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Marirò

~ "L'esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque"

Marirò

Archivi tag: genitori e figli

Fresie

23 giovedì Mar 2017

Posted by ili6 in Articoli, I miei racconti, Senza categoria

≈ 63 commenti

Tag

accanimento terapeutico, amore platonico, eutanasia, fresie, genitori e figli, primavera, testamento biologico, vecchiaia

Fresie.

Foto web

Si preannunciava una giornata solare, in cielo non c’erano più nubi scure,  l’erba del giardinetto era tornata calma, seppur ancora scompigliata dalla bufera dei giorni precedenti. Ivana sorseggiava in terrazza su uno scomodo divanetto di legno un caffè dal gusto non gradevole; la vecchia moka aveva fatto il suo tempo e chiedeva di smettere la sua esistenza. “Anche tu…”, pensò, gettando uno sguardo triste alla caffettiera.

Aveva dormito male quella notte, peggio delle altre, eppure poteva essere diverso visto  che erano tornati tutti a casa. Invece no, il peso delle settimane precedenti le era piombato addosso insieme alle parole di suo padre. Le ultime parole. Ivana lo conosceva bene e sapeva della sua testardaggine, del suo orgoglio, della fermezza che lo distinguevano: non le avrebbe più rivolto la parola se lei avesse insistito per farlo curare. Questa era stata la terribile sentenza mentre si apprestavano a tornare a casa dall’ospedale. Era stato un ottimo padre, sotto ogni profilo, e Ivana lo amava immensamente. Entrambi, seppur in tempi diversi, si erano sacrificati l’uno per l’altra, lui per crescerla dopo la precoce morte della madre e lei per accudirlo durante la sua vecchiaia. Non era stata solo una vita di sacrifici e rinunce, ma una esistenza soprattutto di attenzioni,  tenerezze, sorrisi e viaggi,  avventure,  scoperte insieme. Poi la malattia, lenta e inesauribile. Ivana portava con sé le angosce, le preoccupazioni, le speranze, di quell’altalena di alti e bassi, di quel via vai in ospedale, di quelle nottate a vegliare quell’uomo che era stato una roccia e che ora era l’ombra di se stesso.

“E’ la quinta volta che mi fai ricoverare qui. Promettimi che non ce ne sarà una sesta. Dovrà accadere prima o poi, lo comprendi? Lascia che accada!” Questo le aveva detto suo padre con una voce flebile, ma tanto autorevole, pochi minuti prima che arrivassero i barellieri per portarlo a casa. Ivana era rimasta in silenzio e il padre aveva continuato:“ Ne ho parlato anche coi dottori, non accetterò più trasfusioni. Non è vita questa: lasciami andare…”

“No, papà, non posso farlo. Queste sacche di sangue ti rimettono su e non è un dramma venire qui ogni due mesi per le trasfusioni. Finchè faranno effetto noi saremo qui e insieme torneremo a casa.”

“A casa…a far cosa? Ormai non ho forza di nulla, non riesco in niente, ho dolori ovunque, sono appeso ai fili e comandato dalle badanti che mi hai messo attorno…”

“Devo lavorare, lo sai…”

“lo so, non ti faccio colpa di questo, stai sacrificando la tua vita, trascurando la tua famiglia, i tuoi amici…sei sempre al mio capezzale,…lasciami andare…promettimi che non torneremo più qui.”

“Non chiedermelo!”

“Cosa temi? La mia assenza? Sono un peso…No, Ivana, sei solo una grande egoista!”

“Ma che stai dicendo?!”

“So cosa temi: il rimorso di coscienza! Ma te lo sto chiedendo io…non avrai responsabilità alcuna…fallo per me, liberami dalle sofferenze e dalle umiliazioni di questo schifo di malattia, te ne prego. Non portarmi più qui: il nostro tempo insieme si esaurirà con le sacche di sangue che mi hanno appena iniettato. Sarà un tempo buono, ci prepareremo insieme…”

“Smettila di dire questo, non puoi chiedermelo! Sei tu l’egoista! Stai pensando solo a te, alle tue sofferenze fisiche, alla tua esistenza tra letto e poltrona. Non pensi a me, ai tuoi nipoti che non vedrai più crescere…e dici che io…no, papà, a costo di sedarti, torneremo qui finchè vita vorrà!”

“ Continui a chiamarla vita, questa… Sono morto da tempo, Ivana. Renditene conto.”

