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Marirò

~ "L'esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque"

Marirò

Archivi tag: il piacere di scrivere

Il corteggiatore e le parole al vento

19 domenica Nov 2017

Posted by ili6 in I miei racconti, Senza categoria

≈ 60 commenti

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campagna, chiacchiere e dicerie, corteggiatori scriteriati, il piacere di scrivere, infatuazioni, parole al vento, Paul Gauguin, poeti e poetuncoli, racconto di fantasia, vento, vita bucolica

swinehrd

Paul Gauguin – The Swineherd, Brittany – 1888

 Nel paese le chiacchiere spesso volavano come il vento tra le vie e le piazzette e, come il vento, a volte erano stuzzicanti e giocherellone , altre  sferzanti, fastidiose, gelide, ostili. Da un paio di settimane non si parlava d’altro nei punti di ritrovo della gente: il professorino era stato denunciato  per corteggiamento scriteriato e nel paesello fu come se si fosse abbattuto un forte Grecale. In effetti il professorino, vista la sua carriera di docente  e di ricercatore, era un professorone. Aveva pubblicato alcuni libri scientifici e collaborato con varie università europee, ma per la gente restava sempre il professorino per via del suo corpo esile e della bassa statura nonché per l’impatto sociale che nel paese era minimo. Non era schivo ma, gira e rigira, per i più restava inconcludente. Criticava spesso, partecipava poco, curiosava alquanto, litigava sovente. Alcuni lo additavano come genio, altri, molti altri, facevano spallucce. Non si poteva nascondere, inoltre, che il prof era un tipo un pochetto strambo, almeno lo era stato in gioventù con quella fissa per le poesie. Ne scriveva di ogni tipo e tema, in rima, in dialetto, in prosa, in musica e, da giovane usava spesso intervenire poetando a squarciagola. Lo faceva in mezzo alla strada, al centro delle piazze, al bar, così, senza un motivo o una richiesta, a volte per corteggiare una ragazza, per salutare qualcuno che passava a miglior vita, per osannare un Santo e mai nessuno veniva colpito da incanto sentendo i suoi versi. Era comunque una cosa innocua, ritenuta bizzarra e nulla più, così come certe sue lunghe  fughe nella lontana casetta di campagna,  in compagnia del silenzio, degli animali e delle piante Poi il professorino si sposò con una brava donna, ebbe delle figlie e si dedicò forsennatamente alla ricerca scientifica e, un po’ meno, all’insegnamento e alla famiglia.

 A quasi settant’anni, il professorino si invaghì di una giovane, avvenente e tosta signorina,  che in amore era stata capricciosa,  che combatteva quotidianamente con un padre rozzo e vagamente maschilista, ma le battaglie le vinceva quasi tutte lei, come non si sa. Il prof, già in pensione,  viveva separato nella bella casa di paese: la moglie  era ormai un’acciuga trasparente, una figlia era andata a fare carriera medica oltreoceano, l’altra era rimasta intruppata con una setta religiosa. Così il professorino, folgorato dall’avvenenza  della quarantenne,  aveva ripreso foglio, penna e voce e ogni giorno si appostava sotto il suo balcone e urlava frasi d’amore e versi sconnessi. A volte  la seguiva al lavoro o al supermercato. Non andava oltre, ma questo bastò alla gente per divertirsi, ricamare e cucire,  sollazzarsi e bearsi così come accade al levarsi del Ponentino dopo una pesante giornata di calura.

 La signorina inizialmente si esaltò, ma un bel giorno ne ebbe abbastanza di quella ridicola situazione e presentò denuncia ai carabinieri. Chiacchiere e pettegolezzi si rafforzarono e il paese fu scosso  da un impetuoso vento di Levante. In realtà in pochi nel paesello furono sorpresi della denuncia per corteggiamento insensato. I compaesani si aspettavano da tempo che il prof ne combinasse qualcuna, le bizzarrie di gioventù non erano state dimenticate e a poco era valsa la pur rispettabile carriera di ricercatore  fatta di studi e di seri impegni.

