Sicuramente l’altro ieri avete visto in tutti i tg nazionali e non i funerali di Zhou e Joy, il commerciante cinese e la sua bimba di nove mesi uccisi circa un mese fa durante una rapina a Roma. E magari, come me,  sarete rimasti addolorati prima, sconvolti ed infastiditi poi per il tipo di servizio che è stato mandato in onda e dedicato ai “guardoni dell’orrore e del dolore altrui”.

Ho visto il primo ed unico ( ho rifiutato di vedere gli altri) servizio mentre pranzavamo, credo su Rai1 e mi cadde la forchetta sul piatto; un servizio lunghissimo che si apriva con poche generiche notizie sul tragico fatto, una stupida intervista ad un giornalaio, un frettoloso passaggio sul vicesindaco di Roma e poi lunghi, interminabili minuti  sul dolore straziante della mamma della piccola Joy e moglie di Zhou. Audio al massimo per captare ogni suo urlo, grido, imprecazione e telecamera  che la inseguiva nell’esternazione della sua immensa disperazione.

Una scena pietosa e mandata in onda in modo impietoso. Perché?

Era necessario vedere e sentire per comprendere meglio il dolore di una mamma e di una moglie che ha appena vissuto una tragedia? Quell’urlare  e rotolarsi a terra hanno dato a noi spettatori più valore al suo dolore di una esternazione più composta? Perché quella telecamera, anche in un atto di estremo rispetto della dignità di una persona, di pietà, perché non ha inquadrato qualcos’altro? La chiesa, la piazza, un albero, un autobus, un fiore bianco…Perché non hanno fatto durare il servizio due minuti in meno?

Perché questo è quello che la maggior parte della gente ama vedere! E loro, gli esperti della tv, lo sanno.

Guardoni del dolore altrui: tremenda definizione! L’aborrisco, la cancello, la rifiuto! Tutto sta in quell’-altrui-. Sì, perché, quando il dolore è nostro, è intimo, è vicino crea disagio, commiserazione, partecipazione, condivisione, pena, è il nemico, è gara, è lotta. Quando è altrui diventa distacco e godimento, curiosità al limite del morboso,  spettacolo. Non tutti, naturalmente, non tutti per fortuna amiamo essere spettatori, ma in molti sì, altrimenti non si giustifica un servizio come quello dell’altro ieri, non si giustificano i tanti accorsi all’isola del Giglio per farsi fotografare con la Concordia alle spalle. Direte che erano giornalisti. No, c’erano anche i “turisti del macabro”, gli stessi che, poco più di un anno fa, ad Avetrana sfilavano nei pressi dell’abitazione della famiglia Scazzi, e si mettevano in posa davanti al garage dove e’ stata uccisa la quindicenne Sara. Non si giustificano quelle lunghissime riprese  del tg di alcuni giorni fa sui gradini insanguinati dalla signora uccisa a pugni a Milano dal pazzo di turno (e già assolto perché pazzo!).

Siamo come i bambini che esorcizzano le paure, affrontandole? Loro, pur spaventandosi, sono capaci di vedere e rivedere mille volte la scena dell’orco perché sanno che così potranno superare l’ancestrale paura. E noi adulti? Noi, che ci definiamo coraggiosi, noi guardiamo…

Dicevo che mi cadde la forchetta sul piatto mentre seguivo la tv  e, sbalordita, dissi a mio marito che se la signora Lia, rivedendosi tra due o cinque anni in quel servizio o in uno dei tanti video del web che già ci sono, se la signora  denunciasse  gli operatori e i direttori dei vari tg per offesa e lesioni della dignità personale, avrebbe solo ragione.