Erano giovani, forti, innamorati, carichi di passione, di entusiasmo, di curiosità e voglia di crescere, sperimentare e costruire. Amavano viaggiare e quel pomeriggio di agosto si trovarono nel parcheggio di una grande strada, una piazzola tra gli alberi alle porte di Parigi. Partiti quasi 48 ore prima con la loro 128 bordeaux, avevano viaggiato ininterrottamente, alternandosi alla guida e riposato poche ore qua e là. Erano stanchi e sudati, ma con l’entusiasmo alle stelle perché ormai Parigi era dietro l’angolo e stava per accoglierli. E loro volevano essere in forma per il primo contatto con la città degli innamorati. Per questo avevano deciso di fermarsi un’oretta e quello spiazzo era ideale perché ombreggiato e munito di patisserie, boulangerie e toilette.
Consumarono due baguettes con insalatina e formaggio e qualche bisquit. Poche ore dopo sarebbero andati a Montmartre a gustare una soupe à l’oignon, quindi quello spuntino era più che sufficiente. Misero un’audiocassetta di Johnny Hallyday e chiusero gli occhi. Ma erano troppo stanchi e troppo eccitati per poter riposare: Paris, Paris, Paris!
Fu lei a fare quel pensiero strano dopo essersi guardata attorno: c’erano una decina di auto posteggiate come la loro, con automobilisti in riposo. La controra era pesante anche per i francesi.
– Saresti capace di chiedere soldi alla gente? Non deve essere facile, ma ho voglia di provare.
-Che cavolo dici?
-Le vedi quelle auto? Ora guarda me, sono vestita perfetta per sembrare una lavavetri: gonna lunga a balze fiorite, top leggero, zoccoli. Sono sudata e spettinata al punto giusto, stanca, giovane, carina, straniera e nel cofano abbiamo il panno di daino e il Vetril. Provo?
-Ma sei ammattita o cosa?!?
-Dai, non ci conosce nessuno, abbiamo persino l’auto con targa del profondo sud. Mi scambieranno di certo per una elemosinante.
-Ho capito, ti stai sfidando. Non ce la farai. E poi ti pare giusto disturbare gli altri? Guarda, quello sta dormendo, quei due si stanno abbracciando. Ma smettila, su! Comunque sarebbe un imbroglio!
– Dici che non riuscirò, vero? Tu lo faresti?
-No, mai. E nemmeno tu. Potrebbero anche rimproverarti, inseguirti, umiliarti.
-Lo so, ma ci sei tu a sorvegliare. Nel caso accendi il motore e fuggiamo a razzo. Potrà essere persino divertente!
-Ma smettila!
-Dai, è per gioco, per sfida con me stessa e se riesco a raccogliere degli spiccioli stasera li lasciamo alla chiesa del Sacro Cuore.
-Non hai la faccia da mendicante. Non sarai convincente e sono certo che non ce la farai.
– Ma non chiederò elemosine, laverò i vetri delle automobili. Non ce la farò?
-No, non sei costretta a farlo per fame e la tua gabbia mentale non te lo permetterà.
-Forse hai ragione tu, ma voglio provare. Comincio con quel macchinone nero.
Senza dargli tempo di rispondere, lei scese dall’auto e prese dal cofano pezza e detersivo. Poi si avviò con passo incerto verso quell’auto. Dentro c’era una coppia che dormiva col capo reclinato sui poggiatesta dei sedili. Lei si fermò. Sapeva cosa doveva fare: avvicinarsi al parabrezza, spostare le spazzole e iniziare a lavare il vetro che non era nemmeno tanto sporco. Sapeva cosa fare ma non sapeva come fare, come iniziare: due passi, doveva fare solo due passi e sarebbe arrivata al parabrezza. Cosa sono due passi? Niente, ma a volte tutto.
-“ Non è per nulla facile, cavolo!”
Iniziò ad inzuppare il panno con quel liquido azzurrino e rimase ferma sulla fiancata dell’auto, all’altezza del guidatore, ferma come un’ebete e con quello straccio bagnato in mano. L’uomo dentro l’auto dovette avvertire la sua presenza perché girò la testa e aprì gli occhi. I loro sguardi si incrociarono e dopo un attimo lei vi lesse un’alterigia spaventosa: uno sguardo altezzoso frammisto a freddezza che si fece torbido quando fissò il suo top scollato. L’uomo, senza spostare lo sguardo dal suo seno, alzò lentamente una mano, indicando il parabrezza in segno di gelida condiscendenza.
Lei fece un passo e si paralizzò. Poi sentì che qualcuno l’afferrava per un gomito. Era suo marito.
-Ti stavo aspettando- disse lei con una voce lieve e turbata.
-Sono qui- rispose lui con voce inquieta, ma anche rassicurante- Andiamo, Parigi ci sta aspettando.
Camille Pissarro – Boulevard Montmartre di notte – 1897- National Gallery, Londra
Scritto bene e molto verosimile. Non sono stupidate da fare, potrebbe anche finire male perché la gente è scocciatissima per i continui assalti dei lavavetri ad ogni semaforo.
