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Marirò

~ "L'esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque"

Marirò

Archivi tag: coppia

H 24 (Lei)

16 martedì Gen 2018

Posted by ili6 in Articoli, I miei racconti, Senza categoria

≈ 33 commenti

Tag

coppia, coppie che scoppiano, equilibri, famiglia e lavoro, Lui e Lei, pensionamento, racconto, società, solitudini

 

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(Prima parte di due, forse di tre)

Lei

L’altra mattina ho fatto qualcosa di incredibile: sono andata dall’ex dirigente di mio marito, che è anche un buon amico, e l’ho pregato di riprenderselo! Con voce per nulla scherzosa, gli ho chiesto di togliermelo da casa e di trovargli qualcosa da fare negli uffici, qualsiasi cosa, anche gratis. Lui mi ha risposto che prevedeva questo perché Pier  Ferdinando ha amato sempre il suo lavoro e da pensionato, quale ora è, nei primi tempi ne avrebbe sofferto sicuramente. “Sono trascorsi nove mesi dalla pensione e non si è ancora adattato?” Ho risposto di no, non si è adattato lui e non mi sono adattata io. Ha sorriso benevolo e mi ha promesso che ci penserà.  “Presto!”, gli ho detto mentre lo salutavo, “Fai presto o scoppieremo entrambi”.

Ma cosa ho combinato? Per la maggior parte delle coppie il pensionamento è una gioia: si potrà stare  più insieme, si potranno fare cose nuove o  da sempre rinviate, viaggiare ad esempio, dedicarsi agli hobby, ecc…ecc…Viaggiare…con la maledetta paura degli aerei che abbiamo…. E poi ci vorrebbero tanti soldini. Hobby? Il suo hobby preferito è il lavoro, sì, c’è il calcio, ma alla sua età e con gli acciacchi che ha, se lo può scordare.

Per la maggior parte la pensione è una gioia, per altra maggior parte è una jella che rompe delicati equilibri faticosamente conquistati..

Pier Ferdinando è un bravo marito e  gli voglio un bene dell’anima: guai se gli succedesse qualcosa di brutto! Però, non lo voglio in mezzo ai piedi H 24!!! Da quando è in pensione, dispersi gli amici visto che da quell’ufficio usciva solo la domenica, gironzola per casa come un fantasma, si impiccia in tutto, vuole fare e alla fine non combina nulla. Un po’ mi aiuta, con la spazzatura, ad esempio, o se devo spostare un mobile o pagare una bolletta alla posta, ma non ho bisogno del suo aiuto, da quarantacinque anni me la sbrigo da sola. Sta diventando sciatto:  in tuta, persino in pigiama tutto il giorno,  ciondola davanti alla tv. Se devo uscire per delle commissioni, mi si appiccica dietro, se vado a trovare un’amica( io alcune amicizie ho saputo mantenerle, a differenza sua),  inizia a frignare che non vuole stare solo per troppo tempo per poi diventare muto quando siamo insieme. Solo quando sparisce per alcune ore con la macchina, dove va non lo so e non mi interessa, riprendo a respirare libera per casa. Io sono una buona  moglie, madre e nonna, sono attenta e fedele, premurosa con tutti, ma lui da qua.ran.ta.cin.que anni mi ha abituata a stare da sola, lui e il suo amato lavoro! Partiva alle 7.30 del mattino e ci si rivedeva alle 7.30 di sera. Alle  22.30 eravamo tutti a letto. Persino il pranzo preferiva fare alla mensa coi colleghi anche se il suo ufficio era a 10 minuti da casa! All’inizio ci rimasi molto male, poi mi rassegnai  a pranzare da sola, le bambine stavano a scuola sino al pomeriggio, e i miei pranzi erano volanti, quando c’erano, di solito un panino davanti alla tv. Da sola. Avevo tempo e la casa tutta per me: con calma  organizzavo la mia giornata, distribuivo bene le ore per pensare alle pulizie, a tutto ciò che richiede la vita, pagamenti, certificati, pratiche varie e pensavo  alle figlie e a me stessa. Anche a mio marito. Stiravo le sue camicie alla perfezione, tanto per dirne una; Pier Ferdinando è sempre stato un figurino, ancora adesso le amiche me lo invidiano  per l’eleganza, la signorilità, la simpatia. Mi è mancato durante l’adolescenza delle ragazze, non è stato facile per me e per loro e poi eravamo ancora giovani, in salute, la passione reggeva, ma il tempo del pensionamento si prolungò per leggi e leggine varie. Quando, poi,  le ragazze si sposarono  al Settentrione, lui  chiese e ottenne altri anni di proroga dal pensionamento. Altra delusione per me e così  ho scoperto Skype, Instagram e altro. No, non ho mai fatto nulla di disdicevole, chat  e videochiamate con le figlie e con i nipotini che altrimenti vedrei due volte l’anno,  pubblicazione di alcuni lavoretti di bricolage di legno che sono la mia passione, chiacchiericcio di tutto e di niente con questo e quello. Ora, con il marito alle costole, tutto  diventa pesante: ” Che fai? Questa chi è? Non cucini?”. Uffa e riuffa! Devo inventarmi qualcosa, se non tornerà in ufficio, anche se ha già compiuto settanta anni, scoppieremo! Inoltre, io voglio continuare a vederlo felice e, evidentemente, da solo con me non lo è.

