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Mattinata incolore, grigia, umida, lenta. La lentezza è forse l’aspetto che oggi più mi piace. Ancora un po’ febbricitante per una violenta infreddatura, mi alzo tardi e piena di dolori. Ah, Autunno! Nemmeno il tempo di entrare e già mi metti ko! I disturbi influenzali, grazie all’estate, tendiamo a dimenticarli e ci sorprendono sempre all’inizio di stagione.

Sola in casa, faccio una blanda colazione. In cucina si sente l’odore delle lenticchie che di buon’ora mio marito ha preparato per il pranzo, pensandomi mezza moribonda. Bene, non ho granchè di forze e avrò un pensiero in meno in questa mattinata piovosa. Mi accomodo sul divano, ma di leggere non ho voglia. Guardo il finale di un film già visto e faccio zapping col telecomando. Non so bene che sto guardando così passo al tablet, gioco qualche partita a burraco e le perdo tutte, nella blogsfera lascio qualche commento distratto. Spengo tutto, ho solo voglia di stare con gli occhi chiusi.

Sì, lo so: se ci fossi ancora tu, tu in forze e salute, saresti qui a riassettare in cucina o a rifare il letto, sapendomi con la febbriciattola. Mi manchi, sai? Tanto. E non certo per l’aiuto in casa.  “Dai, mamma, è solo un po’ di raffreddore, non preoccuparti, sta già passando.” “Ma è meglio che non ti affatichi.” Il tuo modo di proteggermi. Sempre.

Apro gli occhi, buona parte della mattinata è trascorsa. Sono inquieta, ho voglia di carezze e di coccole. Penso ai dolcetti che ho in casa: “Se ne prendessi uno col caffè?”, ma non ho fame, i sapori sono anche alterati dal raffreddore. Misuro la febbre e vedo che sta andando via. Mi alzo dal divano e vado in cucina. Tu mi sorridi da sopra il mobile e passo lenta la mia mano sul vetro: le nostre tre carezze della sera…Ho bisogno di carezze, stamattina più che mai.

Vicino al forno noto tre patate lesse di due giorni fa. Sono tristi, quasi quanto me. Sciacquo le tazze della colazione e…all’improvviso so cosa devo fare: le crocchette di patate! Sì, voglio coccolarmi, quindi preparerò le crocchette di patate, quelle che solo tu sapevi fare eccellenti. Non ne mangio né ne preparo da anni e saranno la mia carezza di oggi.

 “Perché a te vengono così morbide e croccanti?”

“Non lo so, forse perché mi piace accarezzare a lungo l’impasto.”

Quante volte ti ho osservata prepararle, ma mai che mi venissero buone come le tue. In cucina non eri molto brava, come ogni mamma lavoratrice hai avuto sempre poco tempo da dedicare ai fornelli. Ma come preparavi tu la pasta al forno siciliana, quella con le micropolpettine e senza besciamella, e le crocchette di patate…no, nessuno chef stellato ti potrebbe mai eguagliare.

“Devi schiacciare le patate quando sono ancora calde”, mi dicevi, “dosare bene le uova e i due formaggi grattugiati e non dimenticare il basilico, che non deve mancare nella cucina dei siciliani.”

“Ora si usa friggerli a bastoncino o a palline. Tu dai sempre la forma di polpette schiacciate.”

“Che importa? Conta il sapore, non la forma, lo sai.”

Recupero energie nascoste e inizio a pelare, schiacciare, inserire gli ingredienti, compreso il basilico e impasto a lungo, con calma, come facevi tu. Preparo la padella per la frittura e faccio come te, niente olio di semi, ma olio di oliva, quello delle vigne del signor Antonio, quello che dà un sapore unico alle pietanze. Friggo le polpette schiacciate e già ho fame. Ricordi? A volte me li facevi trovare belle calde quando tornavo affamata dal lavoro e iniziavo a mangiarle sin sulle scale.

Ne assaggio due, poi altre due e inizio a preparare la tavola perché è già ora di pranzo. Mio marito mi aiuta ad apparecchiare e anche lui assaggia le crocchette: “Che bella sorpresa! Le crocchette di tua mamma non sono mai arrivate intatte a tavola. Ti sono venute buonissime, quasi come le sue.”

Sono contenta per quel suo “quasi”, non avrei voluto che fossero squisite come le tue perché le tue, e solo le tue, dovranno restare tali. E sono contenta anche per le carezze che mi sono regalata e che ci siamo scambiate mentre le preparavo.