuale e dell’ invecchiamento della popolazione. Le cause di questo inizio del declino furono svariate e  legate  alle condizioni socioeconomiche della popolazione, ma anche a quella natura insita nell’essere umano  di ogni luogo e tempo di  spostarsi  dai luoghi di origine per andare alla ricerca di nuovi territori, per migliorarsi. Le cause furono individuate, ma i rimedi non si pensò nemmeno di tentarli. Anzi, mettemmo in moto altri meccanismi che indussero, ad esempio,  le grandi fabbriche, i grandi marchi del Made in Italy a fuggire dall’amata Patria per poter respirare in terra straniera dal soffocamento della burocrazia e delle tasse.

Alla Patria, però, serviva forza lavoro  e quando la richiesta di manodopera delle regioni del Nord non trovò più risposta nei giovani disoccupati del Sud dell’Italia, che iniziarono a preferire l’estero ad un ambiente italico che  offriva loro solo il lavoro senza quelle strutture logistiche che sono indispensabili per un inserimento completo nel tessuto socio culturale, ecco che ci si aprì alla manodopera straniera.  Da un punto di vista economico questo creò  un beneficio al nostro  Paese;  gli stranieri si adattano a ricoprire posti di lavoro che in genere gli abitanti del luogo rifiutano perché poco graditi o sottopagati. Noi italiani , ad esempio, pur  con  la disoccupazione elevata che abbiamo,  ci siamo attorniati ben presto e  volentieri di badanti polacchi, russi, rumeni , perché noi non siamo disposti a lavare i sederi dei nostri vecchi. Non amiamo lavorare nei campi alla raccolta dei pomodori o nelle stalle ad accudire gli animali: paghiamo (finchè potremo) lo straniero che lo fa senza lamentarsi.   L’arrivo di decine e centinaia di migliaia di persone che vennero ad inserirsi fra i residenti, rompendo in molti casi equilibri già ben consolidati, diede intanto  un certo incremento demografico dovuto non solo alla presenza dei nuovi arrivati, ma anche dall’alto indice di natività che li caratterizza. La forte immigrazione ha  inciso, tanto per dirne una,  anche sull’incremento della popolazione scolastica e sulla conseguente necessità di assumere nuovo personale insegnante (viva viva!)

Nel frattempo noi italiani ci siamo dedicati ad altro: alle furbizie, alle arrampicate personali, alle astuzie, all’ozio. Ci siamo dedicati, ad esempio, ad avvelenare intere zone d’Italia  pur di evitare di pagare il regolare smaltimento dei rifiuti tossici, ci siamo fatti invadere facilmente e silenziosamente dai cinesi, vendendogli  case, terreni, palazzi, intere zone di antico splendore. Abbiamo continuato a fregarcene del turismo e abbiamo permesso che si sgretolassero Pompei e  le autostrade e che non si realizzassero le grandi opere che potevano portare lavoro e lustro. Abbiamo lasciato fare alla criminalità organizzata. Abbiamo assistito all’indegno spettacolo politico, giuridico, bancario.  E tanto altro.

Ora che ci sentiamo assaliti e soffocati , non dall’immobilismo italico, non dalla corruzione , dalla scempiaggine, dalla disoccupazione, ma dallo straniero, ora gridiamo allo scandalo.

Non serve gridare, serve fare.  Serve svegliarsi, serve cambiare noi stessi, serve amarci di più e amare meglio questo nostro Stivale. Serve evolversi.

Serve, può servire,  anche accogliere:  la diversità culturale, se ben utilizzata, può essere un valido strumento di evoluzione. Da un punto di vista antropologico la variabilità è un vantaggio rispetto alla omogeneità e questo lo abbiamo studiato tutti nei libri di Storia delle scuole di ogni ordine e grado. Occorre, a livello italico, europeo e mondiale,  una seria politica per l’immigrazione che non sia altalenante fra permissivismo e limitazioni fondate su norme dis-umane. (A tal proposito, e al di là degli schieramenti politici,  mi è piaciuto tanto questo articolo di Paolo Andreozzi).

L’immigrazione incontrollata finirà per scatenare gravi tensioni sociali e allontanare o annullare  la maturazione di una cultura antirazzista e antixenofoba che, per fortuna, molti abbiamo conquistato e ancora possediamo.

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