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bambini, consapevolezza e volontà di Pace, guerra, i bambini e la guerra, Israeliani e palestinesi, paura, scuola, striscia di Gaza, tv
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Tra poco più di un mese tornerò a scuola e accoglierò gli alunni nel modo più festoso possibile. Saranno contenti di rivedersi e rivedermi, di riprendere il lavoro e giocare tra i banchi. Racconteranno dell’estate, dei giorni al mare, delle passeggiate, delle festicciole, della loro vita che scorre tranquilla e ricca di tante piccole cose. Sono alunni vivaci, sensibili, intelligenti e parecchio curiosi e a questo sto contribuendo anche io che li ho sempre sollecitati ad esserlo, a chiedersi il perché di ciò che accade, che leggono o vedono in tv.
Ecco, la tv…non è gentile coi bambini e non si fa scrupolo nel mostrare immagini cruenti che li spaventano. In queste settimane abbiamo visto foto e scene tremende e sentito notizie agghiaccianti dai luoghi di guerra, notizie che riguardano anche i bambini e che altri bambini vengono a conoscere.
Cosa potrei dire se dovessero chiedere di ciò che sta accadendo sulla striscia di Gaza? Come potrei rispondere se chiederanno perché si lanciano razzi sulle scuole, sugli ospedali, sulle case delle persone, sui rifugiati? Perché si uccidono intere famiglie mentre stanno pranzando? Perché si rapiscono e uccidono dei ragazzini da una parte e degli altri dall’altra parte? Quali risposte potrei dare se volessero sapere perché in questa guerra si usano i bambini come scudo umano? Non lo so, davvero non so cosa potrei rispondere. Non c’è una risposta se non legata a doppio filo alla spietatezza umana. Potrei dire di discuterne coi loro genitori, ma sarebbe una risposta vigliacca. Potrei parlare di odio razziale, di follia, di vendetta o di interessi economici tanto forti e beceri da far valere zero la vita di un essere umano, ma sarebbero risposte sbagliate da dare a dei bambini di nove anni. E allora? E allora è difficile, tremendamente difficile parlare di guerra ai bambini e ancor più di questa infinita guerra tra israeliani e palestinesi. Una guerra strana, insolita, a ondate, ma non per questo senza lutti, distruzione e miseria. Una guerra le cui motivazioni sfuggono anche a noi adulti e forse anche agli stessi uomini che lottano da oltre tre generazioni. Una guerra alla quale una grande parte di mondo guarda come fosse una partita di calcio, con tanto di tifoserie, e una piccola parte di mondo funge da “allenatore”: una partita che s’ha da fare. Ma perché?
Inizierei con le rassicurazioni, sì, prenderei una carta geografica, segnerei i luoghi e direi che sono lontani, tanto lontani e che una cosa simile da noi non accadrà mai. Non che sia vero, non che noi siamo esenti dalla follia umana, magari fosse così, ma la prima cosa da fare è tranquillizzarli, cercando di essere credibili, forzando persino la realtà. Perché i bambini hanno paura della guerra, come e più degli adulti ed è una paura che può lasciare grandi segni. E non oso immaginare cosa stiano provando i bambini che vivono nei luoghi della guerra.
Dai 6 agli 11 anni i bambini sono in grado di distinguere la realtà dalla fiction e si rendono conto della gravità di quanto vedono in tv. Possono immedesimarsi nell’ evento e pensarsi potenzialmente coinvolti, ma, a differenza di un adulto, non hanno gli strumenti per razionalizzare e circoscrivere la sensazione di rischio. Diventa quindi fondamentale tranquillizzarli sull’ impossibilità che una cosa del genere possa capitare a loro. E poi? E poi dovrei spiegare qualcosa, magari in grandi linee, restando quanto più possibile neutrale, usando un linguaggio chiaro, semplice, ma anche veritiero e, se possibile, aperto alla speranza di pace.
Andare indietro, molto indietro nella Storia per i bambini non avrebbe senso perché i bambini hanno un senso della Storia, del passato, molto stretto: loro sono presente e sono soprattutto futuro. E sinceramente non ha nemmeno tanto senso per noi adulti, pur rispettando la Storia, continuare a cercare motivazioni risalenti a duemila anni fa e farne scudo. Spiegare quella Storia a un bambino sarebbe come dirgli : questo è il tuo banco perché in questo banco duemila anni fa si sedette un tuo antenato e quindi riprenditelo. Ma un altro bambino direbbe che dopo fu un suo lontano parente a sedersi in quel banco lasciato vuoto e ora appartiene a lui.
Un banco potrebbe far da guida alla discussione collettiva.
Marco, che trova spesso belle soluzioni, interverrebbe per dire che c’è in classe una maestra che può decidere chi dovrà sedersi in quel banco e che potrebbero sedersi in due nello stesso banco, dividendolo. E qui il discorso si complicherebbe. Perché quei due bambini che litigano da tempo per lo stesso banco sono orgogliosi e prepotenti e hanno vari amici che li incitano a non demordere dalla lotta della conquista. Ci sono gli amici di Tizio che vogliono che lui sieda lì così potranno copiare i compiti di matematica e gli amici di Caio che invece desiderano fortemente che sia Caio a stare in quel banco perché porta sempre tanti giocattoli a scuola. E gli “amici” addirittura aiutano l’uno e l’altro a lottare e sotto il banco passano cerbottane e noccioline affinchè la battaglia possa essere svolta meglio e vinta. E poi c’è la maestra che assegna i posti, discute e, se necessario, alza la voce. Il banco, come tanti altri banchi, ha lati migliori e parti più malconce, ha tesori nascosti e giardini a vista, zone al sole e zone d’ombra. Così è e bisogna, e occorre, e si può e si deve stare insieme. Basta volerlo, basta impegnarsi, basta amare la pace. Ma Tizio e Caio non vogliono la pace, vogliono il banco tutto per sè. E sempre sgomitano, si spingono, lanciano palline di carta, si pungono con le matite, si fanno male, tanto male, e fanno star male tutto ciò che sta sul banco e attorno.
