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Marirò

~ "L'esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque"

Marirò

Archivi tag: bambini

Piccole, grandi, preziose storie.

28 venerdì Set 2018

Posted by ili6 in Articoli, scuola, Senza categoria

≈ 29 commenti

Tag

amicizia, bambini, crescere insieme, disabilità, donne, educazione, figli, Giacomo Bertoni, Ludovico Einaudi, maestre, mamme, scuola, vita

Un bellissimo scritto di Giacomo Bertoni, suggerito da Lucetta, mi ha riportata alla storia di una Mamma e di suo Figlio e anche alla storia di una Scuola, di una classe di Alunni e dei loro Insegnanti. Una storia bella e importante, pur nella sua drammaticità, una delle tante piccole e preziose storie che esistono in questo mondo e che passano troppo in silenzio. Conoscere queste storie, viverle in qualche maniera, dà sempre i brividi e lascia attoniti per la forza e l’amore che le permeano.

Lei, la Signora Matilde. puoi incontrarla ogni giorno a Scuola. Accompagna Davide sin dentro l’aula poco dopo il suono della campanella, si ferma nella classe qualche minuto e viene a riprenderlo all’uscita prima delle altre mamme. A volte le fa compagnia la figlia maggiore, rarissimo quando ad accompagnare Davide è il papà per via degli orari di lavoro. Davide frequenta la quinta classe della Scuola Primaria, ha 12 anni ed è un ragazzino con gravissimi problemi psicomotori: non riesce a tenere eretto il corpo, si esprime con sguardi, suoni gutturali, urla e smorfie, soffre di ansie e di diabete. Non può fare a meno della sua speciale carrozzina e si alimenta assistito.

Mamma Matilde ogni giorno, col sole o con la pioggia, entra con l’auto nel cortile della scuola, prende dal bagagliaio la carrozzina, poi prende in braccio il figlio e lo sistema sulla sedia a rotelle, lo imbraca per bene e lo accompagna verso il portoncino, seguendo un lungo scivolo. Non sempre usa la sua carrozzina da quando l’Amministrazione Comunale ha provveduto a darne una simile a Scuola e così Matilde, Donna magra e minuta, molte mattine prende in braccio Davide e salgono insieme cinque gradini di scale. Arrivati nel corridoio, sistema Davide nella sedia speciale della Scuola e lo accompagna in classe. Aiuta le Maestre a togliere cappotti e giacchette, attende che Davide si stabilizzi e poi va via. Lo stesso si ripete al contrario all’uscita di scuola. In tutto questo Matilde viene a volte aiutata da qualche bidello, dall’insegnante di sostegno o da qualsiasi docente, genitore, personale di segreteria che in quel momento casualmente si trovi a passare da quell’angolo di corridoio. Tante altre volte fa tutto da sola.

La Signora Matilde è sempre affabile e curata, mai un lamento. Capita, però, di incrociarla disordinata, preoccupata, scura in viso quando viene chiamata dalle maestre per improvvisi problemi di Davide.

Lo scorso anno ho supplito per alcuni giorni la Maestra di Davide. Pur sapendo del bambino e della sua situazione, non nego che il mio primo impatto in quella classe fu terrorizzante, anche perché l’insegnante di sostegno sarebbe arrivata un paio d’ore dopo e idem l’assistente sanitaria. Furono i bambini della classe a dirmi di stare serena perchè mi avrebbero aiutata loro. Mi accorsi ben presto che tutti gli alunni avevano un ruolo preciso: due pensavano a far bere il compagno, sorreggendo la bottiglietta dell’acqua con la cannuccia. Davide sa indicare con un braccio quando ha sete. Due bambine erano incaricate a sorvegliare la testa del compagno, che riesce a stare eretta per una decina di minuti, poi si affloscia: “Bisogna metterla dritta altrimenti Davide respira male e può soffocare con la saliva”. C’erano i compagnetti che si preoccupavano di raccogliere eventuali oggetti che Davide poteva gettare a terra coi suoi movimenti incontrollati, c’era chi si incaricava di spostare la carrozzina perché: “ Davide così può guardare tutto e tutti e soprattutto il sole dalle finestre. Lui ama il sole, ma troppo gli fa male e dobbiamo proteggerlo”.  In un angolo della classe c’era un banco speciale perché Davide potesse lavorare con fogli, colori e materiale speciale.

