Era un tempo un bravo ragazzo: simpatico, allegro, aveva tanti amici e buona voglia di lavorare. Ben presto iniziò ad affiancare il padre nel negozio di fiori, sino a sostituirlo in un normale avvicendamento di famiglia. L’attività andava bene poiché possedeva buon estro creativo e godeva della fiducia della gente, ma lui di fiducia cominciò a non averne verso nessuno, nemmeno verso la giovane moglie perché i vortici della gelosia iniziarono ad annebbiare sempre più la mente e il cuore. Non so quanto incise, nel suo crescendo di follia, il comportamento della moglie, ma so che nessuno dei gesti che poi lui fece può trovare un minimo di giustificazione e di tolleranza perché esiste qualcosa che si chiama civiltà e qualcos’altro che si chiama dignità e che da sole dovrebbero bastare, qualunque sia l’evolversi di una storia, a non massacrare di botte un altro essere umano o a non dargli sotto con l’auto per tentare di spedirla al camposanto. In tutta la sua escalation di gelosia distruttiva e pazzoide un contributo determinante lo ha dato quel bigottismo strisciante che in moltissime famiglie è duro a morire e che è superlativo nello stendere pennellate di nero e di viola su vite e fatti altrui e che fa sputare sentenze su situazioni che non ti toccano, non ti appartengono, non ti interessano, ma stai comunque lì a godere nel riempire la sputacchiera di fiele.
Era ancora un essere libero quando mi recai nel suo negozio per chiedere una collaborazione per l’addobbo del palco per la recita di fine anno della scuola. Non ero a conoscenza dei suoi tormenti di uomo e credevo sempre di trovarmi di fronte a quel ragazzo allegro ed educato che, coi pantaloncini corti, in quel tempo che fu, aiutava il sagrestano a suonare le campane della parrocchia. Mi ascoltò garbatamente ed accettò con discreta prontezza a prestare delle piante per il teatro in cambio di una semplice pubblicità e dell’acquisto di qualche bouquet da donare alle maestre. Stavo per uscire da quel negozio ricco di fiori e di verde, che solo a guardarlo dovrebbe regalare serenità, quando lui, fissandomi dritta negli occhi, disse che avrebbe accettato la collaborazione solo se avesse trattato con me e non con una mia collega con la quale aveva discusso la volta precedente. “Con quella non voglio avere rapporti, non deve manco mettere piede nel mio negozio. Lei è una persona seria e a modo, ma quell’altra non mi piace e… capisce a cosa mi riferisco…quindi torni lei a fine mese e ci mettiamo d’accordo sui particolari. Perché, vede, io non sopporto chi…”. Continuò a parlare per qualche minuto, ma non riuscii più ad ascoltarlo e lo squillo del telefono mi diede l’occasione per fuggire da quel luogo che stava diventando puzzolente. Anche i fiori più belli, sfiorendo, puzzano di marcio.
Ma che aveva detto ? Mi aveva fatto un complimento, d’accordo, ma uno di quei complimenti che non generano piacere, anzi che infastidiscono dalla cima dei capelli alla punta dei piedi perché nascono da paragoni odiosi e da cattiverie gratuite verso altre persone. Ed io quella persona la conosco da decenni e l’apprezzo anche; ha avuto qualche vicissitudine familiare, ok, ma è e rimane una cara collega con cui collaboro spesso e bene, attenta e scrupolosa nel lavoro e nei rapporti umani, preparata e molto più professionale di me. Il resto non mi interessa e non riguarda men che meno il signor fioraio!
Uscii dal negozio arrabbiata con me stessa per non aver saputo controbattere e con la sensazione che un mantello di cattiveria avesse sfiorato le mie spalle, sporcando l’aria. Pensai per un paio d’ore a quelle parole e mi chiesi perché molte persone cambiano e tanto in peggio sino a diventare delle serpi velenose. Poi telefonai in negozio e gli dissi che non era più necessario il suo intervento perché i genitori avrebbero pensato ad un addobbo diverso del teatro con carta crespa e palloncini, ringraziai per la disponibilità e misi giù la cornetta con tristezza e per sempre. L’indomani iniziai a contattare alcune mamme di buona volontà e mai il palco fu più bello, ridente e gioioso come quella volta.
Le due piante di alloro che sul marciapiedi addobbavano l’ingresso del negozio sono sfiorite; nessuno dei vicini ha pensato a dare un po’ d’acqua a quei vasi che adesso fanno da cornice ad una saracinesca chiusa da mesi, così come le sbarre della cella dove il tizio ora sta dopo l’ennesimo ricovero della moglie in ospedale.