 I prodi dell’Arma di un paesello, si sa, cercano di fare da paciere tra i contendenti per evitare scocciature reciproche, specie se il contendere sfiora l’illegalità senza entrarci dentro in pieno. Insomma, non essendo una denuncia per stalking vero e proprio, si poteva tentare la via del buonsenso, ma con quei due ci fu poco da fare: caduto il frizzantino del corteggiamento ed esaurita la vena poetica, se ne dissero di cotte e di crude.  Ben presto vennero chiamati i testimoni, amici di amici di amici a dire la propria. Ognuno diede una sua versione, opinò in maniera personale, discusse su fatti non conosciuti, riportò, inventò se necessario, ritrasse se utile. Nei circoli e nelle associazioni non mancarono le scommesse e le puntate, nei gruppi wapp fiorirono le barzellette, in quelli di preghiera le recite tipo Via Crucis con esilaranti stazioni a tema.

 Un Ostro, poi,  si adagiò nel paesello: l’attesa della sentenza fu  in ogni dove. Quando questa arrivò il paese fu attraversato da un Libeccio che portò una veloce tempesta. Il professorino fu condannato a vivere per cinque anni nella casetta di campagna, senza poter più mettere piede nel paese. La signorina seppe approfittare della tempesta per fare le valigie e cercare una vita migliore lontana da quel padre ingombrante e dagli stolti corteggiatori.  La moglie del prof rifiorì, riprese peso e voglia di vivere, si iscrisse in palestra e a una scuola di ballo e spesso  la si sentiva  canticchiare per strada. Le dicerie cessarono e le bizzarrie del prof quasi mancarono ai compaesani che dovettero trovare altro su cui ricamare. Qualcuno ogni tanto portava delle news dalla campagna: il professore, stregato dalla bellezza bucolica e da uno Zefiro compiacente, aveva ripreso a scrivere poesie e le declamava alle mucche e alle pecore che, pareva, gradissero. In effetti mai il latte di quelle parti era stato così abbondante e buono.

La pastina

18 mercoledì Gen 2017

Posted by ili6 in Articoli, I miei racconti, Senza categoria

≈ 43 commenti

Tag

il piacere di scrivere, racconto, uomini e bambini, vita

padre-figlia

Foto web

E ora che si fa, piccolina? Siamo rimasti soli soletti. Vuoi fare un sonnellino? Con quegli occhioni così aperti…Dai, ti racconto una fiaba. Ma quale?

“Ello, io Iccao!”

Sì, bello zio Riccardo, bello che non sa che fare con una bimbetta di pochi mesi. Ma dico io se ti dovevano affidare a me, stamattina! Ok, la baby sitter ha l’influenza e qua sono tutti insegnanti, tuo padre, tua madre, tua zia, persino tua nonna, e sono tutti a scuola. E tu sei con me; mi piace, lo sai Giulietta  che mi piace, lo sai che ti adoro e che vorrei già essere padre di una bimba come te. Ho solo paura di non farcela a badare a te, così piccola, in queste ore che staremo insieme. Ma sì, ce la faremo. Tu fai la brava, eh! E niente cacchina!

“Ello, io Iccao! Papeina, papeina!”

PapeRina, ecco la tua PapeRrina, giocaci quanto vuoi. Zio RRRiccardo nel frattempo  prepara la pastina, una buona pastina per Giulia. Vediamo…pentolino, acqua, tre cucchiai rasi di pastina, trrre, e poi un cucchiaino raso di grattugiato. Cucchiaino raso…tua mamma l’ha ripetuto tre volte, cucchiaino raso, che ti può venire il colesterolo a quindici mesi!

“Ello, io Iccao! Papeina ella!”

Sì, bella papeina, papeRina, ma più bella tu. Aspetta, Giulia, devo prima prepararti il pranzo, poi giocheremo con Paperina. PA.PE.RI.NA. Ma non è piccola questa pentola? Qui c’è il tuo piatto con gli orsetti e il biberon con l’acqua. Ah, che sei carina col bavaglino a pois! Bevi, su, e beve anche Pa.pe.Ri.na.