Tutta la classe agiva e ruotava attorno alle esigenze del compagno in grande difficoltà. Un bambino mi disse: “ Maestra, parla a bassa voce, lui ha paura dei rumori e dei suoni forti”. Meno timorosa, iniziai la lezione senza perdere di vista quel ragazzino, ma non sapevo come rapportarmi con lui. Più volte mi avvicinai e dissi qualcosa di carino sugli adesivi spiritosi che c’erano sulla sedia a rotelle, ma Davide non entrava in contatto con me, non era abituato al suono della mia voce, preferiva guardare alcuni compagni. Poco dopo sentii dei suoni stridenti e i compagni mi avvertirono che Davide si stava innervosendo e occorreva accendere la radio. Li lasciai fare e subito dopo la voce di Laura Pausini si diffuse nell’aula. Una bambina mi spiegò che il compagno ama la Pausini, che si calma quando la ascolta perché sono le canzoni che gli canta la sua mamma: “ Noi siamo abituati a lavorare con questo sottofondo musicale”. Ed era vero; la classe mi seguì e lavorò serenamente.  Quando fu il momento della ricreazione alcuni bambini si misero attorno al compagno per non farlo sentire solo. Parlavano, scherzavano tra loro mentre Davide pareva seguirli con gli occhi e faceva smorfie. Era il suo modo di partecipare. Ricordo che mi avvicinai alla finestra e guardai il sole. Scesero delle lacrime mentre mi chiedevo tanti perché, mentre riflettevo sull’enorme lavoro svolto dalle mie Colleghe sulla classe e su Davide, mentre pensavo a mamma Matilde. Il calore del sole somigliava a Lei, a tutti quei Bambini che mi circondavano e alla loro Maestra.“Sei commossa?”, mi chiese una bimba. “Il sole mi ha abbagliata”, risposi. Poi la bambina mi invitò ad avvicinarmi a Davide: “Vuoi vederlo sorridere?”. Davide stava facendo una smorfia delicata e i suoi occhi erano vigili mentre ascoltava tre compagnetti che cantavano una canzoncina. Anche il suo braccio si muoveva al ritmo di quelle voci. Sì, stava sorridendo e tutto ebbe un significato ampio e prezioso.

Questo sarà l’ultimo anno di Davide nella mia Scuola. Giorni fa sono passata nella sua Classe per augurare a tutti buon anno scolastico. In sottofondo “Le onde” di Ludovico Einaudi:- “E la Pausini?”, ho chiesto. La Maestra ha risposto: “ Stanno diventando più grandi, pure Davide, ed è giusto che apprezzino anche altro”.

Polvere di stelle

06 venerdì Mag 2016

Posted by ili6 in Articoli, Libri, scuola, Senza categoria

≈ 51 commenti

Tag

alunni, auguri, bambini, dediche, desiderio, Einaudi Ragazzi, emozioni, essere genitori, festa della mamma, libri belli, mamma, nascita, Polvere di stelle, scale di vita, Stefano Bordiglioni, stelle, vita, voglia di dolcezze

-Mamma, ma io dov’ero prima di nascere?

-Su una stella, piccolo mio.

-E che facevo sulla stella?

-Aspettavi.

-Che cosa aspettavo?

-Aspettavi che io e papà ti venissimo a cercare. Aspettavi di nascere.

-E come ho fatto a scendere dalla stella?

-E’ stato facile, piccolo mio: io e il tuo papà ti volevamo così tanto che il nostro amore ha costruito una scala lunghissima nel cielo. Così tu sei potuto scendere.

-E come facevate, tu e il papà, a sapere che io ero proprio su quella stella?

-Lo sapevamo e basta. Non potevi essere da nessun’altra parte: la tua stella brillava più forte delle altre. Eri tu che dicevi “Mamma, papà, sono qui”. Eri tu che ci chiamavi.

-Vi chiamavo?!

-Certo, ci chiamavi fortissimo, perché eri stanco di startene tutto solo lassù sulla tua stella.

-E voi avete costruito la scala…

-Certo, anche noi eravamo stanchi di stare lontani da te e così abbiamo costruito una scala che arrivasse fino in cielo.

-Mamma, ma anche tu prima di nascere avevi una stella tua?

-Certo, piccolo mio. Anche io avevo una stella tutta mia. Anche io ero polvere di stelle.

-E anche papà?

-Sì, anche papà.

