Tag
10 anni, educazione, Fretta di crescere, in cerca di sguardi e di sè, pantaloni strappati, Preadolescenza, psicologia, scuola, società, vita di maestra
Federica, non ancora dieci anni, è una bella bambina, bassina, paffutella, curata nell’abbigliamento. Fatica un po’ nell’apprendimento perché è una gran pigrona ma nelle conversazioni sa spesso essere geniale e deduttiva. E’ in una fase di passaggio tra infanzia e fanciullezza, come è giusto che sia; l’adoro quando indossa i cerchietti con le orecchie da coniglio o si pettina coi codini e i fiocchetti rosa. E’ in combutta con se stessa perché, pur bimba, manifesta fretta di crescere in vari modi, dallo smaltino alle unghie alla maglietta con gli strass, dagli stivaletti di vernice agli orecchini a cerchi colorati.
Giorni fa, mentre usava le forbici per realizzare un graffito, mi accorsi che si stava tagliando i pantaloni della divisa di scuola.
<<Federica, che stai combinando?!>>
<<Niente, niente>>.
Mi avvicino: <<Niente? Hai bucato i pantaloni. Perché?>> Federica non risponde, si gira indispettita dall’altra parte cercando di ignorarmi. Inizio a dirle che ha rovinato dei bei pantaloni, che la sua mamma avrebbe dovuto spendere dei soldi per acquistarne di nuovi, che ha rischiato di farsi male, che queste cose non si fanno, ecc…e torno alla cattedra impensierita per quel suo gesto. Lei mi segue:
<<Non ti devi preoccupare, maestra. Io lo faccio perché mi piacciono i pantaloni strappati>>.
<<Non capisco, spiegami>>.
<<Vedo che tutti hanno i pantaloni con gli strappi>>.
<<Tutti chi? A scuola non sono permessi i pantaloni strappati>>.
<<Li portano le maestre giovani e le ragazze e anche molte mamme>>.
Comincio a capire e mi sento sollevata: niente autolesionismo, niente sindrome borderline, solo voglia di diventare grande. E’ vero che alcune maestre giovani vengono a scuola coi jeans strappati sulle cosce, idem qualche bambina e nei dintorni ci sono mamme vestite tutte attillate, leopardate, strappate e con oblò sparsi.
<<I pantaloni strappati sono brutti! E poi gli strappi si fanno sui jeans, non sulle tute>>.
<< A me piacciono. Mia mamma non me li compra e io mi taglio le tute!>>
Guardo i suoi pantaloni. I tagli sono anche fatti bene, seppur senza l’effetto da lei sperato perché sotto Federica indossa un collant di lana blu che fortunatamente le forbici non hanno raggiunto. Non so se ridere o restare seria.
<<Perché ti piacciono? Cos’hanno di bello? Potresti anche sentire freddo alle gambe. A me sanno di vecchio, di stracci>>.
<<Mi piacciono, sono di moda>>.
<<Ma no, sono già passati di moda. Hai rovinato un paio di pantaloni caldi e comodi e questo non si fa. Ne hai tagliati altri?>>.
<<Un altro. Sai maestra, io non so più cosa voglio fare da grande>>.
<<La veterinaria. Lo hai sempre detto: tu ami gli animali>>.
<<Non lo so più, non so se voglio fare la modella o la veterinaria>>.
<<Potrai fare entrambe le cose>>.
<<Si, ma…>>
<<Ma cosa?>>
<<Sai perché mi piacciono i pantaloni con gli strappi? Per essere guardata>>.
<<Guardata? Da chi?>>
<<Da tutti. Tutti guardano quelle che hanno i pantaloni strappati, a me non mi guarda nessuno!>>
<<Ma che dici?>>
<<E’ così. Se farò la modella mi guarderanno tutti>>.
<<Ma anche se farai la veterinaria potranno guardarti tutti. E coi pantaloni senza strappi!>>
Federica è perplessa e la campanella del cambio dell’ora mi salva. Le dico di non tagliuzzare più nulla e che ne avremmo riparlato.
Dovrò farlo? Non so, sono discorsi seri, difficili, forse inutili perché andranno a cozzare con la naturale precocità insita in ogni adolescente, con la sfacciata realtà in cui viviamo, con la nevrosi e l’omologazione che ci circonda, con il bombardamento mediatico che ci condiziona, con il senso di inadeguatezza che ognuno di noi avverte in molte occasioni e a ogni età.
“Per essere guardata…” Federica è nella fase preadolescenziale, una fase incerta, sospesa tra i cerchietti con le orecchie da coniglio e gli ambiti jeans attillati e strappati, in bilico tra un “mamma/maestra abbracciami” e un “faccio quello che voglio ai miei vestiti perché voglio essere guardata ora e subito”. E’ nella fase in cui lo sguardo degli altri, coetanei e non, inizia a giocare un ruolo importante nella costruzione dell’immagine di sé.
Non so se riprenderò il discorso con lei e con tutta la classe. Una parte di me sa che sarebbe giusto e importante farlo, l’altra parte mi suggerisce di rispettare questa loro fase di vita. Però dovrò stare anche dalla parte di molte mamme giudiziose e cercare di aiutarle a non ritrovarsi a dover spendere quattrini per sostituire pantaloni ridotti a brandelli. Devo pensarci ma so già che non potrò dire ai miei alunni che la loro maestra a dodici anni di nascosto si arrotolava più volte in vita la cintura della gonna nel disperato tentativo di renderla più corta!