La conclusione quale potrebbe essere? Laura, sempre sagace nelle risposte, direbbe che Tizio e Caio sono entrambi in torto e che il loro continuo bisticcio è inutile e porta solo a stare peggio. Direbbe anche che nella classe ci sono tanti altri banchi e non tutti sono belli e comodi, ma ognuno ha accettato il suo posto e lo cura e lo rende al meglio per star bene e Tizio e Caio dovrebbero fare come fanno gli altri: accettare e rispettare. Davide, il razionale, proporrebbe un nuovo muro, un muro di libri che separerebbe ben bene quel banco conteso e così ognuno avrebbe il suo spazio. Magari costruirebbe delle finestrelle in quel muro, dei ponticelli che potrebbero servire se e quando i due contendenti decideranno di fare la pace. Ma quel nuovo muro continuerebbe a subire spinte e spostamenti, crolli e rifacimenti se Tizio e Caio non la smetteranno di volere sempre di più.
Parlerebbe persino la timida Mariella e direbbe che i bisticci sono una gran brutta cosa e non vince mai nessuno perché alla fine tutti si fanno male. E aggiungerebbe di essere felice che nella sua classe non ci siano banchi coi muri e che lei in una classe in guerra non vorrebbe mai trovarsi.
Il sornione e sempre affamato Gabriele potrebbe porre fine a una discussione difficile con una delle sue battute:” Signora maestra, avrei un certo languorino e direi che è giunto il momento di fare ricreazione”. Ma temo che questo non accadrà perché certe discussioni, certi fatti, fanno passare anche il più sano degli appetiti.
Anita (11 anni appena compiuti), lo scorso anno scolastico ha frequentato la quinta elementare e spesso mi chiedeva notizie sulla prigionia nei vari Campi di Concentramento, del mio papà: Internato-Militare-Italiano (IMI). Voleva conoscere lo stato d’animo che lo aveva sostenuto e gli ideali coraggiosi che lo avevano spinto a rinunciare alla libertà, piuttosto che sottoscrivere e pronunciare in pubblico il seguente proclama: “Davanti a Dio presto questo giuramento: che nella lotta per la mia patria italiana contro i suoi nemici sarò in maniera assoluta obbediente ad Adolfo Hitler, supremo comandante dell’esercito tedesco e quale soldato valoroso sarò pronto in ogni momento a dare la mia vita per questo giuramento”.
Dalla libreria della scuola, Anita aveva scelto le seguenti letture, (che poi elaborava con gli insegnati, con i genitori e i nonni):
– HO SOGNATO LA CIOCCOLATA PER ANNI
– IL BAMBINO COL PIGIAMA A RIGHE
– STELLE DI CANNELLA
– VOLEVO VOLARE COME UNA FARFALLA
Anita ora desidererebbe visitare i luoghi di prigionia del bisnonno….e presto organizzeremo una visita famigliare.
Personalmente credo le faccia bene “toccare con mano”…quella FORZA che ha animato e anima persone di tutti i tempi, innamorate della vita….che scelgono di non lasciar morire la SPERANZA e il SOGNO di un mondo di di GIUSTIZIA, FRATELLANZA E PACE.
Ciao Marirò, grazie e complimenti, per il Post e per quanto fai per le future generazioni! Un abbraccio.
Nives
Anita fa benissimo a voler sapere, a voler vedere. Inizia l’età dei grandi “perchè” e delle risposte che fanno crescere e che orienteranno a scelte future ed è importante assecondare questa sete nel modo giusto come voi e la scuola state facendo.
Grazie a te per aver letto e per l’importante commento. un abbraccio anche ad Anita. Ciao
Grazie tante Marirò….mi rassicura il Tuo stimato giudizio. Un abbraccio
Nives
Ho letto con calma e devo dirti che …..Sei in gamba!!!!! Mi è piaciuto molto “il modo” che userai per presentare ai bambini una situazione così grave e spinosa come questa guerra infinita.
Ciao Marirò e ben trovata.
Grazie, carissima amica, e SMACK Smack smack per te ❤
I bambini sanno che cosa e’ la guerra, “giocano a far la guerra”. Ma sanno anche che la loro “guerra” e’ innocua, a differenza di una vera guerra. Una cosa che i bambini non possono capire non e’ tanto “che cosa e’ una guerra”, ma “perche’ si fa la guerra?”. I bambini non possono capire questo, in quanto non sono ancora schiavi delle meschinità dei grandi. Ciao Maria Rosaria 🙂
Marghian
Ciao Marghian,
sai, i bambini molto piccoli disegnano la guerra e il disegno è capace di ridimensionare i timori. A noi adulti consigliano di aiutare il bambino a modificare i tratti forti, insieme, a diluire gli impatti emotivi e così magari, sempre insieme, deviamo la traiettoria di un missile…
Il gioco della guerra è la violenza finta che neutralizza quella vera. Anche il gioco di finzione assume un valore terapeutico; i protagonisti del gioco, che nella vita reale sono spettatori impotenti, nel gioco svolgono un ruolo attivo. Giocare alla violenza è un modo per neutralizzarla, per tenere a freno l’ angoscia. Più un bambino ha bisogno di scaricare la tensione, più trova sollievo nel gioco. Ma dici bene tu: certi “perchè” ai bambini restano aperti.