-Tutte le persone hanno la loro stella prima di nascere?

-Sì, piccolo mio, tutte le persone hanno la loro stella e lì aspettano che una mamma e un papà costruiscano una scala per loro.

-E anche il mio gattino aveva la sua stella?

-Certo, anche Briciola era polvere di stelle e ha aspettato che la sua mamma e il suo papà lo cercassero. Tutti noi esseri viventi siamo fatti di polvere di stelle e aspettiamo lassù, da qualche parte dell’universo, che l’amore di una mamma e di un papà ci faccia nascere.

 

Stefano Bordiglioni

cop

Copertina e scheda del libro qui

Questo brano,  tratto dal libro  “Polvere di stelle”, di Stefano Bordiglioni, edito da  Einaudi Ragazzi, è presente nel libro di lettura adottato dalla mia classe.

Quando lo lessi, prima di proporlo agli alunni, mi emozionai non poco. Rimasi, però, un attimo perplessa pensando ai miei bambini di dieci anni, alcuni parecchio agitati e  turbolenti,  e tutti già con le tipiche, difficili caratteristiche preadolescenziali. Che ne avrebbero pensato di un brano così dolce, lieve e poetico? Chissà che smorfie e sorrisetti maliziosi…

Quanto mi sbagliavo! Le emozioni non hanno età.

L’altra mattina dissi agli alunni che avrebbero ascoltato una bella lettura e, nel leggerla, misi tutta me stessa.  Nella classe scese il silenzio più totale  sin dalle prime battute e quando finii di leggere, inaspettato e spontaneo, partì  l’ applauso della classe.  A grande richiesta, e con piacere,  dovetti leggere “Polvere di stelle” tre volte di seguito e mi accorsi anche di occhietti lucidi.

-Vi è piaciuta, vero?

-Tantissimo, maestra! E’ troppo bella! Leggila ancora!

-No, sarete voi a leggerla, invece, alla vostra mamma per la sua festa. Vedrete che le piacerà. Esercitatevi bene, dando la giusta intonazione, con le dovute pause e domenica, prima di consegnare il vostro biglietto alla mamma, leggerete questo brano ad alta voce proprio a lei.

-La mamma si emozionerà!

L’indomani, pur non avendo lettura, erano tutti con il libro aperto e si esercitavano a leggere. Così li ho ascoltati con attenzione e sono stati eccellenti. Alcuni ne avevano anche memorizzato delle parti.

-Ma ditemi, perché questo brano vi è così tanto piaciuto?

-Perché parla della mamma. -Perché è a due voci. -Perché è dolce. -Perché è scritto bene. -Perché parla del mistero della nascita. -Perché siamo delle stars, wow!

-Vero, ma vi è piaciuto solo per questo? Perché in molti vi siete così tanto emozionati?

Interviene il più pestifero e distrattone della classe: -Maestra, mi è piaciuto perché parla di noi bambini e mi sono emozionato perché mi ha fatto capire che mamma e papà mi hanno desiderato.

Continua Lucia: –Sì, anche io mi sono sentita  desiderata, voluta, cercata.

Conclude Sofia: –Non siamo nati per sbaglio. Siamo nati dall’amore di quella  scala. Però, chissà che fatica hanno fatto mamma e papà per tenere ferma quella scala così lunga!

Iniziano a discutere tra loro e decido di non intervenire, non è più necessario, ma sto in ascolto e ciò che sento mi piace e comprova quanto sanno essere belle le emozioni e quanto tutti  abbiamo bisogno di conferme e dolcezze. A qualsiasi età.

Nel complimentarmi ancora con l’autore, dedico questo brano a voi genitori che avete voluto e saputo costruire quella scala per raccogliere le vostre stelle, ai miei genitori che mi hanno raccolta lassù, e anche a tutti quei genitori mancati che, pur avendo tentato di costruire quella  lunga e faticosa scala, non sono riusciti a trovare la loro stella.