Alle porte di Parigi

13 lunedì Gen 2014

Posted by ili6 in Arte, Articoli, I miei racconti, Intrattenimento, Senza categoria, un pò di me, Viaggi

≈ 41 commenti

Tag

coppia, gabbie mentali, lavavetri, Parigi, sfida, viaggiare, vita

Erano giovani, forti, innamorati, carichi di passione, di entusiasmo, di curiosità e voglia di crescere, sperimentare  e costruire. Amavano viaggiare e quel pomeriggio di agosto si trovarono nel parcheggio di una grande strada, una  piazzola tra gli alberi  alle porte di Parigi. Partiti quasi 48 ore prima con la loro 128 bordeaux,  avevano viaggiato ininterrottamente, alternandosi alla guida e riposato poche ore qua e là. Erano stanchi e sudati, ma con l’entusiasmo alle stelle perché ormai Parigi era dietro l’angolo e stava per accoglierli. E loro volevano essere in forma per il primo contatto con la città degli innamorati. Per questo avevano deciso di fermarsi  un’oretta e quello spiazzo era ideale perché ombreggiato e munito di  patisserie, boulangerie e toilette.

Consumarono due  baguettes con insalatina e formaggio e qualche bisquit. Poche ore dopo  sarebbero andati a Montmartre a gustare una soupe à l’oignon, quindi quello spuntino era più che sufficiente. Misero un’audiocassetta di Johnny Hallyday e chiusero gli occhi. Ma erano troppo stanchi e troppo eccitati per poter  riposare: Paris, Paris, Paris!

Fu lei a fare quel pensiero strano dopo essersi guardata attorno: c’erano una decina di auto posteggiate come la loro, con automobilisti in riposo. La controra era pesante anche per i francesi.

– Saresti capace di chiedere soldi alla gente? Non deve essere facile, ma ho voglia di provare.

-Che cavolo dici?

-Le vedi quelle auto? Ora guarda me, sono vestita perfetta per sembrare una lavavetri: gonna lunga a balze fiorite, top leggero, zoccoli. Sono sudata e spettinata al punto giusto, stanca, giovane, carina, straniera e nel cofano abbiamo il panno di daino e il Vetril. Provo?

-Ma sei ammattita o cosa?!?

-Dai, non ci conosce nessuno, abbiamo persino l’auto con targa del profondo sud. Mi scambieranno di certo per una elemosinante.

-Ho capito, ti stai sfidando. Non ce la farai. E poi ti pare giusto disturbare gli altri? Guarda, quello sta dormendo, quei due si stanno abbracciando. Ma smettila, su! Comunque sarebbe un imbroglio!

– Dici che non riuscirò, vero? Tu lo faresti?

-No, mai. E nemmeno tu. Potrebbero anche rimproverarti,  inseguirti, umiliarti.

-Lo so, ma ci sei tu a sorvegliare. Nel caso accendi il motore e fuggiamo a razzo. Potrà essere persino divertente!

-Ma smettila!

-Dai, è per gioco, per  sfida con me stessa e se riesco a raccogliere degli spiccioli stasera  li lasciamo alla chiesa del Sacro Cuore.

-Non hai la faccia da mendicante. Non sarai convincente e sono certo che non ce la farai.

– Ma non chiederò elemosine, laverò i vetri delle automobili. Non ce la farò?

-No,  non sei costretta a farlo per fame e la tua gabbia mentale non te lo permetterà.

-Forse hai ragione tu, ma voglio provare. Comincio con quel macchinone nero.

Senza dargli tempo di rispondere, lei scese dall’auto e prese dal cofano pezza e detersivo. Poi si avviò con passo incerto  verso quell’auto. Dentro c’era una coppia che dormiva col capo reclinato sui poggiatesta dei sedili. Lei si fermò.  Sapeva cosa doveva fare: avvicinarsi al parabrezza, spostare le spazzole e iniziare a lavare il vetro che non era nemmeno tanto sporco. Sapeva cosa fare ma non sapeva come fare, come iniziare: due passi, doveva fare solo due passi e sarebbe arrivata al parabrezza. Cosa sono due passi? Niente, ma a volte tutto.

-“ Non è per nulla facile, cavolo!”

 Iniziò ad inzuppare il panno con quel liquido azzurrino e rimase ferma  sulla fiancata dell’auto, all’altezza del guidatore, ferma come un’ebete e  con quello straccio bagnato in mano. L’uomo  dentro l’auto dovette avvertire la sua presenza perché girò la testa e aprì gli occhi. I loro sguardi si incrociarono e dopo un attimo lei vi lesse un’alterigia spaventosa: uno sguardo altezzoso frammisto a freddezza che si fece torbido quando fissò il suo top scollato. L’uomo, senza spostare lo sguardo dal suo seno,  alzò lentamente una mano, indicando il parabrezza in segno di gelida condiscendenza.

Lei fece un passo e  si paralizzò. Poi sentì che qualcuno l’afferrava  per un gomito. Era suo marito.

-Ti stavo aspettando- disse lei con una voce lieve e turbata.

-Sono qui- rispose lui con voce inquieta, ma anche rassicurante- Andiamo, Parigi ci sta aspettando.

Pisarro-the-boulevard-montmartre-at-night-1897- Camille Pissarro – Boulevard Montmartre di notte – 1897- National Gallery, Londra

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