Buona giornata, ciao
E’ vero Marirò, hai fatto una giusta analisi. “giocare alla guerra, disegnare la guerr” serve proprio “a diluire gli impatti emotivi”, direi a sublimare quelo che potrebbe essere una tendenza ad agire con violenza ed inimicizia. Non solo i babmini restano aperti ma, nel loro mondo, non c’e la cattiveria. Se pure certi dinamismi infantili possono assomigliare ad una “guerra tra bambini”, cio’ e’ ben lontano dal conflitto fra intere nazioni per il potere, o per il vil denaro.
Ho letto il tuo commento nel mio blog sul post “la materia oscura”, e ti ho risposto. Avrei piacere che leggessi la mia risposta, che termina con le seguenti parole:”Qui mi fermo, perche’ voglio che tu legga questo commento senza stancarti :)”.
Ti asoetto, ciao Marirò.
Marghian
Meraviglioso questo post. La metafora del banco è calzante e davvero potrebbe aiutare i bambini a capire. Leggendo, mi sono stupito già della possibilità che un bambino di questa età possa essere curioso di quanto sta accadendo. Non credo, purtroppo, che siano tutti così. Perché non lo sono tutti i genitori che troppo spesso assomigliano a “Gabriele”. Ma, ai bambini più interessati, sono certo che saprai spiegare perfettamente non tanto cosa sta accadendo, piuttosto perché sta accadendo.
I bambini sono molto curiosi e sono attirati dal negativo che vedono in tv e da tutto ciò che può riguardare i loro coetanei. Purtroppo in questo conflitto i bambini sono le vittime più menzionate e questo non passa inosservato per altri bambini (e non solo).
Spiegare perchè sta accadendo non sarà semplice, ma è mio dovere farlo e nel modo più leggero possibile,se mai esiste un modo leggero di parlare di guerra e di miseria e morte.
Ti ringrazio per aver letto questo lungo post e per la presenza, ciao, buona notte.
E’ sempre un piacere leggere i tuoi post, non leggo mai con fatica o per principio. L’argomento poi mi tocca particolarmente perché, pur non essendo padre, mi chiedo spesso come potrei spiegare certe cose ai miei figli, immaginando dialoghi che non si svolgono. Faccio tesoro da ciò che leggo e imparo da persone come te ed altre altrettanto sensibili. Sono io quindi a doverti ringraziare.
Mi piace molto quello che hai scritto. Gli ebrei li sento vicini, Israele no. I palestinesi sono stati e sono amici, Hamas è deleterio per la pace. Educare alla pace i entrambi i popoli significa essere equi e superare il passato. Difficile per chi ha subito un torto, ma non impossibile. Solo che in questo momento stanno pagando gli innocenti le colpe dei due governi oltranzisti: quello israeliano e quello palestinese. In più ci sono i giochi esterni che non vogliono la pace equa. Partire dai bambini, sapendo che è un processo lungo. E’ vero, hai ragione.
Ciao Willy 🙂
Dici bene, partire dai bambini, Educare: processo lungo, difficile, tortuoso, mai solitario, ma non impossibile, nemmeno per israeliani e palestinesi.Educare alla pace significa mettere i più giovani nelle condizioni di resistere criticamente e di pensare liberamente. Significa controllare e sublimare l’aggressività individuale, intervenendo sull’individuo specie dal punto di vista morale. Significa favorire.comportamenti e strutture che permettano la negoziazione e la risoluzione di un conflitto in termini non violenti.
Grazie per il gradito passaggio, ciao
Sai a cosa stavo pensando leggendoti? Pensavo all’inizio del film “2001 Odissea nello spazio” quando gli scimpanzé gridano per il possesso dell’acqua, poi uno prende un osso e colpisce un altro osso che vola in aria e pian piano quell’osso prende la forma di un’astronave. La forza del più forte prende il sopravvento, in quell’osso che vola c’è una parte della tragica storia umana fatta di guerre di vendette ma anche di amori. Dici ben: i bambini sono facilmente manipolabili, questo a mio parere lo sanno bene le bestie che hanno scatenato il finimondo: solo un pazzo mentecatto può aver deciso di rapire dei bambini per far crescere il rancore e l’odio, solo degli stupidi esseri umani possono cercare una vendetta che non avrà fine sin quando gli estremismi violenti avranno diritto di parola.
Basterebbe ascoltare le ragioni di Laura per star comodi in questo mondo, ma non è così.
Ogni volta che in questi ultimi 50 anni si è aperta una via verso la pace, subito c’è stato un orrendo crimine per scatenare una vendetta chiamata guerra. Israeliani e palestinesi il nemico lo hanno al loro interno, sin quando non sconfiggeranno il loro demone non avranno pace. Ma cosa vogliono che gliene freghi al Padre Eterno se loro o i loro antenati han subito dei torti, se sono nati in una terra o che gli spetta di diritto. Paure, paure insane che solo dei popoli (come tutti i popoli del mondo) possono pensare che siano vere. Il nostro pianeta in ogni angolo da frutti e risorse in forma gratuita ma il possesso dei mezzi di produzione e di trasformazione consente di concentrare ricchezze.