“Papeina, io Iccao”

Ok, ok, Papeina. L’acqua bolle, tre cucchiai di pastina. Un po’ di sale e il grattugiato raso. Fatto, tra un minuto è pronta. Ma il sale? Oh, mio Dio, il sale? I bambini mangiano con il sale??? Il sale…sì o no? Che faccio? Telefono a tua mamma.

“Paina! Paina!”

Aspetta, Giulia, abbiamo un problema: la pastina è  pronta, ma tua madre non risponde. Nessuno risponde! Sono tutti a scuola: mando un messaggio, magari quello lo legge se ha messo il silenziatore.

-PASTINA PER GIULIA COL SALE O SENZA SALE???-

“Paina, paina!”

No, no, non piangere, hai fame, lo so, ma non piangere, ti prego ti pregotiprego…

“Paina! Paina!”

Sì, ho capito, paina, paina…madonna, sto incretinendo e sono anche tutto sudato! No, no, niente sale, buttiamo questa pastina nella pattumiera e la rifacciamo senza sale. Un attimo di pazienza. Guarda che bella Paperina!

“Paina, Iulia paina!”

Vieni in braccio, su, passeggiamo sul balcone in attesa che bolle l’acqua. Guarda che bei fiori!

“Paina, PAINAAA!”

 Mamma mia che ti fai brutta quando piangi e urli! Senti, l’ho capito che hai fame, lo zio ha sbagliato, ha messo il sale nella paSTina e il sale fa male ai bimbi piccoli come te. Tra pochi minuti avrai la tua paSTIna, buona, liscia e salutare! Guarda che belle le margheri…no, no, la camicia no, così la strappi! Già è tutta bagnata di lacrime e saliva! Meglio rientrare prima che mi scivoli dalle braccia. Mettiamo ‘sti cucchiai di pastina, calmati Giulia! Calmati, Riccardo!

“Paina, painAAA, inAAA, AAA!”

Smettila, Giulia, smetti di strillare, echecazzo! Ma che ho detto? Scusa, scusa, piccolina…sto andando fuori di testa! Tranquilla, amore, ora ci calmiamo tutti e due, la pastina è nel piatto, ma dobbiamo farla raffreddare. Soffio, sì, soffio. Ma perché non piangi più? Ti sei ammutolita? Ti ho spaventata? Scusami, sorridi, dai. Ecco l’acqua, bevi che tra un attimo si mangia. Mescoliamo bene, sì, ora non è più bollente.

Amm…buona? …amm…ti piace? Aspetta, ho bisogno di un tovagliolo, sto sudando come un maiale. Dio, che esperienza, stamattina! …amm…

“Ello, io Iccao!”

Davvero? Bella tu  e buona la pastina, vero? Ora mi fai un bel ruttino, ok? Ah, il telefono, tieni Paperina, zio RRRiccaRdo va a rispondere, stai buona, mi rrraccomando.

“Ciao, sì, tutto bene,  ti avevo cercata, non sapevo se mettere  il sale nella pastina di Giulia.”

“Ma certo, mica diventa ipertesa! Poco sale, naturalmente, ma ci vuole, altrimenti te la sputa in faccia. A dopo.”

“A dopo.”

Il sale…ipertesa…spiritosa la cognata!

“Io Riccao!

Dimmi, piccola, ti è piaciuta la pastina senza sale? Non l’hai sputata in faccia allo zio, meriti un bacione. Hai fatto il ruttino mentre ero al telefono? Oh, ma come mi hai chiamato? Hai pronunciato la R! RRRiccarrrdo, ripeti, RRRiccarrrdo.

“Riccao, ello io Riccao!”

Ahahahah, Riccao va già meglio. Rrrosa, rrriso, rrramo, rrrana, rrruttino.