Da un lato mi piacerebbe vedere riaperto quel negozio perché vorrei credere al pentimento, al mutamento e alla crescita di petali colorati su arbusti una volta di spine.
Da un altro lato irrompe in me la voglia di contribuire con la moglie e la mia (inconsapevole) collega a gettare a mare la chiave di quella cella per la convinzione che su certe piante le spine sono così forti e radicate da soffocare ogni altro tentativo di crescita odorosa.
Opere di Antonio Tamburro
lucetta ha detto:
Chissà!!!!!!Forse rinsavirà oppure scivolerà sempre più nella follia. Sai? Ho provato pena anche per lui oltre che per la moglie….e tanto sdegno per tutte le persone che con il loro “bigottismo” tagliano e cuciono gli abiti addosso agli altri contribuendo così ad alimentare la follia di alcuni.
Hai raccontato come sempre in modo straordinario una storia vera.
ili6 ha detto:
Bentornata!
Il fioraio è tornato in libertà. Stamane l’ho visto in chiesa ad un funerale e si è accostato alla Comunione. Non so che dire…
Grazie per il commento a te e a tutti gli altri. Ciao
popof1955 ha detto:
Ho letto il tuo post come un racconto che pian piano ha indossato le vesti di cronaca quotidiana. La gelosia non è una malattia, è un rifugio in cui nascondersi. Viene invocata come fosse un’attenuante di fronte ad un delitto, ma non è essa stessa un delitto, pertanto la legge non l’assolve (e neanche condanna), ma i comportamenti in cui induce quando sono lesivi della persona, sono puniti. In ogni caso in quanto ossessione umana, è meglio prevenire che curare. Andare da uno psicologo? Certo, ma se proprio non si vogliono spender soldi, basta entrare in un confessionale.
ili6 ha detto:
un rifugio in cui nascondersi…strana affermazione, magari anche un pò poetica, ma il guaio è che i gelosi ossessivi in quel rifugio trascinano altre persone e se ne fanno scudo.
zebachetti ha detto:
Ciao cara Maria rosaria ti rileggo con molto piacere anche se questo post evidenzia un ‘ aspetto triste, purtroppo diffuso nella vita quotidiana. ti abbraccio porgendo i miei auguri alla signora sperando che le ferite dell’ anima possano rimaginarsi presto. ciao nazzareno
ili6 ha detto:
mi unisco agli auguri per la signora offesa e brutalmente maltrattata. Spero ritrovi fiducia negli esseri umani. Ciao
Harielle ha detto:
Che immensa tristezza leggere questo post, conoscere questa storia. Viene da pensare a una vita sprecata, buttata, rovinata per non aver saputo elevare ed educare il proprio spirito. Speriamo che la moglie riesca a rifarsi una vita e che la giustizia, almeno per una volta, faccia il suo corso, che la prigione educhi, che quell’uomo ridotto ad animale ritrovi la condizione della com-passione, e non della passione bestiale.
Un grande abbraccio e grazie per questa storia che ci hai regalato.
ili6 ha detto:
Sicuramente periodi di vita sprecati .
Mah…sono giovani, chissà, magari riusciranno ad uscirne fuori. Ognuno per proprio conto, però, perchè le prospettive di una vita futura insieme sono state, credo, completamente azzerate.
gabriarte ha detto:
Mi sembra che il delitto d’onore sia stato eliminato solo nel 1981 Gli uomini erano praticamente assolti da un’omicidio per aver punito con la morte il tradimento della loro consorte.Per secoli gli uomini sono stati protetti sulle loro violenze. Le donne venivano considerate provocatrici e molte volte subivano perchè sapevano di non avere aiuto da nessuno Penso che molti uomini siano ancora legati a vecchie mentalità . l’ignoranza , la povertà non li ha aiutati ma li ha spinti a sfogare le loro insicurezze verso le uniche persone disposte ad ascoltarli.ciao buona serata
ili6 ha detto:
Concordo, Gabriella, anche se starei attenta verso l’ignoranza e la povertà che sì possono essere volàno ma anche ceti colti e ricchi possono essere investiti in pieno da quella gelosia patologica ed ossessiva che ancora non ci decidiamo a chiamarla malattia.