Fai fare ai tuoi bimbi il gioco della corda per far capire quanto sia importante cooperare gli uni con gli altri.
Ti spiego il gioco: prendi una corda lunga almeno 10 metri, legala alle estremità in modo da chiuderla. Fai disporre in cerchio i bambini e comincia con il far tendere la corda da due di loro posti alle estremità opposte: entrambi devono stare in equilibrio con la corda che passa sotto le ascelle in modo da essere appoggiati alla corda. Stabilito l’equilibrio, uno alla volta lentamente senza far perdere l’equilibrio a chi sta dentro il cerchio, entrano nel cerchio tutti gli altri fino a diventare 10 o 20 bambini che stanno in equilibrio dentro il cerchio di una corda tesa e tutti con gli occhi chiusi. Poi uno alla volta facendo in modo da non far perdere l’equilibrio agli altri, usciranno dal cerchio.
E se cadono e uno si fa male? Niente di grave, l’equilibrio della pace fa meno male di un equilibrio di guerra.
“Israeliani e palestinesi il nemico lo hanno al loro interno, sin quando non sconfiggeranno il loro demone non avranno pace.”
Esatto, Paolo e l’azione deve intanto partire dall’interno di ciascuno. Poi, forse, il mondo farà la giusta parte.
Mi piace il gioco della corda, lo proporrò insieme alla visione di un buon film e di qualche sana lettura. Ne parlerò con le mie colleghe di interclasse e, seppur ormai agosto, in modo diciamo lento e distratto, sto già iniziando a pianificare il lavoro.
Ma sono in ferie, eh! lo sto ricordando a me stessa 🙂
Grazie per il bel commento, ciao
È un periodo difficile e oscuro, questo che stiamo vivendo.
Indubbiamente gli alunni delle scuole lo stanno vivendo con maggior angoscia, in balia di un futuro mai stato incerto come il nostro.
La guerra mondiale, la grande depressione… certo; hanno colpito e stravolto, distrutto vite e generazioni in modo orribile. Oggi non c’è una guerra globale, ma tanti piccoli conflitti terribili che si associano a una mancanza di prospettiva positiva; sembra di vivere con delle macerie intorno.
Tuttavia, gli alunni sono il vero futuro e hanno le basi per sviluppare qualcosa di più importante e profondo, del vuoto agglomerato idealistico che ci circonda.
L’augurio per una serena e ricca estate.
^____^
Hai ragione, Key, periodo oscuro su tanti fronti e i bambini lo percepiscono. Sta a noi adulti che gli stiamo accanto, genitori,familiari, insegnanti, governanti non negargli la bellezza e la spensieratezza dell’infanzia, il più possibile,almeno. E il mio pensiero, e quello di tutti, va a tutti quei bambini israeliani e palestinesi, e siriani, e ceceni, e …etc, etc, che stanno vivendo in mezzo ai conflitti, alla paura, alla fame.
Grazie per il sentito commento, buona estate a te, ciao.
ciao Marirò,
mi aspettavo un simile post scritto da te con il cuore e l’ansia dell’insegnante che si prepara a dover rispondere, non ti invidio, alle domande poste da bambini che vedono in tv altri bambini dilaniati. Hai scritto una riflessione di altissima portata.
mi complimento con Nadine, fossi arrivato prima di lei avrei scritto le stesse cose, i tre ragazzi israeliani rapiti e uccisi sono stati trasformati in alibi, in motivazione ufficiale per sferrare l’ennesimo attacco assassino contro vecchi, donne e bambini Palestinesi
non mi permetto di darti consigli, credo tu svolga il tuo lavoro a livelli altissimi, tuttavia mi concedo un suggerimento, anzi due…
la geografia politica, i confini tra nazioni… sono stati tracciati, tutti, da guerre e invasioni, da rivoluzioni armate e da stermini di massa, spiegarlo ai bimbetti è ardua impresa
la cosa più difficile da spiegare ai tuoi alunni è le rivisitazioni della matematica posta in essere dai discendenti di David, mi spiego meglio… sei milioni di ebrei uccisi da hitler contano più dei TRENTAMILIONI (cinque volte tanto) uccisi da stalin, 40 militari israeliani valgono più di oltre MILLE civili Palestinesi massacrati (tra i quali 200, leggasi DUECENTO, bambini). La morte di un militare in guerra è “fisiologica”, quella di un bimbo che gioca per strada o in una scuola NO.
Che hamas usi i civili come scudi umani è una realtà tutta da dimostrare, comunque anche fosse vero… NIENTE E NESSUNO può giustificare un genocidio
qualunque altra nazione al mondo, se si comportasse come israele, sarebbe invasa dalle forze ONU/NATO senza nessuna esitazione, tutto ciò che fanno gli ebrei è tollerato/giustificato per un motivo quasi ammorbante, hanno nelle loro mani il 75% del capitale mondiale e tirano le fila della cupola economico/finanziaria mondiale, anche questa è una cosa complessa da spiegare
cara Marirò, questo è un commento supportato da dati, non è una opinione, non è un punto di vista, NON è una considerazione viziata da ideologie e/o credo religiosi, ripeto, sono DATI, storici e contemporanei. La strisci di Gaza è un ghetto tenuto sotto controllo da isreaele che si arroga il diritto, un giorno sì e l’altro pure, di compiere incursioni assassine, rastrellamenti e deportazioni… ti ricorda qualcosa???
un abbraccio
TADS
Ringrazio anche te, Tads, per le parole a me rivolte e per il contributo attento che dai in questa discussione.
