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campagna, chiacchiere e dicerie, corteggiatori scriteriati, il piacere di scrivere, infatuazioni, parole al vento, Paul Gauguin, poeti e poetuncoli, racconto di fantasia, vento, vita bucolica
Paul Gauguin – The Swineherd, Brittany – 1888
Nel paese le chiacchiere spesso volavano come il vento tra le vie e le piazzette e, come il vento, a volte erano stuzzicanti e giocherellone , altre sferzanti, fastidiose, gelide, ostili. Da un paio di settimane non si parlava d’altro nei punti di ritrovo della gente: il professorino era stato denunciato per corteggiamento scriteriato e nel paesello fu come se si fosse abbattuto un forte Grecale. In effetti il professorino, vista la sua carriera di docente e di ricercatore, era un professorone. Aveva pubblicato alcuni libri scientifici e collaborato con varie università europee, ma per la gente restava sempre il professorino per via del suo corpo esile e della bassa statura nonché per l’impatto sociale che nel paese era minimo. Non era schivo ma, gira e rigira, per i più restava inconcludente. Criticava spesso, partecipava poco, curiosava alquanto, litigava sovente. Alcuni lo additavano come genio, altri, molti altri, facevano spallucce. Non si poteva nascondere, inoltre, che il prof era un tipo un pochetto strambo, almeno lo era stato in gioventù con quella fissa per le poesie. Ne scriveva di ogni tipo e tema, in rima, in dialetto, in prosa, in musica e, da giovane usava spesso intervenire poetando a squarciagola. Lo faceva in mezzo alla strada, al centro delle piazze, al bar, così, senza un motivo o una richiesta, a volte per corteggiare una ragazza, per salutare qualcuno che passava a miglior vita, per osannare un Santo e mai nessuno veniva colpito da incanto sentendo i suoi versi. Era comunque una cosa innocua, ritenuta bizzarra e nulla più, così come certe sue lunghe fughe nella lontana casetta di campagna, in compagnia del silenzio, degli animali e delle piante Poi il professorino si sposò con una brava donna, ebbe delle figlie e si dedicò forsennatamente alla ricerca scientifica e, un po’ meno, all’insegnamento e alla famiglia.
A quasi settant’anni, il professorino si invaghì di una giovane, avvenente e tosta signorina, che in amore era stata capricciosa, che combatteva quotidianamente con un padre rozzo e vagamente maschilista, ma le battaglie le vinceva quasi tutte lei, come non si sa. Il prof, già in pensione, viveva separato nella bella casa di paese: la moglie era ormai un’acciuga trasparente, una figlia era andata a fare carriera medica oltreoceano, l’altra era rimasta intruppata con una setta religiosa. Così il professorino, folgorato dall’avvenenza della quarantenne, aveva ripreso foglio, penna e voce e ogni giorno si appostava sotto il suo balcone e urlava frasi d’amore e versi sconnessi. A volte la seguiva al lavoro o al supermercato. Non andava oltre, ma questo bastò alla gente per divertirsi, ricamare e cucire, sollazzarsi e bearsi così come accade al levarsi del Ponentino dopo una pesante giornata di calura.
La signorina inizialmente si esaltò, ma un bel giorno ne ebbe abbastanza di quella ridicola situazione e presentò denuncia ai carabinieri. Chiacchiere e pettegolezzi si rafforzarono e il paese fu scosso da un impetuoso vento di Levante. In realtà in pochi nel paesello furono sorpresi della denuncia per corteggiamento insensato. I compaesani si aspettavano da tempo che il prof ne combinasse qualcuna, le bizzarrie di gioventù non erano state dimenticate e a poco era valsa la pur rispettabile carriera di ricercatore fatta di studi e di seri impegni.
I prodi dell’Arma di un paesello, si sa, cercano di fare da paciere tra i contendenti per evitare scocciature reciproche, specie se il contendere sfiora l’illegalità senza entrarci dentro in pieno. Insomma, non essendo una denuncia per stalking vero e proprio, si poteva tentare la via del buonsenso, ma con quei due ci fu poco da fare: caduto il frizzantino del corteggiamento ed esaurita la vena poetica, se ne dissero di cotte e di crude. Ben presto vennero chiamati i testimoni, amici di amici di amici a dire la propria. Ognuno diede una sua versione, opinò in maniera personale, discusse su fatti non conosciuti, riportò, inventò se necessario, ritrasse se utile. Nei circoli e nelle associazioni non mancarono le scommesse e le puntate, nei gruppi wapp fiorirono le barzellette, in quelli di preghiera le recite tipo Via Crucis con esilaranti stazioni a tema.
Un Ostro, poi, si adagiò nel paesello: l’attesa della sentenza fu in ogni dove. Quando questa arrivò il paese fu attraversato da un Libeccio che portò una veloce tempesta. Il professorino fu condannato a vivere per cinque anni nella casetta di campagna, senza poter più mettere piede nel paese. La signorina seppe approfittare della tempesta per fare le valigie e cercare una vita migliore lontana da quel padre ingombrante e dagli stolti corteggiatori. La moglie del prof rifiorì, riprese peso e voglia di vivere, si iscrisse in palestra e a una scuola di ballo e spesso la si sentiva canticchiare per strada. Le dicerie cessarono e le bizzarrie del prof quasi mancarono ai compaesani che dovettero trovare altro su cui ricamare. Qualcuno ogni tanto portava delle news dalla campagna: il professore, stregato dalla bellezza bucolica e da uno Zefiro compiacente, aveva ripreso a scrivere poesie e le declamava alle mucche e alle pecore che, pareva, gradissero. In effetti mai il latte di quelle parti era stato così abbondante e buono.