gabriarte ha detto:
scusa ma intendevo una povertà spicologica non economica. Non considero la gelosia una malattia ma una esagerata forma di possesso.e di egoismo
lisboantigua ha detto:
Hai fatto benissimo a pubblicare questa storia perché su questo argomento noi donne non dobbiamo mai abbassare la guardia; di casi come questi che si spengono spesso in tragedie ce ne sono ancora troppi (ti capita qualche volta di vedere “Amore criminale”?) quindi, ripeto, hai fatto bene…sperando che questo nostro parlarne infonda, alle donne che la VIOLENZA LA SUBISCONO, il coraggio necessario ….di PARLARE, soprattutto DENUNCIARE. Solo loro possono essere la salvezza di se stesse…solo se trovano quel coraggio di non subire in silenzio
Certo questi uomini spesso sono malati, sicuramente hanno delle turbe psichiche; a volte c’è un retroterra culturale che li può giustificare, ma, al contrario di ciò che sempre affermano, certamente non amano…
Mi ha colpito questa frase di La Rochefaucauld “nella gelosia c’è più amor prorio che amore” : ecco amano soprattutto se stessi
ili6 ha detto:
@Sergio
@Grazia
Non so se nella gelosia c’è più amor proprio che amore verso l’altro o narcisismo a due come indica Sergio. Penso che molto dipenda da insicurezza personale. Non a caso si diventa gelosi di brutto dopo un insuccesso lavorativo, un lutto, una grossa insoddisfazione. Ma, come già detto, la mente umana ha sfaccettature a dir poco particolari.
Io non sono una persona gelosa, magari lo diventerei se mi trovassi davanti a certe situazioni, ma proprio dovrei sbatterci il muso contro perchè non sto a cercarle e forse in quel caso diventerei gelosa, una gelosia che scaturirebbe dall’orgoglio (altra brutta bestia) più che dall’insicurezza. Mi scontro invece a volte con la gelosia di mio marito, fortunatamente non patologica, ma sicuramente fastidiosa ed irritante perchè immotivata e che va a toccare una corda che non sopporto in linea generale e in ogni campo: la mancanza di fiducia verso me.
Sono molte le donne che si lasciano schiacciare per anni dalla paura, dall’occhio sociale, dall’insicurezza economica e lavorativa, dall’essere madri e subiscono in silenzio soprusi ed atrocità. Poi magari ce li ritroviamo sui giornali…l’ultima mi pare sia di ieri in Abruzzo…movente la gelosia, appunto. Lui si è suicidato, dopo. Avrebbe dovuto farlo prima! Molto prima! Almeno quel bimbo che avevano sarebbe rimasto con una mamma che pian piano avrebbe ritrovato il sorriso.
lisboantigua ha detto:
parole sante!!!!
Antonietta ha detto:
Storie difficili da capire, a volte affondano le radici nell’infanzia, ansia, angoscia paura dell’abbandono….Ciao
ili6 ha detto:
Storie difficili, sì. Vite difficili e molto pesanti.
Ciao
luciabaciocchi ha detto:
Maria Rosria mi hai sorpreso, la lettura del tuo post, mi ha lasciata male, ma è la rinconferma che nella quotidianità si vivono situazioni impensabili e allucinanti. Spesso la VERGOGNA, non so se questo è il termine giusto, fa si che tutto questo continui per anni senza nessuna denuncia, il tuo ruolo d’insegnante sicuramente ti fa scorgere le inquitudini dei bambini che vivono queste situazioni pesanti. Ti ringrazio per avere affrontato questo argomento, un saluto caro.
ili6 ha detto:
Ciao Lucia, certe situazioni lasciano male, di stucco. Non so se raccontarle è un bene perchè intristiscono, ma forse fanno riflettere un attimo. Si, ci sono dei bambini molto piccoli nella storia, non alunni miei e non oso immaginare le loro inquietudini.
Un saluto anche a te, a presto, ciao.
parolesenzasuono ha detto:
Ciao Maria Rosaria, bè, che dire?
Hai già scrittto tutto tu: la mente è particolare nel crearsi delle realtà che possano anche auto-giustificarla…
Mi fai venire alla mente una consideraizone che ho letto tanto tempo fa:”non esistono persone cattive, esistono solo persone sole”
e aggiungerei… persone che non vogliono farsi aiutare a superare certi loro blocchi
ciao,
S
ili6 ha detto:
Ciao Sergio, piacere di rileggerti ogni tanto da me 🙂
Concordo con la tua seconda affermazione: non vogliono farsi aiutare perchè non riconoscono di avere un serio problema.
Persone sole ad un certo punto della vita si decide di diventarlo.Perchè certi comportamenti non portano ad altro.
C’è una frase che mi capita di leggere spesso:
“Come geloso, io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero di esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l’altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri.” Roland Barthes, Frammenti di un discorso amoroso.
Essendo moglie di un marito geloso, riconosco questo pensiero anche se dimezzo la sofferenza del carnefice e l’altra metà la dedico alla vittima, specie se innocente. E l’assurdo ce lo regala Emile Cioran quando afferma che:
“Nella ricerca del tormento, nell’accanimento alla sofferenza, solo il geloso può competere con il martire. Eppure, si canonizza l’uno e si ridicolizza l’altro”.