“Non sei morto, sei qui, sto parlando con te, mi guardi negli occhi, mi dai consigli, ascolti me e i bambini, il mese scorso hai anche fatto ripetere la geografia a Luca.  Che farò senza te? No, papà, non chiedermelo mai più. Non può una figlia decidere questo.”

“Ti sto chiedendo un gesto di amore. “

“Mi stai chiedendo di lasciarti morire!”

“Sì.”

“No. Ora cambiamo discorso, per piacere. Sai, hanno detto che domani sarà una bella giornata, tornerà il sole.  Andremo sul terrazzo e pianteremo tanti fiori colorati. Che ne dici? Luca ci aiuterà volentieri.”

“Non parlerò più con te sino a che non mi prometterai che mi libererai da questa esistenza. Non più una parola. L’ultima per te è adesso: ti amo, Ivana, ti amerò sempre e anche tu. Aiutami.”

“Papà, ti prego, ti prego…”

Ivana uscì dalla stanza e, incurante della bufera sferzante, corse fuori da quell’ospedale. Camminò a zonzo, senza nemmeno sapere dove, il cuore in gola, le lacrime che si confondevano con la pioggia. Sapeva che doveva rientrare in ospedale, stava arrivando l’ambulanza per tornare tutti a casa. I barellieri erano ormai diventati amici di suo padre, il signor Mario l’avrebbe persino fatto sorridere. C’erano anche le due badanti ad assisterlo. No, non poteva tornare lì dentro, non in quel momento, non in quello stato, non con quella sentenza terribile. Non avrebbe sopportato il silenzio di suo padre e nemmeno la sua assenza. Continuò a camminare sotto la pioggia battente, rallentando il passo. In strada non c’erano passanti, solo alcuni automobilisti  frettolosi di tornare a casa per sfuggire da  quella tempesta di acqua e vento. Confusa, fradicia, quasi non sentì la richiesta di aiuto che proveniva da qualcuno. Si volse distratta e notò che una vecchietta era scivolata sul marciapiedi. Ivana andò verso la signora e la aiutò a rialzarsi. “Le buste, le buste… le prenda, sono un po’ pesanti. Ci sono i bulbi.” Solo in quel momento Ivana notò delle buste della spesa e alcuni semi e bulbi sparsi per terra. Li raccolse e li diede alla signora: “Sta bene?” La signora sorrise: “Sì, penso di non essermi rotta nulla, questa pioggia…grazie. Le chiedo un ultimo favore: mi accompagni nel negozio, è qui vicino. Le buste pesano,  lei potrà asciugarsi e le darò anche un ombrello.” Ivana prese sottobraccio la signora e presto arrivarono in un negozio di merceria: “Grazie, qui sono al sicuro. Le mie buste di fiori?” Ivana porse le buste e chiese che semi e bulbi fossero. La signora rispose che erano vari tipi di fiori che sarebbero sbocciati in estate. Poi prese una manciata di semi e li regalò a Ivana. “Sono semi di fresie. Se li curerà bene, col caldo saranno una meraviglia. Non deve avere fretta di vedere il fiore, la bellezza sta nell’assistere alla crescita lenta,foglia dopo foglia, germoglio dopo  germoglio. Poi il fiore  si aprirà in tutto il suo splendore e profumo. Durerà, ma segnerà anche il tempo del distacco. Lentamente, dopo aver donato tutto di sé, la saluterà. Oltre non potrà. Sa che le fresie sono il fiore dell’amore platonico, del mistero, dei ricordi, della malinconia? Nel mio giardino non mancano mai: quanta dolce malinconia del bel tempo che fu…”

“Non è riuscita a fermare nulla di quel tempo?”

“Oh, sì. Non puoi fermare il tempo né le persone care, ma nel cuore sì.”

Il sole si fece più deciso, Ivana si alzò lentamente dal divanetto e andò a prendere la giacca della sera prima per farla asciugare. Dalla tasca tirò fuori i semi delle fresie e poi svegliò Luca: ”Dai, ragazzino, ho bisogno di te. Andiamo al vivaio e poi dal nonno, staniamolo dal letto e facciamoci consigliare per sistemare le aiuole. E’ tempo di fiori: godiamoli finchè sarà possibile.”