“ruino, io Riccao”

No, il ruttino devi farlo tu, non zio Riccardo. Ridi? Sai che ti dico? Che il ruttino lo lasciamo perdere, non si muore senza ruttino. Ora andiamo a rotolarci sul tappeto che è tempo di giocare, wow!

“Ello, io Riccao!”

Sììì, ello io Riccao, ella Giulia, elli noi. Se è vero che la vita è fatta di tanti piccoli attimi importanti, ora ne sto vivendo uno  con te. Che ne dici della favola della rrrana e del bue? Sentirai che  botto farà la RRRanocchietta…   …Oh, sento puzzetta… Il botto mi sa che stamattina  lo farà proprio Io Riccao!

 

Bau e Gio

10 sabato Dic 2016

Posted by ili6 in Articoli, I miei racconti, Senza categoria

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accettazione del diverso da sè, accoglienza, amicizia, convivenza, diffidenza, dominio, famiglia, felini, Gabriella55, gelosia, il piacere di scrivere, paura, punto di vista, Racconto di Natale

(Seconda e ultima parte)

Disegni di Gabriella

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Gio, nato nel cortile di Bau insieme a sei altri fratelli, per una crudelissima legge di natura  fu destinato alla morte. La madre non riusciva ad allattare tutti i suoi cuccioli e dovette sceglierne uno per l’eliminazione.  Toccò a Gio che fu rifiutato sin da subito. I fratelli gli cedevano il posto tra le mammelle della mamma solo in rarissime occasioni di sazietà: per lui solo qualche goccia di avanzo e nulla più. Resistette oltre le previsioni, lottando e cercando di farsi spazio tra i vivi. Non riusciva a camminare, a stare in piedi, a mettere  il pelo, a miagolare, a crescere. Stava fermo in un angolino a lamentarsi e ad aspettare un miracolo. Il miracolo arrivò con il Principe che volle provare a forzare il suo destino e, munito di biberon, si prese cura di lui. Gio acquistò forza e speranza, iniziò a camminare e a miagolare e conquistò il Principe, suscitando la gelosia dei fratelli e di Bau che, turbato e ringhioso, gli gironzola sempre attorno. Durante il  pranzetto il Principe sta attento che nessuno, nemmeno Bau, si avvicini alla ciotola di Gio e solo dopo, quando  è sazio , permette agli altri di assaggiare gli avanzi. Il problema per Gio non sono i suoi fratelli che, ormai grandicelli, fanno tante passeggiate lontane e lo lasciano spesso solo e tranquillo, il problema è quel quadrupede nero che lo rifiuta, lo tormenta tutte le volte che c’è il pranzo e che teme la sua presenza:

-“ Perché ce l’hai così tanto con me? Che fastidio ti sto dando? Hai assistito alla mia nascita, hai visto coi tuoi occhi la fatica che ho dovuto fare per sopravvivere, rifiutato persino da mia madre! Credi sia stato facile per me accettare di essere un aborto della natura? Che ne sai tu della sopravvivenza, della fame, del rifiuto? Tu, col tuo pelo lucido e profumato; tu ,col tuo corpo grasso e sazio; tu, coccolato e amato; tu, con cuccette morbide e calde; tu con tutti gli spazi a tua disposizione! Che ne sai dell’abbandono e della solitudine, del terrore e della paura, dei morsi della fame e degli occhi che non riuscivo a tenere aperti per la malattia? Mi disprezzi perché sono diverso da te, perché sono rimasto piccolo e rachitico, perché non so arrampicarmi sui muri, solo ora ho imparato a raggiungere un piccolo rifugio sull’albero di limone. Mi sopporti malamente perché prendo un attimo di attenzione dal tuo Principe, che ora è anche il MIO, e fai di tutto per rubarmi il cibo anche se non ti piace, geloso come sei! Lo so che quando il Principe viene a prenderti per la passeggiatina poi ti porta nella casa di sopra e lì tu hai cibo e calore a sazietà. Da quaggiù sento i vostri giochi, le coccole che ti fa Principessa, il tuo ronfare tranquillo in chissà che eleganti cuccette e solo Dio sa quanto vorrei seguirvi di sopra e trascorrere la serata con voi! Ma non oso farlo, il mio posticino è qui e tu, invece di stare sereno con me, magari di giocare un pochino insieme, in quelle poche ore del mattino fai tutto l’altezzoso, non mi degni di uno sguardo e persino ti arrabbi se mangio qualcosina! Hai meritato quella botta del Principe sul sedere  quando hai cercato di rubarmi i croccantini! Hai persino tentato di morderlo e io ho soffiato contro te con tutta la mia forza perché sei un ingrato! Guarda che ce la faccio a uscire le unghie, non costringermi, stai  calmo  che non ti sto rubando nulla, sto solo cercando di vivere anche io e se vorrai, potremo farlo insieme, magari sarà divertente. Il Principe e la Principessa possono pensare a  tutti e due  quindi piantala di fare lo sciocco e andiamo avanti che in questo cortile c’è  spazio per entrambi. Miagolerò di meno per non disturbare il tuo riposo mattutino se la smetterai di rifiutarmi e di aver paura di me. Dall’alto del tuo Bau, hai paura di un piccolo Gio, temi che ti rubi i tuoi padroni e il loro affetto. Io non voglio rubare nulla, solo condividere un pochetto e poi,  come te, come tutti, ho bisogno  di attenzioni  per vivere.”