Ciao
parolesenzasuono ha detto:
mi spiace per te leggere che tuo marito è un geloso—
non provando io gelosia nei confronti di mia moglie nè lei nei miei riguardi parlo da estraneo alla cosa e quindi posso intendere sino ad un certo punto—
personalmente ho sempre visto la gelosia come una forma di mancanza di fiducia, solo quello—
ovviamente vi sono graduazioni molto differenti della gelosia, il problema è quando diventa patologica e l’altro viene considerato un “oggetto di proprietà privata”—
particolare la mente umana—
bè, cito Aldo Carotenuto:
l’altro è il feticcio della nostra immaginazione,
la proiezione delle nostre pulsioni inconsce,
la parte necessaria ad un “narcisismo a due”
alla prossima,
Sergio
Sonja A. ha detto:
Ma ciao cara, rieccomi finalmente nella tua casina. volevo lasciarti un saluto gioioso, ma dopo aver letto questo tuo toccante e coinvolgente post, la gioia ha lasciato spazio ad una grande amarezza. Avendo vissuto anch’io un’esperienza simile da moglie vittima di violenze verbali e fisiche, non potrei mai giustificare nè dare una seconda chance a una persona simile, perchè non esiste punizione grande ed efficace che la possa redimere e far cambiare. Chi nasce tondo non può morire quadrato, e se un uomo coltiva dentro di se un mostro spinoso e arido, continuerà a portare disprezzo e rancore verso chi è più debole, nutrendosi delle insinuazioni della gente per far fiorire il germe dell’odio. Io personalmente mi assocerei all’intenzione di gettare a mare la chiave, e fossi stata in Te penso che anch’io non avrei avuto li ‘la’ per controbattere alle cattiverie gratuite, sarei stata anch’io presa a levarmi di dosso l’appicicaticcio bavoso di un complimento irritante quanto una secchiata di acido muriatico. L’unico modo per rivedere quell’alloro rigoglioso come un tempo, è solo che il negozio venga affidato a un altro gestore. Non so credere ai cambiamenti, nè ci spero. E’ brutto a dirsi, ma è la cruda realtà.
Spero solo che quella donna sfortunata ora stia bene e che possa riacquistare fiducia e speranza nel prossimo. Che non sia lui, un uomo da niente.
Ti abbraccio forte forte con Bab finalmente a casa!
ili6 ha detto:
Sonjaaaa, felicissima di rileggerti anche qui e con le belle novità che sappiamo!! 🙂
Ho pensato due giorni a questo post, dopo averlo scritto, se pubblicarlo o meno: troppo triste, troppo forte, troppo poco adeguato a questo mese di agosto che sa di sole e di spensieratezza. Ma certe vite non conoscono estati.Passare davanti a quel negozio chiuso e vedere quegli allori sfioriti …ecco come possono spegnersi alcune esistenze ancora giovani e in forze…che peccato!
lucianaele ha detto:
Veramente deplorevole.
Vacanze terminate……..sigh.
Una buonissima giornata,
Luciana
bis(bet)ica ha detto:
me ne stavo qui tranquilla a curiosare il catalogo on line di Ikea e mi arriva la notifica del tuo post: un pugno allo stomaco.
me lo chiedo spesso da dove vengano questi comportamenti e non so trovarvi ragione… il bigottismo certo, il maschilismo culturale, a volte l’ignoranza gretta, ma basta tutto questo? è sufficiente a creare terreno fertile? ahimè, come è triste e piccolo e miserabile l’uomo (uomo come uomanità non come macìschio :-)).
allora forse c’è una forma di “malattia mentale” che non viene riconosciuta oppure vien sottovalutata, riportata alla normalità, ad una piccola esasperazione di concetti, a caratteri “forti”.
mai! non dovremmo giustificare mai alcun gesto che sottragga dignità all’altro, mai alcun giudizio “moralistico”, mai la chiusura mentale della categoricità.
resta la pena per una realtà diffusa più di quanto non siamo disposti ad ammetere.
un sorriso per te, mia cara 🙂
ili6 ha detto:
Ciao Betta 🙂
già, un pugno allo stomaco…come il tuo ultimo post di luglio che non lascia scampo alle illusioni. Ma dicevamo che era provocatorio (almeno questa è la speranza..).
Triste e penosa storia quella del fioraio, diffusa come la cattiveria, ma spesso ben nascosta. Una “malattia mentale” che mi impaurisce come il cancro.
Ti abbraccio, ciao 🙂