Tra noi adulti possiamo dire tanto e tutto, possiamo ad esempio definire ambiguo- per dirla buona- il comportamento degli americani e non solo (italia compresa), possiamo definire gli israeliani vendicativi e razzisti, definire una parte di palestinesi disperati e delinquenti, ecc…Ma con i bambini NO, davvero no. E il concetto di Storia, fondamentale per comprendere MA MAI per continuare a farsene scudo, per bambini al di sotto dei 10 anni è qualcosa di astratto, di metafisico. Capisco però che bisogna iniziare a parlarne e a dire come sono nati in questo masso che abitiamo i confini territoriali.E come si sono “evoluti” nel tempo e con quali “mezzi”. Arrivare così in un attimo alla cattiveria, alla bramosia di potere, alla disumanità dell’uomo è facilissimo ed è ciò che mi turba. Ma è la storia dell’uomo e i bambini dovranno comunque affrontarla e con essa fare i conti e le scelte future.
Il morbido e delicato velo di bambagia dell’infanzia inizia prima o poi, e sempre, a sgranarsi…
Difficile spiegare ai bambini ciò che sta succedendo nella striscia di Gaza….il paragone con il banco conteso ci sta tutto e può aiutarli a capire
Una buona serata
Molto complicato. Le guerre, il terrorismo, la morte, le distruzioni, la miseria, sono estremamente difficili da spiegare ai bambini con razionalità. Non c’è, infatti, raziocinio.
Ciao, un abbraccio.
Quanto sono brutti i muri! Tremendi.
La canzone è bellissima.
Ho letto: molto significativo e calzante il tuo esempio del banco conteso… e mò adesso che si fa?
Anch’io solitamente ascolto i bambini, che sanno trovare buone soluzioni e diverse a secondo dei loro punti di vista, dei loro interessi, delle amicizie, del carattere, come tu ben ci illustri, poi cerchiamo insieme di capire perché abbiamo trovato quelle soluzioni che sono poi quelle che trovano anche gli adulti e sono suggerite spesso più dai propri bisogni che dalla corretta soluzione. Quindi ragioniamo, proviamo a capire, troviamo la soluzione che mette d’accordo tutti, non la maggioranza, ma tutti, perché spesso la maggioranza sceglie per vantaggio e coalizioni e non per giustizia. Certo non faremo smettere la guerra in atto, ma se a scuola si lavora per la pace, forse la pace sarà sempre meno un’ UTOPIA. Io ci credo e se gli insegnanti ci credono si può fare 😉
Un abbraccio.
Maria
Il banco …come esempio concreto di esperenzialità, ma attorno a quel banco i discorsi di educazione alla pace e alla tolleranza sono infiniti, quotidiani e iniziati da tempo. I bambini sanno ascoltare e accompagnarli a trovare adeguate e sagge soluzioni è sempre efficace e costruttivo. Non è un percorso facile, ma come dici tu, se ci credi, e come te io ci credo, forse qualcosa di buono potrà accadere. Dovrà accadere.E se per noi insegnanti sarà difficile, sarà faticoso, poco importa: stiamo solo svolgendo il nostro dovere.
Grazie, maestra Maria, per questa condivisione.
Un abbraccio, ciao
Purtroppo Maria Rosaria, devo dissentire, permettimi una piccola precisazione: in medio oriente non siamo di fronte ad una guerra. Una guerra si ha quando due o più nazioni si contendono diritti veri o presunti sul territorio, sulle popolazioni, sul mare e sul cielo. Uno stato di guerra prevede l’esistenza di una certa “simmetria” di conflitto, o meglio che i due contendenti abbiano più o meno mezzi e tecnologie simili e che siano reciprocamente in grado di difendersi, se così non fosse, non ci sarebbe storia sull’esito degli scontri e non sarebbe più una guerra, ma un’invasione (vedi tedeschi in Polonia nella seconda guerra mondiale). Purtroppo in Palestina ci troviamo di fronte alla più odiosa delle situazioni: una nazione estremamente equipaggiata in termini di uomini, materiali, tecnologie e sopratutto finanze, con il beneplacito più o meno esplicito del resto del mondo, pretende di far valere i propri presunti diritti su territori occupati ILLEGITTIMAMENTE, combattendo non contro un’altro Stato, ma contro un popolo eterogeneo determinato a far valere il proprio diritto di esistere ed abitare le terre dei propri avi. Un popolo vessato, in tutto e per tutto da Israele, un popolo a cui non è permesso emettere neppure il documento di identità ai propri cittadini, in quanto tutto è strettamente controllato da Tel Aviv, un popolo al quale non è permesso di coltivare i campi sino a 12 km. dal confine (muro) con Israele, un popolo a cui è addirittura negato poter pescare ad oltre sei miglia dalla costa. Quindi, non si può parlare di guerra, ma di aggressione deliberata contro popolazioni inermi! Con la scusa che i Palestinesi jihadisti brutti sporchi e cattivi (bambini inclusi) utilizzano i civili come scudi umani, si sta legittimando il diritto di Israele a compiere un genocidio che assomiglia sempre di più ad una pulizia etnica vera e propria! Si stanno perpetrando crimini di guerra colpendo scuole e ospedali, uccidendo civili, donne e bambini mentre tutti stanno a guardare facendo solo finta di indignarsi.