Parigi è una città che affascina e il troppo fascino incasina un po’ la mente. Ma bando agli scherzi, se si nasce tondi non si improvvisa così un triangolo
Brava Marirò, ho gradito molto
Passa una bella giornata
Salutoni
Gina
🙂 vero, Gina, alle porte di Parigi si rischia di andare in tilt per l’eccitazione :)))
Grazie, un abbraccio, ciao
Un sorriso di passaggio.
^____^
Grazie Key, ricambio 🙂
Ciao,nel mio blog c’è un regalo per te!
liù
thanks!
Fiori per te in arrivo 🙂
Ciao ili6. Come stai? Te lo chiedo perche’ ero assente dal web da diverso tempo, mi si era guastato il computer e ne ho comprato un altro (il vecchio pc non era riparabile).
Bel racconto.”Qualcosa di eccezionale” e’ Parigi in se’, il solo fatto di andarci. Io comunque credo di aver fatto qualcosa di straordinario nell’essere riuscito a vedere, in soli tre giorni, e completamente inesperto della citta’, il Louvre, gli “champs elisees”, “essere salito sulla tour eiffel”, ed.. aver trascorso un pomeriggio, prima di ripartire per Torino e poi per la Sardegna, con un…mio paesano, che gestiva proprio a Parigi un ristorante-pizzeria. Il tutto in soli tre giorni di permanenza.
Ciao 🙂
Marghian
Ciao Marghian, benriletto!
Sto bene, grazie, spero anche tu.
Tre giorni per Parigi possono bastare se…ci tornerai almeno altre tre volte 🙂
“Benriletto” mi piace molto 🙂 , faticavo a comprendere.. 😆
Eh, chissà quando-tornare a Parigi-. Io sono quello dei viaggi di pochi giorni. Un amico mio paesano mi ospito’ a Los Angeles. Bellissima citta’, che visitai in…dieci giorni. Londra, una giornata (considera che il soggiorno in Inghilterra duro’ 15 giorni, abitavo in un’altra citta’ ed a Londra-come ad Oxford- mi ci portarono in pullman, insieme al gruppo di quel viaggio per “vacanza-studio della lingua”). Venezia….una giornata, ero militare in friuli, e presi un permesso di un giorno per vedere la città sulla laguna. Ciao 🙂
Marghian
Sai cosa mi piace di questo tuo racconto? Il fatto di aver voluto arricchire un evento eccezionale come l’arrivo in una città agognata, con qualcosa che sarebbe rimasto indelebile nel tempo, qualcosa di particola da ricordare.
Anch’io ho fatto qualcosa di eccezionale a Parigi 😉 ho tirato diritto e non mi sono fermato. Al ritorno ho dimenticato che c’era Parigi da vedere 🙂
🙂
Solo tu potevi tirare dritto senza fermarti! Cose da pizzi pazzi! Ma lo hai fatto per mettere in elenco qualcosa di importante da fare poi. Perchè sono convinta che presto andrai a passeggiare sui magnifici boulevard della Senna.
Sei mesi dopo mia moglie e mio figlio ci sono andati per fatti loro. In fondo ancora oggi non desidero vedere Parigi, per le prossime mete non l’ho nemmeno considerata, devo capire il perchè 🙂
Ma che carino, un racconto che mette in luce la difficoltà di chi, non essendo abituato, è costretto a scendere a compromessi. Parigi è un incanto ci sono stata due volte ma ci tornerei, ha un fascino particolare e poi quegli ampi spazi, quei giardini a perdita d’occhio e tutto il retrò di classe, l’arte è ovunque, certo che Napoleone se ne intendeva: ha depredato mezza Europa.
Mi piace il tuo stile scorrevole e delicato.
un affettuoso saluto
annamaria
Su Napoleone e su quello che si prova visitando i musei parigini, specie noi italiani….GrRrRrR…
Sì, quegli spazi enormi, ricchi d’arte e curatissimi furono la prima cosa che mi colpì.La prima sera alloggiammo in un albergo centrale, dalla finestra si vedeva la Tour Eiffel, sembrava vicina, tanto vicina e decidemmo di andare a piedi nonostante fossimo stanchi del viaggio. Camminammo per ore! Distrutti, tornammo in albergo e dormimmo fino alla sera successiva.
Che ricordi!
Grazie Ammamaria, felice weekend
Complimenti, come sempre. Parigi potrebbe fare da sfondo a qualsiasi storia, sempre che non ne sia la protagonista. E’ stata la mia prima meta estera, tanti anni fa.
Proprio ieri, in mezzo a tante altre cose, ho ritrovato una bottiglia piccola di vino, ancora intatta, che ho conservato per anni in ricordo di quell’esperienza.
Sì, Parigi è una gran bella città anche se al primo posto metto sempre Roma. Ma la Ville lumiere ha un fascino diverso, specie se la vivi da innamorata.