Di libri e…infermieri di biblioteca

18 lunedì Gen 2016

Posted by ili6 in Articoli, Libri, Senza categoria

≈ 73 commenti

Tag

abitudini, bambini, biblioteche di classe, Il Piccolo Principe, L'Occhio del Lupo, lettura, libri, prestiti e restituzioni, scuola

Faccio di solito fatica a prestare i miei libri e non so bene  il perché. Il libro è un oggetto, oserei dire un oggetto  come un altro e, dopo averlo letto, sta decenni fermo su uno scaffale ad ingiallire e prendere polvere. Capita di rileggerlo, in parte o tutto, ma  succede raramente se non è da consultazione. Non amo comunque separarmene, nemmeno se è un libro lasciato a metà. Quelli che non mi sono per nulla piaciuti li elimino nella raccolta carta. Ma quelli che ho letto con piacere, non sono più oggetti, diventano qualcosa in più, diventano miei e separarmene, anche solo per il prestito di un breve periodo,  è difficile.

Le persone con cui scambio libri sono nell’ambito familiare e delle amicizie strette. Più che scambio, preferisco  sia io a prestarli, se di quella persona mi fido. Già, la fiducia…sto affidando qualcosa che ho scelto, acquistato, sfogliato, odorato, segnato, scarabocchiato, reso  lentamente e sempre più  mio e se tornasse a me sgualcito, strappato, macchiato o se non tornasse, farei un quarantotto! Eppure io non tratto sempre bene i miei libri, no, cioè, i libri che amo li tratto più che bene  perché li vivo con appunti, sottolineature, piegature,  freccioline, smiles, interiezioni, domande. ..sì, anche domande: a volte parlo con gli scrittori! E lo so, mica so’ normale, io 😉

Non amo, quindi, leggere libri altrui perché non oserei mai segnarli e con il prestito mi sento anche obbligata alla fretta della restituzione.  Non mi piace nemmeno  prendere libri nella biblioteca comunale per gli stessi motivi e scambiare libri con sconosciuti. Su Anobii  non partecipo ai gruppi che scambiano libri e non aderisco a tutte quelle pur simpatiche iniziative di libri lasciati in giro perché altri possano trovarli. Lo feci una sola volta, lasciando un libro dentro la tasca di un giaccone alla Rinascente, un bel libro, uno di quelli che ho più amato, Il Piccolo Principe. Due minuti dopo andai a riprendermelo. Ciò che amo non lo lascio in giro e ciò che non amo non so proporlo.

Di libri, però, ne regalo molti, nuovi, appositamente acquistati o se ho dei doppioni in casa. Non so, ad esempio,  quanti libri del Piccolo Principe nel tempo ho regalato: l’ultimo poche settimane fa alla ragazza di mio nipote. Anni fa ne inviai uno ad una bimba russa, e le regalai il mio, quello vissuto : fu un atto di affetto e mi chiedo se mai quella bimba lo abbia letto o ascoltato o se la sua mamma abbia compreso i miei scarabocchi, magari sorridendone. Chissà…

Ma nelle abitudini  c’è sempre l’eccezione e in questo caso è rappresentata dai  miei alunni: da sempre compro libri adatti alla loro età, perché mi piace leggerli e per  invitare i bambini alla lettura,  e con gioia li metto a disposizione. Naturalmente faccio tante raccomandazioni. Anche loro portano libri da casa e li scambiano coi compagni e chiedo che i libri vengano sempre rispettati e trattati bene. Loro  lo sanno , sono abbastanza attenti e anche io so che alla lunga  li ritroverò a brandelli. Ma  il desiderio  che un libro venga letto dai bambini invece di restare immacolato a casa mia e poi dimenticato, è più forte.  Quando diventa irrecuperabile perché troppo sgualcito, con troppo scotch, macchiato, etc…,  lo ricompro e torna nella bibliotechina di classe senza drammi.

Nei giorni scorsi sono tornati i libri che gli alunni hanno preso per le vacanze natalizie. Alcuni ho dovuto portarli a casa per “le medicazioni”, ma fa nulla, ai bambini sono piaciuti e tanto  basta. Uno, L’occhio del lupo, di Daniel Pennac, è tornato già medicato. Laura tardava a restituirlo, poi…

-C’è stato un incidente- mi dice con gli occhi lucidi-mio fratellino me lo ha tirato dalle mani, ma io…ma io..

E giù lacrime.

-Calmati, fammi vedere…ma il libro lo hai letto?

-Sì,  l’ho letto tutto e alcune parti insieme a papà. Papà diceva “bello, bello”, e mio fratellino “bello pure io” e lo ha tirato forte.

-Oh, ma che simpatici cerotti!

-Sono quelli dell’Ikea, quelli che fanno sentire di meno la ferita.

-Davvero?!  Devo comprare questi cerotti. E che voto dai nella scheda del libro?

