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Quell’odore inconfondibile di mandorle caramellate l’ho avvertito l’altro ieri. Per strada. Proveniva da una piccola casa a pianterreno con le porte di legno dipinte di bianco. Una casa che assomiglia a quella della mia primissima infanzia.
Oh, come riconosco quell’odore! C’è ancora oggi chi a Natale prepara il torrone, quello duro che sa di mandorle e miele di zagara, quello che puoi mangiare se hai una dentatura forte e sana, quello che ancora oggi, se hai la fortuna di trovarlo a casa di qualcuno e lo sciogli in bocca, ti regala il gusto di una carezza.
E l’altro ieri mi son chiesta se in quella casetta ci fosse una lastra di marmo bianchissimo ricoperta di foglie di limone dove stendere l’impasto di mandorle, zucchero e miele per dargli forma e farlo raffreddare. Mi son chiesta se quel torrone lo stesse preparando un papà, magari con addosso una vestaglia di lana beige e sopra il grembiule a fiorellini della mamma. E chissà se quel papà stava fischiettando durante la preparazione. Il profumo era intenso, si avvertiva anche l’odore della buccia d’arancia e sapeva di buono. Sì, sì, quel torrone lo stava sicuramente preparando un papà e si stava facendo aiutare dalla figlioletta per togliere le bucce alle mandorle appena tuffate nell’acqua bollente. E per dare forma e tagliarlo a pezzetti stavano usando un coltellaccio e il pesante mortaio di ottone? Sì, sicuramente sì e la bimba si stava divertendo a dare pugnetti al mortaio per facilitare il taglio. A rombi, lo stavano tagliando sicuramente a piccoli rombi e il suo papà le diceva che era brava e forte. E sono sicura anche che in quella casa in queste serate si giocherà al mercante in fiera o a sette e mezzo e saranno in tanti attorno a un tavolo a sgranocchiare quel torrone tra rosolio alla cannella, chiacchiere e risate. E la bambina sorriderà felice quando il suo papà le dirà orgoglioso che era stata bravissima ad aiutarlo in cucina.
Foto web
Sai, papà, l’altro pomeriggio stavo per bussare a quella casa per chiedere un pezzetto di quel torrone. Ne avevo un forte desiderio, ma mi sono trattenuta. Già l’odore, però, è stata una carezza. Ricordi che ti chiedevo di aggiungere la “ciuciulena”? E tu a dire no, che il signor torrone non la voleva ! E poi mi correggevi: “Ciciulena”, Tichi, si dice ciciulena. E io a ripetere- ciuciulena-. Non che mi piacesse il sesamo, mi piaceva fare quel gioco di suoni con te.
-Ciuciulena, ciuciulena, ciu, ciu!
-Ciciulena- ripetevi sorridendo-ciciu.
-Ciu, ciuciulena, ciuciu, ciuciu! –e facevo la linguaccia e correvo attorno al tavolo e tu facevi finta di inseguirmi col mestolo che colava di caramello.
Mi dicesti, quell’ultima volta, che dovevo stare attenta e che presto avrei dovuto prepararlo io quel torrone. Quasi un presentimento, il tuo. Fui attenta, ma nei Natali che vennero dopo non volli mai prepararlo perché ho sempre voluto tenere quegli odori, quei gesti, quei sapori, solo tuoi. Tuoi e miei. Le volte che in alcune ricorrenze lo trovo fatto in casa da amici, da parenti, lo assaggio volentieri, preferendolo ad altre prelibatezze dolciarie e torno indietro nel tempo. Ed è un dolcissimo tornare.
Buon Natale, papà, dalla tua Tichi.
Sereno e Dolce Natale a tutti voi, amici di questo blog, e ai vostri cari.
Marirò