In questi giorni che precedono il Natale sta accadendo un fatto strano che sta disorientando Bau: per il pranzo di Gio nel cortile arriva anche Principessa: Principe dà da mangiare a Gio e Principessa nel frattempo  fa a Bau tante coccole. L’indomani è l’esatto contrario. E’ una specie di gioco che Bau non comprende bene, ma inizia a piacergli. Gio pare disponibile, è tranquillo e lascia fare: il cibo per lui è la cosa più importante, forse la sua fame non scherza davvero e poi  Bau ama mangiare al piano sopra e in fondo può aspettare. Bau non sa ancora scegliere tra il dominio del cibo, dei padroni e del territorio e le coccole alternate dei due che prima, a quell’ora del mattino, non c’erano e ora gli piacciono alquanto. Sarà stata la presenza di Gio nel cortile a portare questo inaspettato regalo mattutino? E’ forse un regalo di Natale? Bau è un po’ confuso, osserva  meglio Gio e si accorge che il suo pelo è diventato bello folto e lucido e che non puzza come prima. Comunque, adesso Bau è un po’ stanco e infreddolito e decide di riposarsi nella sua ex cesta e va ad acciambellarsi vicino alla sua ex copertina. Gio si avvicina cauto, entra dentro la cesta e si stiracchia accanto a Bau che drizza subito le orecchie. Ma Bau decide che a Gio penserà dopo, ora è meglio dormire un pochino, però con un occhio sempre aperto alle situazioni curiose, forse anche buone, che gli sta regalando la sua prima vecchiaia.  

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Bau e Gio

08 giovedì Dic 2016

Posted by ili6 in Articoli, I miei racconti, Senza categoria

≈ 39 commenti

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accettazione del diverso da sè, amicizia, cani e gatti, convivenze, diversità, dominio, famiglia, Gabriarte55, gelosia, i nostri amici quadrupedi, il piacere di scrivere, paura, punto di vista, racconti di Natale

(Prima parte di due)

