Una tra le più belle storie d’amore che la mitologia ci offre è quella di Aci e Galatea, una leggenda che Ovidio narra nel XIII libro delle Metamorfosi.
Questa storia si svolse alle pendici dell’ Etna, luogo di eccellenza per l’immaginario e la simbologia: la montagna del fuoco e delle grotte, del mare e dei fiumi, della distruzione e della rinascita. Scena dell’idillio di Aci e Galatea fu, quindi, la costa delle leggende o dei Ciclopi, quel breve tratto di mare disteso ai piedi dell’Etna che fu cantato dai versi di grandi poeti. Quì Euripide e Teocrito posero Polifemo nella sua spelonca a dibattersi tra le pene d’amore per Galatea e le ferite infertegli da Ulisse; qui Virgilio fece sbarcare Enea per salvare Achemenide ed Esiodo descrisse la foresta ove Giove appese le spoglie dei Titani; ancora qui, nel bosco di Aci che si stendeva fra Acireale e Mascali, Claudiano condusse Cerere a raccogliere i pini che le sarebbero serviti come fiaccole per cercare Proserpina nella notte. Infine, proprio qui, poche decine di metri a nord del porticciolo dell’odierna Santa Maria la Scala, era collocata la bellissima grotta marina che la fantasia popolare immaginò essere la dimora di Polifemo, o ancora meglio, il luogo degli incontri dei due sfortunati amanti: la Grotta delle Palombe.
Costa acese. Dall’interessante sito di Mimmo Rapisarda http://www.mimmorapisarda.it/levante.htm
Ma procediamo con ordine.
Galatea, bellissima Nereide dalla candida carnagione, era solita giocare sulla spiaggia e bagnarsi con le sue amiche ninfe, gioiose e festanti, nel limpido specchio di mare dell’isola Lachea.
“Trionfo di Galatea” – Raffaello Sanzio (1512)- Roma -Villa Farnesina
Un giorno apparve dalla collina il gigantesco figlio di Poseidone, Polifemo, che si innamorò di Galatea e decise che la bella ninfa doveva essere sua.
dal web
Galatea amava, ricambiata, un mite e dolce pastorello di nome Aci che soleva suonare il flauto e rifuggiva e disprezzava l’amore del gigante con un solo occhio.
“Aci e Galatea” – Furini Francesco
“Da Fauno e da Simete nacque Aci,
gioia grande del padre e della madre,
ma più grande per me, l’unica sposa.
Egli era molto bello a sedici anni,
ché una molle lanugine adornava
le sue tenere guance. Lo volevo
nel modo che il Ciclope mi voleva,
d’un amore infinito. Non so dire,
sempre che tu lo chieda, se l’amore
che sentivo per Aci superava
l’odio per il Ciclope: tale e quale!”
Ovidio (Le metamorfosi)
Polifemo, indispettito ed accecato dalla gelosia nel sorprendere una sera i due amanti abbracciati dentro una grotta a ridosso del mare, divelse la cima di un monte e la scagliò sul rivale, uccidendolo.
“Polifemo sorprende Aci e Galatea” – Auguste Ottin – Jardin du Luxembourg – Parigi
Galatea, disperata, chiese allora agli dei che il sangue del giovane si trasformasse in un fiume in cui ella avrebbe potuto immergersi per congiungersi per sempre all’amato.
Scultura di Rosario Anastasi – Villa Belvedere di Acireale – Foto di Maria Pia Lo Verso
Fu così che secondo il mito ebbe origine il fiume Aci, un breve corso d’acqua oggi non più localizzabile per via delle eruzioni laviche del tempo. E fu così che molti villaggi, attraversati in un tempo lontano dalle dolci acque del fiume, presero il prefisso di Aci, in ricordo dell’amore di Aci e di Galatea. Di tracce visibili del mito oggi resta ben poco. Anche la Grotta delle Palombe, dell’odierna Santa Maria la Scala, una bellissima grotta marina che si pensava essere il luogo degli incontri dei due sfortunati innamorati, è stata quasi del tutto distrutta dalle mareggiate. Restano, però, i bei versi di una poesia del marchese Tommaso Gargallo, traduttore di Orazio, che nel 1825 descrisse il segreto speco in cui Galatea era solita bagnarsi e dove sbocciò il suo amore eterno e fedele per Aci.
È un componimento suggestivo, dalla metrica molto musicale, che nella descrizione della famosa grotta marina evoca il frangere ed il risucchio, il mugghiare del mare al suo interno e quella candida spuma marina cui Galatea deve il suo nome.
La tacita spelonca
In arco si sostien,
E specchio a farle vien
L’onda fugace;
Quasi ‘n marmorea conca,
Centro d’ampio giardin,
Quivi ‘l flutto marin
Posa, e si tace
Entro talor vi sale
Fremente; e ne l’uscir,
Si fa tra sassi udir,
Lieve frangendo:
Spruzza con umid’ale
Zeffiro ‘l salso umor,
Tutto d’un grato odor
L’antro spargendo.
“Aci e Galatea” – Tiziana Viola Massa
Ciao Marirò, anche a Siracusa c’è una leggenda simile, ma i protagonisti sono Aretusa e Alfeo. Anche questa dolcissima leggenda tratta d’amore contrastato e fiumi. Chissà perchè? L’acqua accostata all’ amore…
Avrei voluto farne un post al temine del mio viaggio siciliano… un altro chissà!
