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Domenica scorsa per fare un bagno  dovevi chiedere il permesso o prendere il numerino: troppa folla, causa caldo rovente.  C’erano centinaia  di persone e bambini e alcuni giocavano a fare le “colonne a mare”. Molti bagnanti, abituati alla calma di giugno,  sbuffavano per gli schizzi e gli schiamazzi. Io mi sono avvicinata a quei bambini e li ho lodati, poi ho nuotato al  largo in quasi solitudine, ricordando…

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Foto web

Era l’estate del ’71 e non avevo ancora quattordici anni. Un’estate calda come questa e naturalmente si andava al mare. Non proprio naturalmente perché non abitavamo vicinissime al mare, ma mia madre sfidava caldo, stanchezza e sudore e quasi ogni mattina si partiva per i lidi della plaja dove da anni avevamo in affitto una rovente cabina. Non mi piaceva tanto quel lido, non conoscevo molti  coetanei, era un lido per famiglie, troppo IN e  tranquillo per una quattordicenne. Comunque si passavano gradevoli giornate e poi c’era il mare e la mia voglia di imparare a nuotare. Se ricordo bene  fu proprio in quell’estate che imparai, tuffandomi dal canotto di un amico che aveva preso un po’ il largo, pensando ora o mai più: non ne potevo più di nuotare dove si toccava, e alla plaja si tocca per centinaia di metri! Ricordo ancora la faccia di mia madre quando tornai a riva : vide il mio tuffo  e stranamente non mi rimproverò, anzi mi disse- Brava- e aggiunse: -Mi hai fatta morire dallo spavento! Ora perfezionerai il nuoto ad Aci Castello con lo zio, la plaja non è più adatta a te.

Le ore più pesanti da trascorrere alla plaja erano quelle della controra: assolutamente vietato fare il bagno dopo il pranzo, assolutamente vietato giocare a tamburelli o con le palline clic-clac (le ricordate?), ascoltare la radio o azionare il mangiadischi,  vietatissimo fare il minimo rumore perché la gente doveva riposare sotto l’ombrellone sino alle 17.00!! Non sapevo cosa fare in quelle tre ore roventi: i ragazzi non amano la siesta, amano vivere ogni momento della giornata. Mia madre mi vietava di andare nella zona bar che in quelle ore raccoglieva giovani più grandi di me che si sbaciucchiavano e così non potevo fare altro che stare sotto l’ombrellone a leggere in attesa della benedetta avvenuta digestione! Che poi, tre ore per digerire un panino e qualche frutto…un’esagerazione! Ma le regole erano quelle e non si discutevano. A volte giocavo a scopa o a dama con i familiari di un ragazzino occhialuto, riccioluto e timidissimo che si chiamava Enzo e che mai si unì ai nostri giochi sfrenati del mattino, pur osservandoci da lontano. Mai avrei potuto pensare  che decenni dopo sarebbe diventato il sindaco della mia città!

Ma le regole, si sa, nascono per essere infrante e fu così che in quel lido tutto perfettino una decina  di ragazzi e ragazze in un pomeriggio particolarmente torrido decisero di fare baccano a più non posso divenendo  la gloria della controra. Si divisero in due gruppi con semplici nastri colorati legati ai polsi e iniziarono il gioco della colonna a mare. Consisteva nel riuscire a mettersi uno  sulle spalle dell’altro, formando una colonna quanto più alta possibile e di resistere agli spintoni della colonna avversaria. Un gioco semplice quanto divertente e rumoroso: urli, schiamazzi, risate, tuffi rocamboleschi destarono i dormienti delle 15.00 che iniziarono ad osservare le evoluzioni, ora rischiose, ora buffe, ora faticose e comiche di quei giovani. Qualcuno disse: ma chi sono quei cafoni che urlano a quest’ora? Mia madre disse: Rischiano un’indigestione!

Noi ragazzini della controra obbligata ci avvicinammo alla riva per osservare meglio le peripezie di quei matti. Venne anche il bagnino, forse per richiamarli al silenzio, ma rimase anche lui a guardare.

Le colonne si formavano con tre-quattro ragazzi a cavalcioni sulle spalle uno dell’altro e gli spintoni avversari erano anche forti, ma si cadeva in acqua ed erano tutti bravi nuotatori. Pian piano, senza rendercene conto, ci avvicinammo  sempre più alla riva, affascinati da quel gioco, dalla forza dei ragazzi, ma anche dalla loro vitalità e dall’allegria che contrastava la monotonia di quelle ore.  Alcuni adulti iniziarono a dare consigli e, per meglio seguire la gara, entrarono in acqua. Lo feci anche io, lo facemmo in tanti, mamma compresa!!! Quasi tutto il lido fu  in acqua ed erano appena le  16.00 del pomeriggio!

E la digestione??? E il riposino??? E il silenzio??? Che voglia che avemmo di buttare le buone regole a mare!

 Iniziò il tifo e scrosciarono gli applausi quando i ragazzi riuscirono a formare  colonne  di cinque  che oscillavano pericolosamente a ogni respiro dei ragazzi di base che faticavano a morire. Per stare meglio in equilibrio le due colonne umane si aiutavano agganciandosi l’un l’altra e noi a trattenere il fiato… Alcuni decisero di unirsi al gioco e andarono a sorreggere la base, altri formarono delle colonnine di due per aiutare i ragazzi a stare in equilibrio, sostenendoli per le spalle. Altri andammo a prendere i materassini con l’idea di aiutare in qualche maniera quei ragazzi: non ebbero bisogno di un materassino galleggiante, ma fu un modo per partecipare a tutta quell’allegria. Perché l’allegria altrui può infastidire, ma anche contagiare e, avvicinarsi ad essa, controra e digestione o meno, è spesso la migliore scelta.

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 (Foto web)    Alle Hawaii non si teme la digestione; ah, se mia madre vedesse tutta questa gente pranzare ammollata!