ciao Nadine, benvenuta 🙂
E’ quello palestinese-israeliano un conflitto così complicato che davvero risulta difficile, almeno a me, spiegarlo e con un certo distacco. Sicuramente Israele possiede mezzi militari tali da vincere facilmente sul popolo palestinese, ma scatenerebbe una reazione araba incontrollata e la rabbia della comunità mondiale (e americana), Israele allora “punisce” il terrorismo palestinese, grande piaga di un popolo che non avendo mezzi adeguati, organizzò un’odiosa resistenza terroristica (non scordiamo gli attacchi terroristici degli anni 70-80 ). La Palestina non è un’entità con un governo autorevole e la popolazione, la gente comune, non riesce a contrastare il terrorismo, anche se lo volesse.Israele con le sue rappresaglie vuole (anche) punire il terrorismo, ma finisce per colpire la popolazione inerme che viene punita per qualcosa che non riesce ad impedire e che non sa addossare la colpa al terrorismo, bensì agli israeliani.. Terrorismo e rappresaglia diventano così inutile spargimento di sangue. Battaglie inutili e infinite. Tattiche completamente sbagliate per arrivare alla pace.
Ciao Marirò, grazie 🙂
A mio avviso, quello palestinese-israeliano, più che un conflitto complicato, è una causa “incancrinita”, e per curare ogni male occorre anzitutto diagnosticarne le cause. Per questo è necessario una “operazione verità” che riporti in luce le responsabilità storiche principali delle parti in causa.
Una premessa è d’obbligo: il ricorso alla violenza va condannato e fermato, sempre e comunque.
Le violenze -principale impedimento alla felice conclusione di ogni processo di pace- sono deprecabili da qualsiasi parte provengano: la morte di un bambino palestinese tra le braccia del padre per opera dei fucili israeliani, ad esempio, certamente equivale a quella di civili israeliani vittime del lancio di missili ad opera di militanti di Hamas.
I torti e le ragioni del conflitto, dunque, non stanno esclusivamente da una parte… detto questo, la condanna della violenza (anche da parte palestinese), però, non può nascondere una “verità storica” incontestabile: in Palestina c’è una vittima e c’è un oppressore, e la vittima è dalla parte dei Palestinesi.
Storicamente parlando Marirò, nel progetto della “Grande Israele” di Ben Gurion, la Palestina non esiste, esistono solo palestinesi esuli in ogni parte del mondo. Proprio come il popolo di Israele prima del 48.
Per i governanti arabi, la Palestina è il fastidioso sassolino nelle scarpe, che impedisce la normalizzazione dei rapporti con Israele, meno ideologici, ma certamente più redditizi e rassicuranti.
Per la vecchia Europa, la Palestina è una moneta di scambio come un’altra, da barattare a seconda dei governi e delle esigenze del momento. Promuove commoventi azioni umanitarie per la Palestina e contemporaneamente vende cacciabombardieri ad Israele. Chiamava il defunto Yasser Arafat “Terrorista” per trent’anni e poi gli concede il Nobel per la Pace. Pragmatismo oblige.
Per il Grande Fratello ed i suoi Neo-cons, la Palestina è l’agnello sacrificale per garantirsi i voti ed il sostegno del potentissimo Congresso Mondiale Ebraico. Pena la stabilità interna ed internazionale degli USA.
La Palestina è ancora uno stato di diritto solo per il Vescovo di Gerusalemme, per qualche leader latino-americano o mussulmano, che i più considerano pazzi pericolosi, e per chi, in Europa o altrove, persiste nell’avere ancora a cuore il destino dell’Umanità.
Forse per quanto riguarda la Palestina (non solo Gaza), dal 1948 ad oggi è giunto il momento di parlare di “crimine dell’umanità”, per i troppi silenzi e le troppe connivenze, e non semplicemente di “crimini contro l’umanità”. Esattamente come lo è stato per gli ebrei d’Europa prima, un crimine dell’umanità. Quando, però, leggo o sento un amico/a dire di un israeliano – anche un soldato – che è nazista o fascista, confesso che la cosa mi turba assai. Mi turba, specie se a profferirlo è un italiano o un tedesco (i tedeschi però hanno fatto meglio i conti con la loro storia), e comunque un europeo in generale. C’è una storia e bisogna avere il senso della storia. Mi turba perché penso ai nostri figli che frequentano le scuole e ai quali viene chiesto di partecipare alla terribile memoria dell’Europa. Quando questi figli interrogano la memoria dei lori padri, non trovano nulla che si chiama “ghetto” o “pogrom” o “soluzione finale” e rischiano di non capire cosa è Auschwitz. Se questi figli sono figli di immigrati d’origine marocchina ad esempio, trovano che il re del Marocco, Mohamed V, nel 1941 – il Marocco era protettorato francese – alla richiesta del governo di Vichy di consegnare gli ebrei risponde: “gli israeliti sono sotto la mia protezione e rifiuto ogni distinzione fra i miei connazionali” e alla festa del Trono fa sedere proprio i notabili ebrei accanto a lui in un gesto di sfida. E questo è soltanto un esempio. Io/noi che veniamo da altrove abbiamo subito un corto circuito di memoria per via del colonialismo e del trauma della nascita di Israele e della conseguente Nakba (catastrofe) per i palestinesi. Evitiamo ai nostri figli confusioni di cui possono benissimo fare a meno. E cerchiamo di non essere massimalisti e combattere (virtualmente)… fino all’ultimo palestinese. Questo è il mio modesto parere.