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Disegno di Gabriella

Nero, piccolo da sembrare un peluche, impertinente e adorabile, Bau è da oltre un decennio l’indiscusso Principino di casa. Viziato e coccolato, sa dare affetto e spensieratezza e creare anche qualche problemino alla Principessa che per lui esiste solo quando il Principe non c’è. Beh, no, non è proprio così: Bau e Principessa hanno i loro bei momenti in certe sere, quando lei sta sul divano e lui le si acciambella accanto e le  tira tante carezze. Ma l’adorato indiscusso è il Principe, lui sì che lo fa divertire portandolo a spasso e dandogli ottimo cibo! Il cibo…ragione di vita insieme alle coccole e al dormire…Bau è esigente e sofisticato: ama mangiare ciò che mangiano i suoi padroni, Principessa è un’ottima cuoca, e Bau disdegna croccantini e biscottini adatti a lui. In modo particolare gli piace mangiare a tavola, la “sua tavola”, cioè i preziosi tappeti sparsi sul pavimento di casa e non comprende gli strilli di Principessa tutte le volte che, dopo aver addentato un osso o un pezzo di carne succulenta, si sposta sul persiano di turno per il suo pranzetto.  Esigente anche nelle abitudini, non sopporta i ritardi e le assenze e nemmeno le novità e ora, nella sua incipiente vecchiaia deve affrontare, nella sua casa di giorno,  una grande seccatura di nome Gio. Eh sì, come si conviene alle teste coronate anche Principino ha due case: il cortile è la sua casa di giorno, lì c’è la sua (ex)cesta, la copertina, la ciotola dell’acqua e ci sono tante cose da fare come inseguire i colombi, controllare i gatti dei tetti, annusare odori nelle aiuole, ascoltare i vicini di casa e la sua amica Polla che abbaia con lui dal terrazzo confinante. Poi c’è la casa della sera, quella bella, calda e morbidosa, due cuccette deliziose, una dentro e una sul terrazzo, la compagnia dei suoi Principi, i suoi giochini e piccoli dispettucci da fare quando gli passa per la coda.

Ora, si diceva, per Bau  il problema si chiama Gio:

-“Posso tollerare tanto di te, la cesta che mi hai tolto, la copertina che puzza del tuo odore, il tuo miagolio rauco e insistente che mi fa riposare male, la tua sciocca presenza nella mia casa di giorno. Posso sopportare che ogni tanto cerchi di strusciarti sul mio pelo, non ti morderò, mi limiterò a scansarmi  schifato e sopporto anche che sbagli in continuazione la ciotola dell’acqua e vieni a sporcare la mia. MAI, però,  sopporterò questa specie di amicizia che sta nascendo tra te e il MIO Principe! Lui ogni mattina ti offre una ciotola piena di croccantini (schifosetti a dire il vero) e io, che a quell’ora ho la mia fame, devo stare buono e osservare da lontano! Devo assistere al mio Principe che ti parla, che  ti accarezza…Gio di qua, Gio di là… ti ha persino curato gli occhi e una zampetta  e, cosa che mi fa infuriare, inizia persino a giocare con te! Questa è casa MIA e il Principe è mio, chiaro? Tu non esisti,  devi crescere in fretta e riuscire a saltare quel muro, come hanno fatto i tuoi fratelli e sgommare da qui, capito?! Tua madre ti ha rifiutato, i tuoi fratelli pure e…sei rimasto a me! Non se ne parla nemmeno! Sì, ok, sono geloso, lo ammetto, e ho paura di perdere i miei Principi per causa tua. Sto invecchiando e non riesco ad abituarmi a te.Vai via, Giò, vattene da casa mia e dai miei padroni o inizierò a mordere pesante! Lasciami invecchiare tranquillo, non sono capace di convivere con un diverso da me. I tetti ti aspettano. Sciòòò!”

L’incompiuto

05 domenica Giu 2016

Posted by ili6 in Articoli, I miei racconti, Senza categoria

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Asit Kumar Patnaik, attrazione, corteggiamento, decisioni, distanze, il piacere di scrivere, incompiuto, Lui e Lei, racconti

Frequentavano gli stessi luoghi di lavoro e, pian piano, dopo l’iniziale indifferenza e una certa successiva reciproca antipatia, ebbero modo di conoscersi meglio. Parlando, ascoltandosi, osservandosi, scattò un qualcosa di indefinibile, o forse chiaramente definibile, un’attrazione che tennero saldamente a bada. Non fu semplice, ma l’impegno non mancò da nessuna delle parti. Lui era libero, lei no. Lui aveva già dato e conquistato una nuova libertà che ora gli lasciava ampi spazi per il gioco. Lei non era mai stata sfiorata dall’idea del gioco, per indole e per assenza di desiderio di trasgressione, avendo trovato un discreto equilibrio nella sua relazione di coppia.