-Dieci e lode e cuoricino. E’ una bella storia e i lupi non sono cattivi e nemmeno i bambini africani.

-Il lupo era arrabbiato con gli uomini e chiuse un occhio…

-… il bambino pure, per fargli compagnia. Poi capirono che è meglio guardare con due occhi e perdonare.

-Sai che questa pagina con i tuoi cerottini è diventata più carina? Facciamo così: smetti di piangere e porta questi magici cerotti a scuola. Li useremo se ci saranno altri strappi nei libri. Da domani sarai l’infermiera della biblioteca!

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Ah, le verifiche di fine anno scolastico…!

06 sabato Giu 2015

Posted by ili6 in Articoli, io e loro, scuola

≈ 27 commenti

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analisi grammaticale, bambini, colori, fine anno scolastico, incombenze e scartoffie, INVALSI, la buona?scuola, RAV, sommersa nera, sorrisi, valutazione, verifiche

I docenti sono costretti a farle, gli studenti sono costretti a subirle: entrambi ne farebbero volentieri a meno. Gli alunni per evitare l’impegno e per timore di scoperchiare le pentole…gli insegnanti per evitare correzioni e per paura di aver sbagliato lavoro…

Ma un voto bisogna metterlo, una valutazione occorre scriverla e allora meglio essere quanto più certi e obiettivi possibili. Quindi obbligo di prove su prove!  Da quelle quadrimestrali a quelle INVALSI e persino a quelle del RAV (che genialata!).

Sul sistema valutativo di studenti (e prof)  della scuola italiana si potrebbero scrivere interi tomi, per non parlare della “buona (?) scuola” di Renzi,  ma non ho voglia adesso di parlarne, sono  sommersa  da schede, fogli excell,  tabelle, grafici, dati, percentuali e  prove e controprove ancora  da correggere. Sommersa nera! Per fortuna ci sono loro, i bambini, che riescono a dare pennellate di colore nella tavolozza del  grigiore valutativo, strappandoti risate che ti regalano una salutare boccata d’ossigeno.

Ieri, ad esempio,  in una verifica grammaticale, una dolce bambina, nell’analizzare la frase “Io  ho fame e sete” ha risolto così:

Io: pronome Ketty

Ho fame: verbo con l’h avere fame

E: unisce la fame e la sete

Sete: nome astratto

Un  alunno, invece, alle prese con  il nome composto “scaldabagno”, ha scritto:

scaldabagno: nome di cosa spezzato, che poi si unisce e  forma un cilindro pieno di acqua calda, maschile singolare.

Beh, in fondo anche questa è una verifica  su ciò che ho sempre sostenuto sul mio lavoro: complesso,  delicato, difficile, ma a C O L O R I ! 🙂

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Bimbo con mamma

14 mercoledì Gen 2015

Posted by ili6 in Articoli, io e loro, Orrore, Politica, scuola, Senza categoria

≈ 42 commenti

Tag

bambine nigeriane, bambini, fatti e orrori ascoltati in tv, il diverso da me, insegnante, letture, maternità, momenti difficili, scuola, senza parole

mamma mondo

“Non faccio in tempo ad aprire un libro che mio fratello arriva trotterellando,  appoggia le manine sul tavolo, si mette in punta di piedi e dice in quel suo modo un po’ buffo :-Fai vedele liblo!

A me piace molto il mio fratellino quando guarda le figure col dito in bocca. Oggi tra le pagine abbiamo visto una donna che sembrava cinese o giapponese con il suo bambino in braccio e Pino, appoggiando il suo dito sul mio, ha detto:-Bimbo con mamma!

Nella pagina seguente c’era una donna dalla pelle scura, aveva il naso largo e anche lei era con un bambino dagli occhi grandissimi. Pino ha appoggiato il suo dito anche su questa figura e ha detto :- Bimbo con mamma!-  Dopo  ha indicato una donna bianca di pelle, come noi, anche lei aveva un bambino in braccio. -Bimbo con mamma!- ha detto Pino..

Dovevo fare una ricerca sulle razze del mondo e questo libro è pieno di donne e bambini diversissimi, ricco di paroloni e di definizioni, ma a me è venuta una gran voglia di  usare le parole di Pino che mi sembravano più semplici e più vere.  Ogni bimbo è con la sua mamma e nessuno può negare che almeno in questo sono tutti uguali”.