Nadine,
il problema alberga in anfratti che hanno poco in comune con le motivazioni ufficiali e le interpretazioni storico/religiose, recenti o antiche che siano. In medio oriente non c’è pace perché gli israeliani non la vogliono, per loro sarebbe una vera catastrofe, la questione Palestinese è, di fatto, una impalcatura indispensabile…
se in MO regnasse la pace… Israele non potrebbe più invadere territori confinanti e quindi allocare coloni e kibbutz a proprio piacimento in barba a trattati e leggi internazionali
se in MO regnasse la pace… Israele sarebbe costretta al disarmo e allo smantellamento degli armamenti nucleari
se in MO regnasse la pace… Israele sarebbe costretta a rinunciare al fiume di finanziamenti e alle protezioni politico/militare degli USA e della UE
se in MO regnasse la pace… Israele ed ebrei tutti dovrebbero spogliarsi di quel vittimismo giustificativo che consente loro una tacita e assurda immunità
se in MO regnasse la pace… Israele perderebbe il ruolo di “avamposto”, “roccaforte” e “baluardo” anti islamico, un declassamento vissuto come una iattura in quanto lo ridurrebbe a paese “normale” obbligandolo a vincoli fino ad oggi bypassati
se in MO regnasse la pace… il terrorismo islamico perderebbe la motivazione base e, per effetto domino, gli States e la UE dovrebbero rivedere i loro assetti militari e di intelligence modificando gli scenari geopolitici del pianeta, ovviamente con considerevoli perdite economiche e di potere
se in MO regnasse la pace… tutto l’occidente guarderebbe con paura alla evoluzione tecnologica e politica del mondo arabo
in MO la pace non si staglia all’orizzonte perché nessuno la vuole, non fa comodo ai potenti, gli interessi che gravitano intorno alla questione Palestina/Israele sono immensi e coinvolgono tutto il mondo. Possiamo partire anche da 2000 anni fa e passare dall’olocausto ma in quell’area, allo stato attuale delle cose, esistono solo realtà materiali da conservare e interessi da difendere, tutto il resto è aria fritta.
Come ho scritto altrove, la guerra in atto emula lo scontro tra Orazi e Curiazi, due fazioni che rappresentano due universi nemici entrambi aggrappati a finte motivazioni religiose, dietro le quinte ci sono in ballo miliardi e miliardi di dollari, non solo, c’è in ballo quel potere politico/gestionale che coinvolge l’intero pianeta.
Cordiali saluti.
TADS
Ragion per cui TADS, ogni volta che mi metto a scrivere di Palestina e/o Israele non posso fare a meno di pensare agli amici, reali e di sn, ai conoscenti di fede ebraica o ad essa riconducibili.
Due sono le domande che non ho mai fatto nella vita, quale sia la fede che si professa e quali sono i gusti sessuali dei miei interlocutori/amici. Di conseguenza, tranne qualcuno che si è dichiarato autonomamente, posso sospettare chi sia ebreo o perlomeno discendente o contiguo, diciamo così.
E ogni volta che scrivo un pensiero corre a loro e a come si vive la causa palestinese che si è protratta negli anni. A quale conflitto interiore sono sottoposti quelli, per me, più aperti, più disponibili al dialogo e alla comprensione.
Mi resta più difficile comprendere invece certe posizioni forti a favore dello Stato di Israele e mi chiedo come facciano a coniugare il loro essere libertari, attenti agli altri con la condivisione delle posizioni israeliane.
Il tutto dando per scontato che lì, in quella terra martoriata, non si sta combattendo una guerra di religione ma una guerra dal sapore antico, una guerra di espansione ed economica.
Cordialmente.
@Nadine, @Tads,
fermo restando che di tutto questo discorso non farò cenno in classe e piuttosto mi trincererò attorno alle grandi Figure di Pace che la Storia fortunatamente ci ha consegnato, ritengo questo scambio di opinioni altamente interessante per meglio comprendere noi adulti risvolti e meandri del MO. Che, qualunque questi siano, certo non giustificano la mattanza di uomini, donne e bambini cui assistiamo da tempo.
@Tads, quello che scrivi penso sia tremendamente vero.Quale futuro, quindi? Penso che la popolazione palestinese dovrà impegnarsi a formare da sè un governo stabile, capace di far migliorare le condizioni di vita della gente, sconfiggendo o controllando dall’interno il terrorismo. Pericolosissimo un popolo che si sente oppresso.
Israele dovrebbe invece trovare il coraggio e la volontà vera della pace, con negoziati internazionali efficaci e scevri da interessi mondiali.
Roba difficile da entrambi i lati.
Concludo con una previsione, campata in aria e fantascientifica, che spero mai avvenga perchè porterebbe dritta dritta alla terza guerra mondiale: Cina e India sono in crescita, non la Russia (al momento, almeno) e nemmeno il mondo arabo che resta nel disordine, intrappolato nelle faide interne.Se non erro la storia ci diceva : Israele-USA,/ Palestina-Russia. Potrebbe presto dirci Palestina-Cina-India. Gli israeliani, popolo colto, non potrebbero iniziare a riflettere che è meglio pensare alla pace quando ancora è possibile? Perchè Israele in fondo è anche esso un piccolo Stato e nel caso sarebbero dolori mortali.Per tutti.