Tu conservi una bottiglia, io dei sottobicchieri con le stampe tipiche degli anni ’30. Fanno pendant! 🙂
Sono d’accordo. Roma, perlomeno da quegli italiani che credono sempre di trovare all’estero le cose più belle (ho detto belle, non migliori, altrimenti avrebbero spesso ragione), è sottovalutata ma è davvero una delle città più affascinanti del mondo.
Ciao
Proprio un bel racconto!a fare da sfondo la magica Parigi!
Buona serata
Adoro Parigi. Fu la mia prima capitale europea e mi regalò una settimana di incanto.Ci sono tornata altre volte e …ripartirei domani.
Grazie Mariella. Un sorriso ai tuoi nipotini 🙂
brava, i tuoi racconti hanno una marcia in più rispetto a tanti altri, qualcosa che riporta al pensiero sofista, lo sai, io adoro le metafore e quindi tendo a vederle un po’ ovunque. E’ bello e intrigante avere un pizzico di follia ma è importantissimo sapersi fermare al momento giusto, così come lo è liberarla in sicurezza, credo sia questo il messaggio del post.
TADS
Sì, no, non lo so. Non sempre scriviamo per lanciare messaggi, anche se, gira e rigira, un messaggio più o meno velato c’è sempre nel dire di ognuno di noi. Io in realtà non so nemmeno perchè scrivo, Forse perchè scrivere è una forma di sfida. E stavolta ho raccontato di una sfida persa, di un’incapacità a superare propri limiti.
In tutti noi c’è (per fortuna) un po’ di irrazionalità e quel pizzico di follia che può dar sale alla vita. Razionalità, paure, gabbie, e paletti, però, non smettono mai di lavorare.
Riuscire a vivere in sicurezza un attimo di follia non è affatto negativo.
Grazie, Tads, serena notte.
Un racconto scritto molto bene. Da un gioco quale all’inizio doveva essere si passa al profondo insegnamente morale, nella cornice di una città stupenda.
Bravissima, cara amica mia!
A volte la vita ti consente di metterti nei panni dell’altro, anche per un solo attimo, anche per gioco, e solo allora ti rendi conto quanto certe scelte obbligate siano difficili da affrontare e sostenere.E ti rendi conto anche quanto siamo fortunati noi che quelle situazioni non le conosciamo e nemmeno le immaginiamo in tutte le loro crude sfumature.
Grazie Alessandra, felice serata 🙂
Io parto sempre, generalmente, da un’ambientazione sullo sfondo. Le città hanno molto da raccontare, dentro la loro anima cucita su secoli di storia e su costumi contemporanei. Il tuo esempio nei confronti di Parigi è un felice esempio di scenografia e dialogo.
Un sorriso per una serena giornata.
^___^
Rileggendo quanto ho scritto mi accorgo, invece, che mancano alcune cose e tra queste elementi della campagna parigina che forse avrebbero arricchito meglio l’ambientazione. Grazie per l’attento commento: son qui per apprendere da chi è di mestiere 🙂
Ah si è’ più facile pensarlo che fare..io ho chiesto L elemosina a Milano nel metro’ ma fu più semplice cantavo sorridevo e tendevo il cappello di Mario che suonava la chitarra ..doveva trovare i soldi per mangiare e tornare a casa in Sicilia ..io non nego mai un euro a chi suona per strada o a chi canta.
beh, avere accanto qualcuno che ti incoraggia mentre ti stai sfidando, cambia un po’ le cose.
Comunque non è per nulla facile uscire dalle gabbie mentali che abbiamo (o che ci hanno) costruito, nemmeno per il gioco di un momento.
E’ vero .molto.
Ero a scuola nel pomeriggio e pensavo alla mia risposta. Mi vien da aggiungere che le “gabbie mentali” a volte (però) ti salvano dall’evitare le sciocchezze che possono finir male. L’idea di gabbia in sè è soffocante, ma c’è sempre l’altro lato della medaglia da considerare..
Che bel racconto Mariro’, sei troppo brava, mi fa sempre piacere leggerti, buona serata!!Un bacione a te!!!
Dimenticavo, bello il nuovo vestito del tuo blog!!! 🙂
vestito invernale, adatto al grigiore di questi mesi, con pennellata di rosso, però, che non guasta mai 🙂
Grazie, Laura, a presto.
i miei profondi e sinceri complimenti per il tuo racconto cara…sei bravissima
Grazie, cara Maria 🙂
Un racconto carino che fa capire come un uomo possa essere anche un porco.
Buona serata Marirò
Lei di quella prima visita a Parigi ricorderà sempre i tanti momenti belli e romantici,la magnificenza della città, la voce un po’ spaventata e rassicurante del marito e lo sguardo gelido e torbido di quell’uomo. Da allora non ha mai negato a nessuna lavavetri una monetina e un sorriso
Buona serata a te, grazie Liù.
Ciao Marirò grazie per questo piccolo racconto… Pif 😉
Grazie a te, Rebecca 🙂
Bellissimo racconto, complimenti Marirò! 😉
Grazie, lieta che ti sia piaciuto 🙂