Sono stata attirata dal bellissimo quadro di Raffaello e ho incontrato una storia bellissima, che non conoscevo (e quando mai? sono una capra in materia…): per l’anno prossimo mio figlio ci ha organizzato una vacanza in Sicilia e sempre più mi attira, con questo post hai posato un mattoncino in più a favore della scelta del mio bimbo…
Grazie davvero, un post magistrale, mi hai donato un po’ di sapere in più e mi sento anche un po’ più ricca!
Un bacio, Tatiana
Stupendo post, Marirò! Di grande completezza e corredato da splendide fotografie…come merita la nostra bella terra ♥
per le foto il merito va tutto agli artisti e al web che li mette a disposizione 🙂
Grazie, ciao.
Nell’umanità storica l’amore è stato sempre ugualmente accostato alla morte: ti amo da morire, quando siamo a questo punto, in realtà, significa: ti amo da vivere.
Pensa alla morte di Cristo e alla sua resurrezione: è il diapason dell’amore.
E poi, sotto qualunque forma…nella carne o nel fiume, chi si ama sempre si riunisce, anche oltre la morte del corpo.
l’amore accostato alla morte…niente di più nefasto! l’amore con la morte non dovrebbe c’entrare nulla e dici bene: ti Amo da Vivere e lasciar Vivere.
Impossibile non pensare che nel giorno di S. Valentino un altro pazzo, malato e perfido maschio ha massacrato Reeva, la sua fidanzata, e in modo premeditato. E ora dice :Non volevo ucciderla, ci amavamo alla follia!
No, caro campione olimpico dei miei stivali, l’Amore non c’entra nulla con la follia e con la più becera cattiveria dell’anima. L’Amore è soprattutto RISPETTO! Sempre.
Scusa, Mimma, è stato uno sfogo. Hai ragione: l’Amore riunisce sempre, quello Vero.
Grazie per il bel commento.
Ciao Marirò, che bella storia, seppur triste e tragica, ci insegna che l’amore
vero e puro anche sotto altre forme non muore mai
Ero totalmente all’ oscuro del suffisso Aci (come già ha scrritto il Nostro Popof)
Felice settimana
Sentimental
La mitologia sa affascinare anche se le sue storie non hanno quasi mai un lieto fine. Ma devo confessarti che il truce Polifemo mi fa anche un pò di simpatia. Rappresenta sì il cattivo, ma anche colui che, beffato dalla natura per la bruttezza del corpo, non riesce a farsi amare e così non gli rimane altro che lanciare rabbiosamente pietre!
🙂
Molto interessante la ricostruzione attraverso i miti, m’ero chiesto anch’io come mai il suffisso aci accompagnasse tante località, una lacuna in meno 😉
Sono 9 i paesi che hanno il prefisso Aci (Akis era il nome greco del fiume che attraversava i paesi). Antesignana fu Acicastello, per via del castello del 1076, poi Acireale (il fiume Aci pare che ancora scorra sotto il municipio della città), Acitrezza (Trezza, sta per corda, cordame delle barche del porto) e poi gli altri Aci, Acibonaccorsi, Acicatena, Aci Sant’Antonio, Aci Santa Lucia (oggi inglobato ad Acicatena), Aci Platani, Aci San Filippo. Questo suggerisce la leggenda e la fantasia popolare dice anche che le nove Aci furono dette così perchè 9 furono le parti in cui si spezzò il corpo del povero pastorello Aci, schiacciato dal masso che gli lanciò Polifemi e che ricaddero nei luoghi ove ora sorgono i paesi. Che cosa truce!
al di là delle fiabe, favolette, miti e leggende resta la bellezza di una costa che ha pochi pari nel mondo. costa dei Ciclopi e non erro…un’altra gemma di uno scrigno ricco di pietre preziose.
Catania ha tanti tipi di spiaggia: a sud la plaja con la sabbia fine e dorata, a nord ci sono i litorali coi ciottoli e al centro c’è la scogliera che parte dal porto della città ed arriva sino ad Acireale. C’è da scegliere, quindi. Io adoro la costa dei Ciclopi con gli scogli, gli anfratti, le calette e la Timpa verdeggiante. Il mare lì non è dei migliori perchè c’è un forte insediamento urbano, ma il luogo è ricco di fascino. Pensa solamente che lì nacque l’Etna! E poi ho bei ricordi delle estati trascorsi ad Acicastello, in barca e motoscafo con mio zio. Non dimenticherò mai la prima volta che dalla costa riuscii a raggiungere a nuoto i faraglioni: avevo 16 anni e mi sentii una donna di almeno 26! Che bei tempi!
Marisa,
se i Fenici, i Greci, i Romani, gli Arabi eccetera eccetera scelsero la Sicilia per stabilirsi e sviluppare arti e scienze mentre gli Unni a nord frollavano la carne putrida sotto le selle e i loro discendenti non conoscevano neppure la scrittura un motivo ci sarà. Il problema è che poi sono arrivati gli Italiani e tutto è andato in malora.
Gli amici qui si chiederanno perchè mi chiami Marisa: perchè ti ricordo la tua cara maestra delle elementari. Bello, mi fa onore 🙂
L avevo letta ma non conoscevo i versi molto belli e suggestivi….che bella terra.
grazie 🙂 mi piace molto la seconda poesia; una descrizione del mare stupefacente.
Ahhh si molto vero…
Interessante, non la conoscevo, buona serata! 🙂
Qui ho trascritto una versione breve della leggenda per stare intorno ai 500 caratteri del post; ci sono versioni della storia di Aci e Galatea molto più complete e romanzate che sono davvero piacevoli da leggere.