(Tratto da “Ma che razza di razza è?” di Silvia Roncaglia)

 

E’  una bella pagina del libro di lettura dei miei alunni. Terminata la lettura e le relative discussioni sul senso della maternità  e della paternità che non conosce razze, tempi e luoghi, Caterina ha alzato la mano:

-Maestra, non è vero!  Delle mamme e dei papà nigeriani  hanno permesso che le loro bambine esplodessero per uccidere altre persone. L’ho sentito in tv.

Io insegnante ho, tra l’altro,  il dovere di dare le giuste informazioni e anche di mitigare quanto più possibile la realtà per non creare turbamenti nei bambini che mi sono affidati. Senza tanti giri di parole è stato, questo di pochi giorni fa, uno dei momenti più difficili del mio lavoro.

Il banco conteso

25 venerdì Lug 2014

Posted by ili6 in Articoli, Notizie e politica, Orrore, scuola, Senza categoria

≈ 50 commenti

Tag

bambini, consapevolezza e volontà di Pace, guerra, i bambini e la guerra, Israeliani e palestinesi, paura, scuola, striscia di Gaza, tv

israel-palestine

Foto web

Tra poco più di un mese tornerò a scuola e accoglierò gli alunni nel modo più  festoso possibile. Saranno contenti di rivedersi e rivedermi, di riprendere il lavoro e giocare tra i banchi. Racconteranno dell’estate, dei giorni al mare, delle passeggiate, delle festicciole, della loro vita che scorre tranquilla e ricca di tante piccole cose. Sono alunni vivaci, sensibili, intelligenti e parecchio curiosi e a questo sto contribuendo anche io che li ho sempre sollecitati ad esserlo, a chiedersi il perché di ciò che accade, che leggono o vedono in tv.

Ecco, la tv…non è gentile coi bambini e non si fa scrupolo nel mostrare immagini cruenti che li spaventano. In queste settimane abbiamo visto foto e scene tremende  e sentito notizie agghiaccianti dai luoghi di guerra, notizie che riguardano anche i bambini e che altri bambini vengono a conoscere.

Cosa potrei dire se dovessero chiedere di ciò che sta accadendo sulla striscia di Gaza? Come potrei rispondere se chiederanno perché si lanciano razzi sulle scuole, sugli ospedali, sulle case delle persone, sui rifugiati? Perché si uccidono intere famiglie mentre stanno pranzando? Perché si rapiscono e uccidono dei ragazzini da una parte e degli altri dall’altra parte? Quali risposte  potrei dare se volessero sapere perché in questa guerra si usano i bambini come scudo umano? Non lo so, davvero non so cosa potrei rispondere. Non c’è una risposta se non legata a doppio filo alla spietatezza  umana. Potrei dire di discuterne coi loro genitori, ma sarebbe una risposta vigliacca. Potrei parlare di odio razziale, di follia, di vendetta o di interessi economici tanto forti e beceri da far valere zero la vita di un essere umano,  ma sarebbero  risposte  sbagliate  da dare a dei bambini di nove anni. E allora?  E allora è difficile, tremendamente difficile parlare di guerra ai bambini e ancor più di questa infinita guerra  tra israeliani e palestinesi. Una guerra strana, insolita, a ondate,  ma non per questo senza lutti, distruzione e miseria. Una guerra le cui motivazioni sfuggono anche a noi adulti e forse anche agli stessi uomini che lottano  da oltre tre generazioni. Una guerra alla quale  una grande parte di mondo guarda  come fosse una partita di calcio, con tanto di tifoserie, e una piccola parte di mondo funge da “allenatore”:  una partita che s’ha da fare.  Ma perché?

Inizierei con le rassicurazioni, sì, prenderei una carta geografica, segnerei i luoghi e direi che sono lontani, tanto lontani e che  una cosa simile da noi non accadrà mai. Non che sia vero, non che noi siamo esenti dalla follia umana, magari fosse così, ma la prima cosa da fare è tranquillizzarli, cercando di essere credibili, forzando persino la realtà. Perché i bambini hanno paura della guerra, come e più degli adulti ed è una paura che può lasciare grandi segni. E non oso  immaginare cosa stiano provando i bambini che vivono nei luoghi della guerra.