Quando entrambi compresero meglio la situazione, iniziarono a staccarsi. Nessuno dei due desiderava complicazioni, non erano più in età di follie e inoltre né lui né lei avevano chiaro cosa fosse nato tra loro: sicuramente stima, simpatia e una certa dose di attrattiva che aveva portato lui a un delicato e impercettibile  corteggiamento e lei a riscoprire la voglia d’essere pensata e gentilmente  corteggiata. Da lì a continuare e a saltare il fosso ce ne sarebbe voluto  e lei non era certa di volerlo. Questo era chiarissimo a lei e abbastanza chiaro anche a lui che  sapeva  che sarebbe stata una strada irta e che avrebbe potuto non trattarsi di un gioco. Non con lei e non per lei.

Mai lui e lei parlarono di questo, mai un cenno o una forte allusione, mai un gesto o uno sfiorarsi; mai oltre il lecito. Così non furono necessarie parole e, senza un niente, iniziò la distanza.

 Lui quasi bruscamente si staccò dall’ambiente , nonostante fosse  un ambiente gradevole, che  gli piaceva e riempiva parte della sua vita da single. Ma c’era lei:  vederla, starle accanto, discutere, lavorare insieme  e non poterla avere, era divenuta  quasi  una  sofferenza. Lei  comprese il motivo del trasferimento di lui, accettò, si sentì sollevata, ma anche smarrita e più sola.

In quella specie di fuga avevano lasciato dell’incompiuto, un progetto che per essere terminato  aveva bisogno delle competenze di entrambi. Lui doveva completare la prima parte, lei la seconda e ultimare le rifiniture insieme. Il progetto  rimase chiuso in un cassetto dell’ufficio anche se lui a casa aveva eseguito  ciò che gli competeva. Avrebbe dovuto solo  consegnarlo a lei, ma non si decideva a farlo. Avrebbe significato  riavvicinarla e non era più certo della sua resistenza; temeva anche  quella di lei. Si distrasse in altri modi e riprese a giocare, divertendosi anche, ma certi pensieri riaffioravano soventi  e se ne sorprendeva. Impossibile che lei, senza nulla fare e dire, gli fosse entrata nella pelle e ogni suo poro la reclamasse. La distanza non aveva prodotto gli effetti sperati, piuttosto aveva evidenziato l’assenza.

Anche per lei fu un po’ la stessa cosa: quante volte si ritrovò a pensare a quel progetto incompiuto! No, no, non doveva prendere in giro se stessa, no! Le mancava lui. Avrebbe potuto chiamarlo con la scusa di quel lavoro, sarebbe stato semplice, normale, ma temeva fortemente e decise che non avrebbe compiuto quel passo perché forse, poi,  avrebbe  continuato a camminare, anche a correre, verso lui. E questo poteva rappresentare la gioia o la rovina per entrambi. Riuscì a chiudere cassetto e questione, pur tra i turbamenti: in fondo era forte, piena dei suoi principi e abituata alla rinuncia.

Una sera lei, mentre si apprestava a chiudere computer e ufficio, sentì il bip di una nuova e-mail. Per un attimo pensò di leggerla l’indomani, ma ebbe quasi un presentimento. Le poche parole le crearono un tumulto:

Carissima, non ho dimenticato.  In queste settimane ho completato la prima parte del nostro incompiuto . Devo consegnarti il plico, ma ho difficoltà a venire in ufficio. Ti aspetto domani pomeriggio a casa mia.

Lei rilesse un paio di volte, chiuse il pc, prese il paltò di cammello e si incamminò verso  casa. Quasi sorrise quando si accorse che non riusciva ad inserire la chiave nella serratura della porta per via di uno strano tremore alle mani.

Asit Kumar Patnaik -

Painting by  Asit Kumar Patnaik

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