Un pensiero bello

18 domenica Set 2016

Posted by ili6 in Articoli, scuola, Senza categoria

≈ 44 commenti

Tag

emozioni, fine dell'estate, genitori e figli, pensieri belli, primi amori, ritorno a scuola, scuola, vita di maestra

innamorati

Primi giorni di scuola in una quinta elementare qualsiasi. Complice una gradevole lettura sulle vacanze e sui primi amorini estivi, la domanda della maestra è scontata. Non lo sono parecchie  risposte degli alunni:

Maestra-E voi in estate vi siete innamorati? Su, raccontate! Non voglio curiosare, non voglio nomi, ma ditemi se e  perchè vi siete innamorati.

G.:-Sì, mi sono innamorato dei suoi occhi colore del cielo.

D.:-Sì, era bello, elegante, noi diciamo figo, e mi faceva ridere.

F.:Dai, maestra,…lo sa tutta la scuola che da un anno io…io ho un pensiero bello in questa classe. Non potevo innamorarmi di un’altra!

Maestra:- Giusto!

S.(il pensiero bello di F.): -No, ho già il mio pensiero bello.

K.– Non farmi pensare, maestra! Dovrò aspettare giugno per rivederlo! ( si emoziona e le scappa una lacrima).

Maestra.- No, non pensarci, giugno arriverà presto.

E:-No, tutti i ragazzini di questa estate erano insipidi.

Maestra: Caspita!

C.:-Io sì, ma lei no. Pensava a mangiare gelati. Si farà una buffa!

S.(fidanzata da due anni con L).- No, io sono già impegnata.

Maestra:-Così tanto da non avere distrazioni, brava! Cosa ti piace di lui?

S.– Tutto.

L.(fidanzato da due anni con S.): – Io non mi sono innamorato, ma due si sono innamorate di me.

S.(saltando dalla sedia):- E tu che hai fatto?!?!

L.-Niente, lo giuro!

Maestra: Niente perché sei anche tu innamorato?

L.– Certo e di lei mi piace Più. Di. Tutto. (S. si siede, occhi dolci, guance come il fuoco).

A.:-Non me lo chiedere, maestra, perché non te lo dico.

Maestra: ok, ok.

R.:-Non lo so. Mi piaceva la sua voce e come mi parlava. Mi piaceva fare giri in bici insieme e nuotare con lei. Non lo so, ma la penso ogni giorno.

Un compagno gli chiede:- Ti manca?

R.– Sì.

Compagno: -Allora ti sei innamorato.

N:– Sì, mi sono un poco innamorata, ma già non ci penso più.

Maestra:-Oh!

N:– Ci saranno amori migliori.

Maestra: Già. Hai ragione.

P.:- No, mi vergognavo a innamorarmi.

Compagna:- Ma che c’è da vergognarsi? Sono pensieri naturali.

P.:– Poi mia mamma, mia zia, …mi avrebbero preso in giro.

Compagno:- Mica glielo dovevi dire!

P.:-Quelle si accorgono anche di una zanzara che vola nella casa accanto!

Maestra: Altri vogliono aggiungere qualcosa? No? Ok. Grazie per queste risposte, mi avete fatta tornare ragazzina di 10 anni, con i miei primi batticuori! Belle sensazioni, anche qualche sofferenza, insomma sentimenti uguali a quelli che molti di voi state provando. Sono identici  anche alle sensazioni che i vostri genitori provarono alla vostra età: affetti, simpatie, amicizie forti, che hanno avuto anche loro. Non chiamiamoli amore, non lo sono ancora. Chissà se per i vostri genitori  quei pensieri belli finirono presto, come quello mio per Gaetano, o se continuarono a lungo o per sempre. Chiedeteglielo, saranno contenti di parlarne e anche di ascoltarvi. Potrebbero consigliarvi tante cose. Non abbiate timori, nessuno sarà preso in giro e non si arrabbieranno.  Se vi viene qualche dubbio loro sapranno risolverlo nel modo giusto. I genitori sono le guide più esperte, più fidate, della vostra vita. Soprattutto non affidate le vostre prime cotte  a un telefonino o a Facebook. Il vostro punto di riferimento sicuro sono mamma e papà, non dimenticatelo mai.

F:– Maestra, ora posso sedermi con S.?

Maestra:– Cioè con il tuo pensiero bello? Ma sì,  mi piacciono i pensieri belli, però… niente distrazioni quando si studia! 😉

 

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