Un cordiale saluto ad entrambi,
Marirò
I bambini vanno tranquillizzati fuor d’ogni dubbio, ma eviterei di dire che ‘la guerra è lontana’, non è un buon viatico per loro al contrario dell’effetto palcebo che garantisce la coscienza dei grandi.
Non ci si puó neppure schierare, loro non lo capirebbero. Si potrà dire loro solo che la guerra è una follia, una pazzia di grandi che perdono ogni umana sensibilità, se è vero che la morte di bambini viene definita ‘errore’ oppure che nel bel mezzo di devastazioni e morti si organizza una bella ‘tregua’ perchè così come nei videogiochi ti allontani per qualche istante per poi riprendere come se niente fosse.
Dovrai raccontare ai tuoi bimbi che alcun passato puó giustificare quello che accade e che la storia è importante per comprendere il valore delle azioni ed è un monito per evitare di risbagliare (ma è evidente che oggi ció non accade).
E poi occorrerà con garbo dire loro che le differenze non ci sono e che non ci sono bambini di serie A e quelli di serie B.
E infine, da parte, ai genitori fuori scuola, occorrerà dire loro che li stesso va spiegato a casa e che la guerra in nome di Dio non esiste, perchè nessun dio permetterebbe la morte di bambini indifesi i cui territori sono stati maldestramenti spartiti dall’uomo. Quello che sta accadendo oggi è immorale e non c’è alcun passato che possa giustificarlo e certamente neppure quel milione di vittime lo acceterebbe.
In bocca al lupo, l’impresa è ardua
Impresa molto ardua: oggi 9 bambini palestinesi uccisi mentre giocavano in un parco giochi…davvero non ci sono parole, è un conflitto disumano.
La storia è un monito, ma l’uomo non sa apprendere. E le guerre mascherate di religiosità sono le peggiori.
Ti ringrazio per i preziosi e saggi consigli. Educare alla pace è un mio compito, mio e di tutti.
O.T. grazie 🙂
🙂
Marirò, non ho parole: sei una grande donna!
Grazie
Che bel post Mariro’ e che tristezza questa guerra, i bambini, poveri piccoli, sono loro che ne pagano la conseguenza, sto male quando vedo la tv, mi passa la fame, perche’ in genere e’ a quell’ora che danno le notizie, io spero che i genitori siano molto attenti a tutto questo, i bambini come dici tu vanno rassicurati! Tu sei una bravissima maestra, sarai in grado di aiutarli, l’esempio del banco conteso e’ chiarissimo, un bacio cara amica, sei una bellissima persona, buon weekend!! Con affetto Laura. ❤
Tristezza e sgomento. Faccio di tutto per evitare la tv, è una sofferenza. Poi il web è davvero spietato, specie nella crudezza delle immagini e dei video postati ovunque.
Sarebbe bello se arrivassimo a settembre con notizie diverse, rassicuranti per tutti, specie per chi la guerra la sta vivendo sulla pelle. Ma ne dubito.
Grazie per aver letto questo lungo post e per le tue parole. Un abbraccio e sereno weekend “vespino” e di sole 🙂
Anch’io spero sempre che ci siano notizie migliori di quelle che ho letto finora.. baci Mariro’, qua stasera piove!
Hai scritto un bellissimo post usando delle metafore per farci capire anche chi sono gli amichetti che aiutano.
Non saprei proprio come poter spiegare una simile atrocità a dei bambini,solo tu puoi essere capace di trovare il modo.
Può anche darsi che già ne stiano sentendo parlare in casa e che i genitori abbiano dato le loro spiegazione in base a quale “squadra” stiano tifando.
Un abbraccio Marirò
Buon fine settimana
liù
In questa guerra ci sono tanti responsabili oltre ai diretti contendenti.
Sì, certamente i bambini ne staranno parlando coi genitori, me lo auguro, e se ne ho voluto parlare qui è anche per confrontarmi, per ricevere qualche consiglio perchè non vorrei sbagliare e turbarli più di quanto già potrebbero esserlo.
Quando ci fu l’alluvione in Sardegna mi chiesero di tutto e di più e si rasserenarono solo quando feci una ricca lezione sulla situazione idrogeologica della zona etnea e con sempre chiari riferimenti al rispetto ambientale.
La situazione mediorientale è troppo complessa, infarcita di troppe cose e davvero non vorrei che mi venisse un attacco logorroico, altrimenti sarebbe un guaio.
Un abbraccio, sereno weekend, ciao
Difficile spiegare l’inspiegabile e soprattutto l’ingiustificabile, come lo è sempre la morte di tanti bambini e di tante persone….
Vero, Silvia, difficile dire quando non si giustifica. Un caro saluto, ciao
ti sento dentro forse perche anchio sono una professsoressa che ho le stesse cose dentro di me …ti abbraccio
Quindi sai bene quanto sia difficile trattare certi argomenti con gli alunni. L’attenzione è d’obbligo e i timori di sbagliare a dire sempre presenti.
Ricambio l’abbraccio, ciao
bellissimo post che solo una maestra attenta e sensibile come te può fare non solo per i bambini ciao buone vacanze
Le tue parole mi commuovono. Grazie Gabriella ❤
penso che l’esempio del banco li aiuterà a capire abbastanza la questione tra Israele e Palestina
devo dire che ha fatto capire meglio anche a me… poi il post me lo rileggo meglio quando sono a casa tranquilla 🙂
quando vuoi, Roberta. Già leggere un post così lungo è una faticaccia, quindi un doppio grazie 🙂