Dai 6 agli 11 anni i bambini  sono in grado di distinguere la  realtà dalla fiction e si rendono  conto della gravità di quanto vedono in tv. Possono  immedesimarsi nell’ evento e pensarsi potenzialmente coinvolti, ma, a differenza di un adulto, non hanno gli strumenti per razionalizzare e circoscrivere la sensazione di rischio. Diventa quindi fondamentale tranquillizzarli sull’ impossibilità che una cosa del genere possa capitare a loro. E poi? E poi dovrei spiegare qualcosa, magari in grandi linee, restando quanto più possibile neutrale, usando un linguaggio chiaro, semplice, ma anche veritiero e, se possibile, aperto alla speranza di pace.

Andare indietro, molto indietro nella Storia per i bambini non avrebbe senso perché i bambini hanno un senso della Storia, del passato, molto stretto: loro sono presente e sono soprattutto futuro. E sinceramente non ha nemmeno tanto senso per noi adulti, pur rispettando la Storia, continuare a cercare motivazioni risalenti a duemila anni fa e farne scudo. Spiegare quella Storia a un bambino sarebbe come dirgli : questo è il tuo banco perché in questo banco duemila anni fa si sedette un tuo antenato e quindi riprenditelo. Ma un altro bambino direbbe che dopo fu un suo lontano parente a sedersi in quel banco lasciato vuoto e  ora appartiene a lui.

Un banco potrebbe far da guida alla discussione collettiva.

Marco, che trova spesso belle soluzioni,  interverrebbe per dire che c’è in classe una maestra che può decidere chi dovrà sedersi in quel banco e che  potrebbero sedersi in due nello stesso banco, dividendolo. E qui il discorso si complicherebbe. Perché quei due bambini che litigano da tempo per lo stesso banco sono orgogliosi e prepotenti e  hanno vari amici che li incitano a non demordere dalla lotta della conquista. Ci sono gli amici di Tizio che vogliono che lui sieda lì così potranno copiare i compiti di matematica e gli amici di Caio che invece desiderano fortemente che sia Caio a stare in quel banco perché porta sempre tanti giocattoli a scuola. E gli “amici” addirittura  aiutano l’uno e l’altro a lottare e sotto il banco passano cerbottane e noccioline affinchè la battaglia possa essere svolta meglio e vinta. E poi c’è la maestra  che assegna i posti, discute e, se necessario,  alza la voce. Il banco,  come tanti altri banchi,  ha lati migliori e parti più malconce, ha tesori nascosti e giardini a vista, zone al sole e zone d’ombra. Così è e bisogna, e occorre, e si può e si deve  stare insieme. Basta volerlo, basta impegnarsi, basta amare la pace. Ma Tizio e Caio non vogliono la pace, vogliono il banco tutto per sè. E sempre sgomitano, si spingono, lanciano palline di carta, si pungono con le matite, si fanno male, tanto male,  e fanno star male tutto ciò che sta sul banco e attorno.

La conclusione quale potrebbe essere? Laura, sempre sagace nelle risposte, direbbe che Tizio e Caio sono entrambi in torto e che il loro continuo bisticcio è inutile e porta solo a stare peggio. Direbbe anche che nella classe ci sono tanti altri banchi e non tutti sono belli e comodi, ma ognuno ha accettato il suo posto e lo cura e lo rende al meglio per star bene e Tizio e Caio dovrebbero fare come fanno gli altri: accettare e rispettare. Davide, il razionale, proporrebbe un nuovo muro, un muro di libri che separerebbe ben bene quel banco conteso e così ognuno avrebbe il suo spazio. Magari costruirebbe delle finestrelle in quel muro, dei ponticelli che potrebbero servire se e quando i due contendenti decideranno di fare la  pace. Ma  quel nuovo muro continuerebbe a subire spinte e spostamenti, crolli e rifacimenti se Tizio e Caio non la smetteranno di volere sempre di più.

Parlerebbe persino la timida Mariella e direbbe che i bisticci sono una gran brutta cosa e  non vince mai nessuno perché alla fine tutti si fanno male. E aggiungerebbe  di essere felice che nella sua classe non ci siano banchi  coi muri e  che lei in una classe in guerra  non vorrebbe mai trovarsi.

Il sornione e sempre affamato Gabriele potrebbe porre fine a una discussione difficile con una delle sue battute:” Signora maestra, avrei un certo languorino e direi che è giunto il momento di fare ricreazione”. Ma temo che questo non accadrà perché certe discussioni, certi fatti, fanno passare anche il più sano degli appetiti.

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